L’ora X di Gkn

di Salvatore Cannavò e Dario Salvetti /
7 Novembre 2023 /

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La fabbrica e la lotta che da oltre due anni denuncia l’intreccio tra questione sociale e climatica, si trova a dover lottare per salvare i propri posti di lavoro e correre a contare i danni dell’alluvione sul proprio territorio.

Poche ore dopo aver chiuso questa intervista, violente precipitazioni hanno fatto esondare il Bisenzio e causato danni in tutta la zona di Campi – dove è situata la Gkn – e della piana pratese e fiorentina nord, dove risiedono grossa parte delle lavoratrici e dei lavoratori ex Gkn ma anche dei solidali. Mentre scriviamo questa integrazione alla successiva intervista, bisognerà capire se e come verranno mantenute le attività previste per la tre giorni 3-5 novembre «Un mondo in convergenza». Vi chiediamo di rimanere in contatto con i social del Collettivo di Fabbrica Gkn su facebook e Instagram, per essere aggiornati. Rimane un fatto: la fabbrica e la lotta sociale che con più determinazione da oltre due anni denuncia l’inseparabilità della questione sociale e climatica e l’impossibilità di difendere il lavoro in un mondo che cola a picco, si trova oggi a dover contemporaneamente lottare per salvarsi e correre a contare i danni sul proprio territorio dell’ennesimo evento climatico avverso. Un fatto che non è solo una coincidenza, tanto più che la ex Gkn – come leggerete nell’intervista – porta avanti probabilmente l’ultimo capitolo della sua lotta per non diventare oggetto immobiliare e diventare invece fabbrica socialmente integrata al servizio della transizione ecologica.

Il 5 novembre doveva essere «semplicemente» un’assemblea internazionale di supporto alla vertenza della Gkn, la fabbrica completamente abbandonata dalla proprietà ormai da oltre due anni e che è stata al centro di una mobilitazione massiccia. Le evoluzioni della vicenda, prima con la messa in liquidazione dell’impresa, poi con l’apertura delle procedure di licenziamento e infine con le novità sulla struttura societaria di Gkn che fanno temere una rapida evoluzione verso un progetto puramente immobiliare, hanno indotto il Collettivo di fabbrica e la cooperativa Insorgiamo a lanciare l’appuntamento verso «l’ora X». Domenica 5 novembre, quindi, ci sarà un’assemblea di lotta che è anche un appuntamento internazionale con delegazioni internazionali di lavoratrici e lavoratori della Cgt spagnola, l’Association pour l’autogestion e l’Union Syndicale Solidaires dalla Francia, il Collettivo di fabbrica Vio.me, da Salonicco (Grecia). Collegamenti anche dall’America latina con l’Empresa recuperada de produccion di La Cabaña, Rosario (Argentina), la Federacion de Cooperativas de trabajo, Santiago (Cile) e Andrés Ruggeri, coordinatore della rete internazionale Economia dei lavoratori e delle lavoratrici, Università di Buenos Aires (Argentina). La «giornata di lotta» chiuderà la tre giorni di dibattiti, assemblee e concerti organizzati dal Collettivo di fabbrica, Banca Etica, Democratizing work – Italia e Rete Nazionale Fuorimercato. Un weekend di convergenza tra movimenti sociali, movimenti ecologisti, movimenti contro la devastazione del territorio, vertenze lavorative, fabbriche recuperate, mondo della ricerca. Di queste giornate e della situazione della lotta alla Gkn parliamo con Dario Salvetti del Collettivo di fabbrica e della cooperativa Insorgiamo.

Perché l’ora X, cosa sta per succedere alla Gkn?

Il 18 ottobre l’azienda ha riaperto la procedura di licenziamento che a nostro avviso ufficializza l’ora X. Nel senso che la Gkn sta diventando ormai un’operazione immobiliare in modo ufficiale, perché se licenzi tutti i dipendenti rimane solo l’edificio la cui naturale vocazione diventa quella immobiliare. In tutti i passaggi effettuati e in tutte le evidenze riscontrate nel passato recente c’è sempre stato l’accentuarsi del profilo immobiliare della società.

Quali sono questi passaggi e in che modo si è accentuato il profilo immobiliare?

La società che detiene il controllo dell’ex Gkn, la Pvar, è controllata al 50% da una società, la Toscana Industry srl, che a sua volta è controllata da una fiduciaria del Monte dei Paschi di Siena. Anche Toscana Industry ha nel proprio oggetto sociale la stessa dicitura di Pvar: «L’acquisto, la vendita, la permuta, la costruzione, la ristrutturazione, la gestione di beni immobili». L’amministratore unico di entrambe le società – Toscana Industry e Pvar – è Mirko Polito, con un profilo fortemente legato al settore immobiliare. Poi c’è un altro aspetto inquietante: Francesco Borgomeo, che ha ereditato dal fondo Melrose la Gkn, ha un’altra società, la Saxa Gres, i cui conti sono in grande difficoltà e che ha una forte esposizione obbligazionaria. A rappresentare gli obbligazionisti c’è il professor Gaetano Caputi, attualmente Capo di Gabinetto di Giorgia Meloni a palazzo Chigi. Se si pensa che tra i piani di ristrutturazione della Saxa Gres c’è anche quello di un intervento di Invitalia, sotto controllo pubblico, l’intreccio di relazioni suscita più di un interrogativo e spiega forse anche perché il governo non intervenga chiedendo il tavolo di crisi.

Eppure con la sottosegretaria di Fratelli d’Italia, Fausta Bergamotto, il governo ha cercato di dimostrare di essere aperto a soluzioni.

Il governo ha solo creato una commedia degli equivoci sui giornali, dicendosi disponibile a vedere il piano progettato dai lavoratori. Il giorno dopo però, ha rilasciato un’altra intervista, durissima, sulla testata locale più letta a Firenze, chiedendo di liberare lo stabilimento. Liberare da cosa, dai dipendenti? Se si avanza questa richiesta nel momento in cui sono scattati i licenziamenti il senso dell’operazione si spiega da solo. La sottosegretaria, poi, ha rilanciato un tavolo tecnico che però senza indire il tavolo di crisi non ha senso. Si avanzano solo soluzioni tecniche senza mettere in mezzo la politica che in questo caso significa convocare l’azienda per chiedere di ritirare i licenziamenti e la messa in liquidazione, esaminare seriamente il progetto industriale messo in piedi dalla cooperativa Gff (Gkn for future) partecipata dalla stessa Società Operaia di Mutuo Soccorso Insorgiamo.

A che punto è oggi il vostro piano industriale?

È andato avanti, in condizioni avverse con gli operai sotto licenziamento, che hanno visto l’ultima busta paga a novembre del 2022 e che poi hanno avuto spezzoni di cassa integrazione, ma senza mai più ricevere la paga dalla proprietà né il cedolino con le spettanze, con uno stabilimento in mano a future operazioni immobiliari e con una società in liquidazione in cui nessuna industrializzazione può riuscire. Nonostante tutto andiamo avanti. Il piano prevede che ci sia un soggetto pubblico, oppure un soggetto privato garantito dal pubblico, che prenda in mano lo stabilimento con un «condominio industriale» e lo metta a disposizione anche della cooperativa operaia. Noi oggi saremmo in grado di saturare un pezzo dello stabilimento con la produzione di pannelli fotovoltaici e con la Cargo bike, e prevediamo di occupare circa 8.000 metri quadrati dell’impianto dando lavoro a 140 operai. Serve però un condominio che assembli altri progetti e solo un intervento pubblico può riuscire a dare prospettiva a questa fabbrica.

Cosa accadrà quindi nel weekend che ci porta al 5 novembre?

Inizialmente era una giornata di dialogo e confronto con le fabbriche recuperate a livello internazionale, ma in realtà metteremo a verifica le forze su cui possiamo contare in questo passaggio estremamente difficile.

Dove avete trovato appoggio in questi mesi?

In tutte le reti solidali che ci hanno sostenuto, da quelle ambientaliste, sociali, mutualistiche. Il movimento sindacale ci ha dato supporto ma troppo formale. Quello che abbiamo fatto noi è stato un tentativo di scardinare le delocalizzazioni e le finte industrializzazioni. Gkn è stata solo un esempio di situazioni che si sono poi verificate alla Blutec o a Piombino con la classica manovra della multinazionale che scappa e mette in mano tutto a un testa di legna probabilmente dandogli anche una dote. Senza l’intervento pubblico non se ne esce e infatti quello che manca è questo.

Il 5 novembre per proporre altri appuntamenti di lotta, di nuovo il progetto di «convergenza» che vi ha caratterizzato in questi due anni?

Il 5 novembre sarà un’assemblea con delegazioni da Francia, Grecia, Spagna e America latina. Insieme alla Rete solidale lanceremo in condivisione altre date di lotta a partire dallo sciopero generale del 17 novembre. Ma non si tratta di ripetere gli schemi del passato. Due anni e mezzo di iniziative ci impongono di non ripetere lo stesso scenario. Vedremo come sviluppare la mobilitazione. Le organizzazioni sindacali hanno chiamato le loro giornate, come ad esempio con lo sciopero generale della Cgil o dell’Usb. Purtroppo si sono anche visti molti appuntamenti di lotta frantumati con divisioni per aree di movimento che per il momento hanno escluso una data di convergenza. Noi stessi dopo due anni e mezzo dobbiamo inventarci qualcosa di nuovo.

Cosa possono fare concretamente i solidali?

Continuare a far conoscere la nostra lotta che dopo due anni e mezzo potrebbe essere data per scontata. Poi contribuire con il sostegno diretto al progetto Cargo-bike: si tratta di donazioni liberali per acquisire i prototipi della bicicletta da lavoro così da permettere una sperimentazione e dare a noi i primi riscontri. E poi aderire alla campagna per l’azionariato popolare che ha già raggiunto i 150 mila euro di azioni prenotate a cui si somma il precedente crowdfunding lanciato dalla Società di mutuo soccorso. Oltre a lottare dobbiamo mandare avanti la reindustrializzazione altrimenti ci diranno sempre che non c’è una alternativa.

Questo articolo è stato pubblicato su Jacobin il 3 novembre 2023

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