Martedì 12 dicembre alle ore 18, a Bologna presso la sala Tassinari di Palazzo d’Accursio, si svolgerà l’incontro promosso dal Manifesto in rete “Carovita, un Paese più povero”. In quell’occasione discuteremo dei problemi a monte e a valle della povertà in Italia, ovvero delle cause che incidono sulle condizioni di reddito e di vita concreta delle persone, che non sono numeri. Alla discussione parteciperanno economisti dell’università, sindacalisti, esponenti di cooperative e di organizzazioni di volontariato sociali, per tentare di comprendere le cause di fondo di questa crescente situazione di difficoltà e disagio sociale. L’incontro sarà trasmesso in diretta Facebook (Link all’evento QUI). Potete trovare la locandina con i dettagli dell’incontro QUI. Di seguito, un articolo del nostro Sergio Caserta sul tema in questione, pubblicato anche su Il Fatto Quotidiano.
Avete notato che nei programmi televisivi, anche nei telegiornali, non si parla quasi più di poveri e povertà? Non è il caso perché l’intonazione generale è che l’Italia va a gonfie vele, quindi questi argomenti stonano, ma non è così.
La povertà è in crescita riferisce l’Istat relativamente al 2022: cinque milioni seicentomila persone e due milioni centottantamila famiglie in Italia, un decimo circa della popolazione. Una delle maggiori cause è stata l’inflazione che ha raggiunto l’8,7 colpendo pesantemente le famiglie meno abbienti, con consumi correnti in calo reale, cioè oltre il dato inflattivo.
La povertà in aumento in tutto il Paese, registra un aggravamento maggiore al sud dove pur risiedendovi un terzo della popolazione, si contano oltre due milioni cinquecentomila persone in stato di povertà assoluta, mentre nel resto del paese che rappresenta due terzi della popolazione, sono due milioni duecentomila.
Il Covid, prima, aveva inferto colpi pesanti all’economia in tutto il mondo ma in Europa ed in Italia in particolare, poi quando cominciava una promettente ripresa, la guerra in Ucraina ha causato un altro pesante contraccolpo all’economia, soprattutto ai costi energetici che hanno contribuito all’aumento generalizzato dei prezzi di beni e servizi e quindi all’inflazione.
Ora nel 2023 da due trimestri l’inflazione sembra calare, ma ciò non sta determinando una ripresa solida della produzione industriale, che manifesta in tutt’Europa tendenze nettamente recessive.
L’Italia tra i paesi europei, nonostante sia uno dei più industrializzati, costituisce un anello debole in quanto ai redditi da lavoro e all’estesa povertà determinata in gran parte dal fenomeno del precariato e del lavoro povero oltre che alle conseguenze del fenomeno migratorio mal gestito.
Il primo effetto del diventare poveri è il rischio di esclusione sociale che tocca il 24% della popolazione italiana, tre punti in più della media europea, ma soprattutto al Sud dove raggiunge il 40% . Il rischio comporta entrare in una zona grigia: significa non poter più svolgere una normale vita di relazioni, non poter esercitare diritti essenziali come curarsi, istruire i propri figli e se stessi, non riuscire a pagare il mutuo della casa o le bollette, per non parlare di consumi culturali come il cinema, il teatro o voluttuari come mangiare a ristorante o viaggiare.
Tra i soggetti che intervengono concretamente per combattere la povertà aiutando singoli e famiglie, cittadini italiani e stranieri, giovani e anziani, senza guardare alle differenze c’è la Caritas, braccio operativo della chiesa cattolica.
L’osservatorio delle povertà e risorse della Caritas Emilia Romagna ha prodotto un report sull’andamento della propria attività per il 2022 che evidenzia anche in quella che è una delle regioni più ricche d’Italia, un aumento del 20% delle persone e delle famiglie che si rivolgono ai propri sportelli, 27.949 in totale le persone che hanno chiesto aiuto, nel 2021 erano state 23.333,
Di queste il 54% sono donne e il 46% uomini. Gli incrementi maggiori sono dei profughi Ucraini (+410%) mentre aumentano sia le donne sole che gli uomini soli, evidenziando che tra i problemi maggiori connessi alla povertà la solitudine è un fattore di aggravamento in costante aumento; cresce considerevolmente (+ 22,3%) la condizione di povertà assoluta delle famiglie con tre o più figli, mentre si strombazza che si vuole favorire l’incremento delle nascite.
La maggior parte delle persone che si rivolgono ai centri ascolto della Caritas sono comprese tra i 25 e i 64 anni (83%), quindi in età da lavoro, a riprova che molte persone pur lavorando non ce la fanno più a gestire la propria economia domestica e ancor di più se hanno una famiglia da mantenere.
Il 41% di nuove presenze agli sportelli segnala l’incremento, all’interno del quale oltre agli Ucraini cresce molto la presenza di italiani, 2600 si sono rivolti per la prima volta alla Caritas con situazioni molto complesse, che riguardano il lavoro e soprattutto l’emergenza abitativa
Un altro campanello d’allarme è rappresentato da una quota di circa il 25% di persone che sono seguiti da 5-10 anni e perfino da più di 10 anni, a riprova dell’esistenza di uno “zoccolo duro” che ha bisogno costantemente di aiuto e che non riesce ad uscire da questa condizione di perdurante difficoltà.
Riguardo allo stato civile, il 49% è coniugato, mentre il rimanente è celibe/nubile (28%), separato/divorziato (17%), vedovo/a (5%), altro (1%). Il 60% vive in famiglia il rimanente vive da solo (29%), con conoscenti (9%) altro (2%). Il 77% ha figli ma molti anche con figli vivono soli/sole, un forte segnale di disagio.
Riguardo al lavoro il 45% è disoccupato, il 29% è casalinga, pensionato, inabile o studente, il 26% è occupato, con tutti i possibili tipi di contratto (tempo indeterminato, determinato, autonomo, a chiamata, stagionale, part-time involontario, lavoro nero e lavoro grigio). Dati da cui si evince che lavoro non è più sempre sinonimo di autonomia e realizzazione, molti lavorano a chiamata, ovvero di tanto in tanto e a contratto stagionale. Il 45% per cento di disoccupati chiede un aiuto maggiore per molte e diverse esigenze. Ciò dimostra quanto sarebbe necessaria la definizione di un salario minimo legale che in Italia non esiste!
Occorre dire che questi dati sul lavoro registrano un significativo miglioramento nel 2023, con un aumento dell’occupazione, per quanto ancora precaria, pur in presenza di bassa crescita.
Di cosa hanno bisogno coloro che richiedono aiuto? In primo luogo in riferimento a problemi economici, c’è bisogno di lavoro, sono in forte aumento i bisogni di tipo abitativo ( + 40% rispetto al 2021), mancanza di casa, sfratto per morosità, mancanza di residenza anagrafica, problemi conseguenti i processi migratori, le dinamiche familiari, le maggiori vulnerabilità conseguenti lo condizione di solitudine sono lo stato di salute ( depressione, malattie cardiovascolari, tumori, malattie mentali, patologie post traumatiche, l’istruzione ( l’apprendimento della lingua italiana), la povertà digitale, ovvero le difficoltà di accesso al welfare.
Come è intervenuta la Caritas Emilia Romagna rispetto a questi bisogni:
Alle famiglie ha distribuito 300.000 borse viveri, 15.500 vestiti, 4.500 pagamenti di utenze, 1.000 interventi di sostegno all’affitto.
Ai soli e senza dimora, ha distribuito 200 mila pasti caldi a 4.500 persone, 65.000 accoglienze notturne a 1.000 persone.
Non è poco, ma è del tutto evidente che manca ancora un ruolo dello Stato che sappia intervenire direttamente o a sostegno di enti come la Caritas e di tutti gli altri che a livello nazionale e locale, suppliscono molte volte solo con tanto impegno di volontari e donatori, a trovare le risorse per fornire l’aiuto richiesto. La riflessione riguarda i meccanismi della nostra economia che non rispondono più ai bisogni di una quota crescente di popolazione che vive al di sotto dei livelli di dignità.