Il 24 settembre in oltre 800 hanno riempito piazza Dibona, sfilando dal centro al polo sportivo dell’area Sopiazes, dove è stata da poco smantellata la vecchia pista olimpica Eugenio Monti e dove a breve dovrebbero iniziare i lavori per quella nuova in vista dei Giochi del 2026. Tra costi e impatti ambientali, le ragioni di chi si oppone. Il reportage.
Domenica 24 settembre si è tenuta a Cortina d’Ampezzo (Belluno) la manifestazione “Pista da Bob. Ultima chiamata”, organizzata dal gruppo consiliare “Cortina Bene Comune”. Ad aderire in molti, tra associazioni, comuni cittadini, comitati e figure politiche, tutti uniti dall’impellenza di esprimere un rifiuto corale alla costruzione della pista da bob prevista per le prossime Olimpiadi invernali del 2026.
Se inizialmente la nuova pista sarebbe dovuta costare meno di 50 milioni di euro, si stima oggi che la spesa economica finale supererà i 124 milioni di euro, oltre agli elevati costi gestionali che andranno sostenuti per mantenere attivo l’impianto. Per questo la mattina del 24 più di 800 persone si sono riunite in piazza Dibona, sfilando dal centro città fino al polo sportivo dell’area Sopiazes, dove è stata da poco smantellata la vecchia pista olimpica Eugenio Monti e dove a breve dovrebbero iniziare i lavori di costruzione di quella nuova.
Roberta De Zanna, consigliera del gruppo “Cortina Bene Comune”, ha ricordato dal palco come all’interno del consiglio comunale la sua sia purtroppo l’unica voce contraria alla realizzazione della pista da bob. “Si tratta di una questione collettiva, non solamente dei cortinesi, e questo perché l’ambiente è di tutti, come di tutti sono le decine di milioni di euro che andranno spesi per tale opera sportiva”.
Secondo la consigliera comunale queste Olimpiadi sono state calate dall’alto, senza aver previsto il coinvolgimento della popolazione. “Doveva esserci trasparenza e condivisione con le comunità locali, quando in realtà non c’è stato alcun tipo di dibattito pubblico, dovevano essere Olimpiadi a costo zero, mentre oggi siamo a più di tre miliardi di euro di soldi pubblici previsti, dovevano essere Olimpiadi sostenibili, mentre la maggior parte degli investimenti riguardano cementificazioni e strade”.
Non è difficile rendersi conto che in questo contesto la realizzazione della nuova pista altro non sia che il frutto di una cattiva gestione generale. “Inizialmente il dossier prevedeva una spesa di 47 milioni per il recupero della pista Eugenio Monti -ha continuato De Zanna-, oggi siamo arrivati a voler costruire una pista completamente nuova che prevede un investimento di 124 milioni di euro, e che probabilmente non saranno neanche sufficienti, a cui poi andranno aggiunti i costi di gestione, circa 1,5 milioni di euro, che saranno a carico dei cittadini di Cortina”.
E se mentre fino a poco tempo fa in città non si percepiva molta contrarietà alla realizzazione di quest’opera sportiva, le attività di sensibilizzazione portate avanti dalla lista civica di minoranza, dai comitati e dagli ambientalisti, hanno reso evidenti i forti elementi di criticità legati alla costruzione della pista, dall’abbattimento del lariceto secolare agli ingenti costi di gestione post Giochi che saranno a carico del Comune di Cortina d’Ampezzo. “Per questo oggi siamo in tanti e la nostra presenza qui vuole mostrare alla Società Infrastrutture Milano Cortina 2020-2026 Spa (Simico) che a essere contrari alla pista da bob saremo sempre di più”, ha chiarito De Zanna.
Tra i presenti alla manifestazione anche la senatrice Elena Sironi, del Movimento 5 stelle, e la consigliera della Regione del Veneto di Europa Verde, Cristina Guarda. “Non si possono spendere queste somme di denaro per una pista da bob in un’area di montagna che sta soffrendo drammaticamente la carenza di servizi pubblici, sia sanitari sia sociali”, ha detto la consigliera regionale. “A titolo di esempio basti pensare che la Ulss 1 Dolomiti di Belluno ha chiuso il bilancio 2022 con un passivo di 11 milioni di euro. Non abbiamo soldi per la sanità, ma li abbiamo per una pista da bob? Il Comitato olimpico internazionale stesso raccomanda di utilizzare altre piste esistenti e sappiamo che la vicina Innsbruck sarebbe disponibile a offrire la sua al costo di circa 15 milioni di euro”.
Alle varie preoccupazioni e criticità evidenziate dai relatori intervenuti in mattinata, si aggiunge anche la difficoltà di trovare aziende disponibili a gestire i lavori di costruzione della pista. Infatti sono già due i bandi andati deserti, il primo di quest’estate e l’assegnazione diretta di settembre. Più si aspetta, più i rischi di avviare un cantiere senza riuscire a ultimarlo aumentano, mettendo tra l’altro i lavoratori nelle condizioni di dover lavorare giorno e notte, con qualsiasi condizione climatica.
Sempre a proposito di cronoprogramma, dal palco il giornalista Giuseppe Pietrobelli ha spiegato che la pista, al grezzo, andrebbe ultimata entro il 15 novembre 2024, per consentire il collaudo dell’impianto che dovrà essere effettuato nell’inverno 2024, mentre per metà novembre dell’anno successivo la pista dovrà essere completa in tutte le sue parti, al fine di procedere con la preparazione dei giochi. In poche parole, la pista va costruita per il prossimo autunno.
A dubitare dell’utilità di quest’opera sportiva e a interrogarsi sul futuro della montagna veneta, è anche Renato Frigo, presidente del Club alpino italiano del Veneto e intervistato da Altreconomia. Secondo Frigo, ci sarebbero più modi di vivere e interpretare la montagna, l’errore che si fa troppo spesso consiste nel perdere di vista le comunità che abitano in questi territori: “Vanno trovate altre forme di sviluppo e attività che mirino a salvaguardare l’ambiente; è complesso ma questo ragionamento va fatto assieme alle persone che vivono il territorio e che lo visitano. Si deve partire dal dialogo, senza sottovalutare i problemi della montagna, perché altrimenti corriamo il rischio di realizzare opere, come questa, che non servono. Quindi chiediamo modelli di sviluppo più coerenti con le esigenze delle comunità locali, altrimenti rischiamo di trasformare la montagna in un parco divertimenti, come già avvisava Giuseppe Mazzotti negli anni 30. Dobbiamo ricordare che la montagna è un ambiente estremamente delicato e che ci fornisce risorse essenziali, come acqua, cibo, legna e cultura. Vogliamo distruggere tutto in nome del turismo?”.
La paura di un ennesimo scempio ambientale, ha portato a manifestare anche moltissimi giovani come Pietro Lacasella, blogger ventottenne di Vicenza, che di recente ha pedalato da Cortina a Innsbruck in compagnia dello scrittore Marco Albino Ferrari, con lo scopo di dimostrare la vicinanza tra le due località, e Pietro Gaspari, studente di giurisprudenza e residente a Cortina. “Sono qui per dire no a un’opera essenzialmente inutile, considerate le prospettive di utilizzo”, racconta il ragazzo ricordando come in tutto il territorio nazionale ci siano solamente una cinquantina di atleti che praticano il bob. “In Italia in passato sono state costruite tre piste, quella di Cervinia, Cortina e Cesana Torinese, tutte in seguito chiuse per dei costi di gestione troppo elevati. Ha senso quindi andare a costruirne una quarta e sperare che le cose cambino?”
Pietro racconta anche che quando era piccolo il Comune di Cortina d’Ampezzo aveva coinvolto la sua scuola in un progetto dedicato all’ideazione di un parco giochi per i bambini, parco che è stato atteso per anni e realizzato solo nel 2021. “Quell’area ricreativa, costata un milione di euro, si trova esattamente dove ora è prevista la costruzione della nuova pista da bob e adesso rischia di essere demolita assieme a decine di piante secolari”.
Questo articolo è stato pubblicato su Altreconomia il 25 settembre 2023. Immagine di copertina, Lucia Michelini