Il collasso climatico dipende (anche) dalla disuguaglianza

di Luisiana Gaita /
20 Novembre 2023 /

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Una quota di appena l’1% della popolazione mondiale, quella più ricca, è stata responsabile nel 2019 del 16% delle emissioni globali di anidride carbonica derivanti dai consumi. Quei 77 milioni di persone hanno inquinato quanto i due terzi più poveri di tutta l’umanità, 5 miliardi di persone. Basteranno solamente le loro emissioni e gli effetti del conseguente riscaldamento globale a causare 1,3 milioni di vittime, la maggior parte entro il 2030. Ancora più danni potrà fare il 10% più ricco della popolazione mondiale, responsabile invece della metà delle emissioni globali. Sono alcuni dei dati contenuti in un nuovo rapporto lanciato da Oxfam a pochi giorni dall’inizio della Conferenza delle Parti sul clima, la Cop 28, che si svolgerà a Dubai con l’obiettivo di contenere l’aumento della temperatura media globale entro 1,5 gradi rispetto al periodo preindustriale (o almeno avvicinarsi più possibile a questo target).

Un dossier, pubblicato in anteprima su ilfattoquotidiano.it, con il quale Oxfam rilancia anche la raccolta firme La Grande Ricchezza, sostenuta dal Fatto Quotidiano e Radio Popolare e a supporto della campagna europea Tax the rich, che chiede alla Commissione di istituire un’imposta europea sui grandi patrimoni. Tra le proposte avanzate da Oxfam, incardinate sulla necessità di dare una risposta simultanea alla crisi climatica e all’acuirsi dei divari economici e sociali c’è, nello specifico, l’introduzione di un’imposta progressiva sui grandi patrimoni, a carico di chi occupa posizioni apicali nelle nostre società – come lo 0,1% dei cittadini più ricchi – e produce molte più emissioni rispetto ai più poveri. Perché il primo passo è combattere le disuguaglianze. A iniziare dall’Italia. Anche nella Penisola i dati sono emblematici: nel 2019, il 10% più ricco della popolazione ha emesso il 36% in più rispetto a metà Paese, il 50% più povero.

Quel legame tra crollo climatico e disuguaglianza – Il report fotografa l’impatto dei modelli di consumo e degli stili di vita dei super-ricchi sui livelli di emissioni inquinanti, mettendoli a confronto con quelli del resto del pianeta. “I super-ricchi stanno saccheggiando e inquinando il pianeta e, di questo passo, finiranno per distruggerlo, lasciando l’umanità a fare i conti con ondate estreme di calore, inondazioni e siccità sempre più frequenti e devastanti” spiega Francesco Petrelli, portavoce di Oxfam Italia. Di fatto, il rapporto non si limita a fornire quantificazioni sull’iniqua distribuzione delle emissioni tra diversi gruppi di reddito, ma riflette anche sugli impatti differenziati del cambiamento climatico per le diverse fasce della popolazione del pianeta. Fotografando inoltre come le sfide del cambiamento climatico e delle crescenti disuguaglianze economiche siano profondamente interconnesse. Commentando i risultati del rapporto l’attivista climatica svedese Greta Thunberg ha ricordato un concetto più volte ribadito alle Cop degli ultimi anni dagli uomini più potenti del mondo. Un concetto che, però, si dimentica troppo in fretta non appena termina il vertice di turno. “Il collasso climatico e la disuguaglianza sono collegati tra loro e si alimentano a vicenda. Se dobbiamo superarne uno, dobbiamo superarli entrambi”. Ancora di più perché i più ricchi possono isolarsi dai danni che causano: “Possono scappare nelle loro case climatizzate. Possono proteggersi da danni alla loro proprietà. Mentre quelli in prima linea, che soffrono a causa degli eccessi dei più ricchi, non hanno nessun posto dove nascondersi dalla siccità, dalle inondazioni e dal calore incessante”. Nei paesi con maggiori disuguaglianze, l’impatto è molto maggiore. Oxfam ha analizzato gli impatti di 573 gravi inondazioni in 67 Paesi a reddito medio e alto: “Il bilancio delle vittime è sette volte più alto nei paesi con maggiori disuguaglianze”.

Il divario nell’impronta di carbonio – Il rapporto, realizzato in collaborazione con lo Stockholm Environment Institute, offre un’analisi dei livelli di emissioni per diversi gruppi di reddito nel 2019 – anno per cui sono disponibili i dati più recenti – mostrando il netto divario tra l’impronta di carbonio dei percettori di redditi più elevati e quella del resto della popolazione globale in base agli stili di vita, ai modelli di consumo e agli investimenti in industrie inquinanti. La quota del 16% di emissioni di Co2, derivante dai consumi di appena l’1% della popolazione mondiale, è persino superiore a quella prodotta da tutte le automobili in circolazione e degli altri mezzi di trasporto su strada. Significa che l’1% più ricco per reddito inquina in media in un anno quanto inquinerebbe in 1.500 anni una persona appartenente al restante 99% dell’umanità.

D’altronde, nel 2022, Oxfam ha condotto un’analisi su 125 miliardari e ha scoperto che, in media, emettevano 3 milioni di tonnellate di Co2 equivalenti all’anno attraverso i loro investimenti, oltre un milione di volte di più, in media, rispetto a chi appartiene al 90% più povero dell’umanità. Il risultato è che, ogni anno, le emissioni di questi super-ricchi annullano di fatto gli sforzi verso la decarbonizzazione. Certamente vanificano la riduzione di emissioni di anidride carbonica che si ottiene dall’impiego di quasi un milione di turbine eoliche. Si avvicina la Cop 28 di Dubai, con il suo obiettivo di contenere l’aumento delle temperature entro 1,5°C, stabilito con l’Accordo di Parigi sul clima. Di questo passo, però, nel 2030 le emissioni di carbonio dell’1% più ricco saranno 22 volte superiori al livello compatibile con questo obiettivo.

Una tassa sui redditi dei super-ricchi – Per questo Oxfam – con Il Fatto come media partner – sostiene la proposta di un’imposta europea sui grandi patrimoni. “Sarebbe decisiva – spiega la ong – per avere le risorse necessarie per ridurre le disuguaglianze, frenare il cambiamento climatico e finanziare una transizione ecologica giusta, anche in Italia”. Secondo le stime contenute nel rapporto, una tassa del 60% sui redditi dell’1% dei super-ricchi a livello globale ridurrebbe più carbonio di quanto emesso nel Regno Unito e consentirebbe di raccoglierebbe 6,4 trilioni di dollari per finanziare l’energia rinnovabile e la transizione lontano dai combustibili fossili. “Senza pretesa di rappresentare una panacea – conclude Mikhail Maslennikov, policy advisor su giustizia fiscale di Oxfam Italia – un’imposta progressiva sui grandi patrimoni può generare risorse considerevoli per la decarbonizzazione dell’economia e per affrontare al contempo i crescenti bisogni sociali – salute, istruzione, contrasto all’esclusione sociale – che stentano a trovare oggi una risposta adeguata. Un tributo in grado di garantire maggiore equità del prelievo fiscale e una prospettiva di futuro dignitoso per chi ne è oggi privato”.

Questo articolo è stato pubblicato su il Fatto Quotidiano il 20 novembre 2023

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