Dopo la chiusura di qualche mese fa, come annunciato, FICO riaprirà con un nuovo nome: Grand Tour Italia. L’inaugurazione è fissata per il 5 settembre prossimo e oggi è stato presentato alla stampa il rilancio di quella che – per ammissione del suo stesso ideatore, Oscar Farinetti – è stata «una cazzata». Il clima stavolta è più sommesso, «ottimismo non è più la parola chiave, vogliamo invece che sia ‘fiducia’», afferma il patron di Eataly. E a fidarsi di lui sono ancora in molti, a quanto pare, nonostante le cose non siano andate proprio come previsto. Sicuramente si fidano gli imprenditori e i partner che hanno scelto di ritornare nella grande struttura del CAAB (quindi per l’80% di proprietà pubblica) ai margini della città e il Sindaco di Bologna, Matteo Lepore, secondo il quale, in questi casi, «bisogna esserci sempre, nei momenti di successo, come quando bisogna tagliare dei nastri, come nei momenti più difficili» perché «in gioco c’è tanto, non c’è il successo di una persona o un prodotto, ma il successo di un territorio, del lavoro, delle aziende».
Certo, «FICO non sparirà», afferma Farinetti, «il suo nome continuerà ad apparire perché non ce ne vergoniamo». Ed è interessante attraversare l’area in questo momento di transizione in cui è ancora evidente lo stato di semi-abbandono degli ultimi mesi, con le centinaia di biciclette impolverate che dovevano servire ad attraversare quei 50mila metri quadri di tipicità italiane e i segnali stradali che talvolta portano a FICO talvolta a Grand Tour Italia.
La prima sensazione, diciamolo subito, è quella di un déjà vu nel quale ciò che cambia sono le parole e l’allestimento. E cambiano le promesse.
«Chi vuole sputtanarmi – racconta sorridendo Farinetti – ora mostra il video del 2017 in cui dicevo che sarebbero venuti sei milioni di visitatori, anche se quell’anno ne ho fatti tre. Stavolta puntiamo ad avere 1 milione di visitatori, di cui 500mila stranieri l’anno prossimo.
FICO – spiega – era una descrizione orizzontale della biodiversità italiana (agricoltura, trasformazione, cucina), Grand Tour Italia è una narrazione verticale, per regioni. Qui ci saranno le osterie migliori d’Italia dei vari territori, tranne uno zoccolo duro di 4/5. Le altre si alterneranno ogni due mesi. Come simbolo abbiamo scelto i portici, che rappresentano l’Italia e Bologna. I portici proteggono dalle avversità, offrono convivialità e portano quasi sempre cibo».
Ma facciamo un passo indietro.
FICO nacque nel 2017 sulla scia dell’entusiasmo del progetto della city of food. A proporlo a Farinetti fu Andrea Segrè (all’epoca Presidente del Centro Agroalimentare di Bologna CAAB) su mandato del Comune di Bologna, ovvero dell’allora Sindaco Virginio Merola. Il Comune, tenne a precisare Merola, non ci avrebbe rimesso nulla, seppur cedendo i diritti d’uso dell’area.
Le cose iniziarono ad andare da subito male: conti in rosso, gente che non ci andava, esercenti che scappavano, una navetta costosissima sempre vuota, ecc. E a niente sono serviti negli anni il nuovo amministratore delegato, l’introduzione di un biglietto di ingresso, i cambi di strategia, la marea di eventi senz’anima, le visite programmate dai tour operator, il progetto di metterci lì vicino il capolinea della futura linea rossa del tram, ecc. “Tra le cose che non mi sono venute propriamente bene diciamo che Fico è una di queste”, ammise Farinetti a Radio 24 a settembre scorso, annunciandone la chiusura alla fine del 2023 e l’arrivo del nuovo Grand Tour Italia.
FICO non ha rappresentato solo un danno per Farinetti. Se è vero, infatti, che il Comune di Bologna non ci abbia versato un euro, la città ci ha comunque rimesso qualcosa: perché attorno a FICO sono nate infrastrutture e progetti pubblici (come il capolinea del tram della futura linea rossa) e attorno al suo modello di cibo come motore dell’economia e del turismo si è sviluppata la foodification che ha investito soprattutto il centro storico con gli ormai noti effetti sulla qualità della vita e sul mercato abitativo.
«Non conosco nessun imprenditore che non abbia sbagliato nella sua vita e qui – ammette Farinetti – sono stati fatti degli errori, tutti i miei. Anzi, come diceva Leonardo Da Vinci, non un errore, ma un incompiuto. Noi non abbiamo mai ricevuto un contributo pubblico, io non mi sono mai preso lo stipendio – insiste -, ma è stato messo un immobile pubblico e tanti privati hanno messo quattrini, quindi con Grand Tour Italia cerchiamo di non far perdere valore a queste co
L’obiettivo di Grand Tour Italia, si legge, è il medesimo di FICO: narrare la biodiversità italiana. Ognuna delle 20 regioni avrà un suo spazio dedicato che comprenderà un’area paesaggistica e di promozione turistica, un’osteria tipica con gestione e menù che variano periodicamente (circa ogni due mesi), un mercato con prodotti tipici regionali e un’area didattica. Per quest’ultima 3 partner ne hanno curato la narrazione: la Scuola Holden di Torino sulla storia e cultura, Coldiretti sull’agricoltura e Slow Food sulla biodiversità enogastronomica. All’interno dell’area si svolgeranno corsi di cultura enogastronomica, lezioni di cucina ed educazione agroalimentare, a cui si aggiunge un programma di eventi culturali, enogastronomici e folkloristici. L’ingresso al Parco e il parcheggio saranno gratuiti, come anche molti corsi dedicati ai bambini/ragazzi, ai pensionati e diverse attività di intrattenimento. Ci sarà, inoltre, uno spazio espositivo dedicato all’arte e alla fotografia contemporanea di EARTH Foundation, la libreria “I Capolavori”, realizzata in collaborazione con la Scuola Holden, dove sarà possibile trovare “i 1200 libri più importanti della storia” e, “in perfetta sintonia con lo spirito della Motor Valley”, il Grand Tour Karting un circuito indoor di kart elettrici, oltre al Luna Farm, il parco divertimenti dedicato a bambini e famiglie.
«Stavolta i turisti li vogliamo portare – continua Farinetti -, tanti, perché lì abbiamo sbagliato, e per questo daremo qualcosa alle agenzie (soldi, ndr), affinché ce li portino qui. All’ingresso, ad accogliere i visitatori, ci saranno le rosette originali ripieni di mortadella a prezzi accessibili, magari a 5 euro, con un bel bicchiere di lambrusco e faremo un grande sforzo in generale per offrire prezzi buoni».
«Qui non raccontiamo Bologna, ma vogliamo raccontare l’Italia – afferma il Sindaco di Bologna, Matteo Lepore. Stavolta il modello è diverso. È vero che c’è un rapporto di fiducia nuovo da creare, ma voglio rimarcare che in gioco c’è qualcosa di importante. E noi dobbiamo essere un paese che supporta chi decide di rischiare per portare avanti il lavoro, perché ricordiamoci sempre che qui ci sono persone che ci lavorano. Come sindaco sosterrò quest’iniziativa e spero che abbia successo.»
Questo articolo è stato pubblicato su Zero il 21 maggio 2024