Alluvione, sgombriamo subito il campo dalla vulgata che vuole che sia colpa degli ambientalisti la mancata pulizia degli alvei dei fiumi.
Gli ambientalisti hanno una rappresentanza politica che viene, per la maggior parte, identificata nei Verdi. Ora, i Verdi da dieci anni non hanno rappresentanza in Parlamento, sono sì in Regione ma, come dice Guido Tampieri, già assessore regionale e sottosegretario all’agricoltura, «che siano loro la causa di questa situazione ha, come diciamo dalle nostre parti, “i maroni” … sono pochi e dove sono molti e governano, come in Germania, il territorio è curato un po’ meglio che da noi… non ci hanno mai impedito di fare le scelte giuste».
Quantità e velocità
Tralasciando le possibili concause di tane di nutrie e di istrici, veniamo alle responsabilità dell’uomo che siamo ben bravi a rimuovere.
Io sono un agricoltore da 45 anni e, come tutti gli agricoltori, monitoro in continuazione il livello delle piogge con l’ausilio di un pluviometro. Una pioggia di 25/30 mm in 24 ore è all’ordine della normalità, ma non è mai successo di dover svuotare nelle 24 ore, per ben due volte, il pluviometro per avere la possibilità di monitorare i 120 mm di pioggia in una sola giornata e ciò è nulla a confronto dei 200/300 mm e passa caduti sulle colline e che si sono riversati tutti su di noi. Pesa poi sulla quantità e sulla velocità del deflusso dell’acqua la cementificazione del territorio a monte, basti pensare che Imola, nel 1959 al tempo della precedente alluvione, era un quarto di quella attuale.
La ferrovia tamponata
Rimanendo all’alluvione del 1959, l’acqua arrivò a ridosso della ferrovia in quattro ore e le chiaviche della ferrovia, che servono a far defluire le acque di terreni e abitazioni verso la rete scolante a est, erano state tutte tamponate con sacchi di sabbia e balle di paglia e ciò evitò l’allagamento del centro cittadino.
Questa volta i tempi di arrivo dell’acqua sono stati molto più lunghi e sei ore dopo i vari solleciti all’Amministrazione comunale sulla necessità di tamponare le chiaviche, operazione a cui si diceva si stava provvedendo, ecco la laconica risposta telefonica ricevuta dal Municipio: «Non abbiamo né uomini né mezzi, potete provvedere voi frontisti?».
Mi sono attivato con alcuni frontisti e con mezzi di fortuna siamo riusciti a tamponare 8 delle 13 chiaviche fra Padusa e Zoppa.
A nord della Puntiroli avevano provveduto altri privati.
Ironia della sorte, proprio la settimana precedente le Ferrovie avevano fatto eseguire uno sbancamento delle chiaviche, il che ha reso molto più arduo il tamponamento. Il lavoro incompleto e di fortuna ha rallentato, ma non impedito l’ingresso dell’acqua di superficie nel centro cittadino.
Le pompe della Sabadina
Una volta poi che l’acqua è arrivata all’Idrovora Sabbadina, là dove confluiscono tutti gli scoli del nostro territorio, i quadri elettrici sono stati sommersi, come pure il gruppo elettrogeno che non si era provveduto ad innalzare, e le pompe si sono fermate.
Sembra, il condizionale è d’obbligo per la pressoché totale non informazione, abbia funzionato il solo motore diesel, un motore marino, fino ad esaurimento serbatoio. Non potendo essere innalzate le acque nel Destra Reno, una volta fatto livello, queste hanno iniziato a tracimare dai tombini delle fogne, a trasudare dai pavimenti.
Le valvole delle fogne
Le fogne, altro problema.
A Conselice mi si dice che abbiamo quattro settori fognari con altrettanti collettori di uscita, tre di questi sembra abbiano una valvola di non ritorno, di modo che, se la pressione esterna delle acque supera quella interna si chiudono ermeticamente e impediscono la risalita delle acque.
Valvole di non ritorno o no, indubbiamente nessuna ha funzionato dato che, avendo smesso di piovere da oltre mezza giornata, la pressione interna non poteva superare quella esterna delle acque alluvionali.
La subsidenza e il “caso Matrix”
E qui arriviamo ad una delle note più dolenti, lo stato di subsidenza dell’area della Botte Selice.
Il Santerno rompe anche a Mordano riversando acque, oltre che nel CER, anche nello Zaniolo. Quest’ultimo esonda a Fruges allagandola, dopo la S. Vitale, in direzione Conselice scavalca la sede stradale e si riversa nelle campagne. Esonda poi anche andando verso Lavezzola, allagando tutti gli insediamenti abitativi e industriali compresi fra le sponde del corso stesso e la Selice. Viene allagato quindi anche lo stabilimento ODA, quello che tratta le scorie degli inceneritori, rifiuti considerati tossico nocivi, per la produzione del così detto Matrix.
Il Comitato CASTA, a suo tempo, fece un esposto alla Procura evidenziando, fra l’altro, come il luogo di questo insediamento fosse inadatto per l’alto rischio di allagamento. Chi ha dato l’autorizzazione sarà ora chiamato a risponderne per disastro colposo?
Come è possibile vedere da alcune foto aeree il colore dell’acqua all’interno dei terrapieni alzati a protezione dello stabilimento è molto più scuro rispetto a quelle circostanti e viene da chiedersi il perché: forse sono andate in sospensione tutte le scorie presenti? Si vedono anche due pompe in azione che sversano l’acqua ristagnante attorno allo stabilimento nello Zaniolo. Per fare questa operazione l’azienda è stata in effetti autorizzata dal Centro Operativo Comunale (Coc) ma sulla base di un’autocertificazione. Cioè, le analisi se le sono fatte da soli!
La Botte Selice sotto di un metro e mezzo
Proseguendo, lo Zaniolo arriva alla Botte Selice, qui vi è una paratoia elettromeccanica di intercettazione e regolazione delle acque per immetterle nel Destra Reno che, per facilitare la comprensione, chiameremo con questo nome già a partire da questo punto. La Botte Selice, da quando è stata costruita, ha perso circa 1, 50 mt di quota, la cosa è percepibile anche visivamente. Infatti, mentre l’acqua all’altezza della Botte Selice tracimava, a Frascata dove il Destra Reno interseca la Bastia, l’acqua era giù di 2 metri.
La perdita di quota è dovuta alla subsidenza, ma quella naturale non può essere così impattante, deve esserci qualcos’altro.
Due milioni di metri cubi all’anno per l’Unigrà
L’Unigrà è autorizzata dall’Autorità di Bacino del Reno al prelievo dal sottosuolo di due milioni di metri cubi all’anno.
Basta una semplice moltiplicazione per capire che, almeno sulla carta, in 30 anni diventerebbero 60 milioni di metri cubi pari a tutta l’acqua che il Santerno ha riversato su Conselice in questo frangente.
Al tempo dell’iter autorizzativo della centrale a olio di palma dell’Unigrà in seguito alle osservazioni presentate alla Regione dal comitato CASTA, non venne concesso l’aumento del prelievo da falda e fu richiesto l’allacciamento all’acquedotto industriale, ma per una fornitura ridicola e, passato qualche anno, l’azienda ha richiesto un aumento dei prelievi (non so se concesso).
Basta fare una ricerca storica sulla subsidenza del nostro territorio per capire come sono andate le cose. Nei primi anni del 2000 il Consorzio di Bonifica della Romagna Occidentale aveva preventivato in 30 milioni di euro il costo per rifare quote e risezionamenti di canali e fossati di scolo del nostro territorio.
Se nell’area della Botte Selice gli argini dello Zaniolo e del Destra Reno fossero stati nella quota originale, con ogni probabilità non ci sarebbero state né rotture né tracimazioni di questi argini e avremmo avuto solo l’acqua proveniente dalla rottura del Santerno a Sant’Agata, la metà di quella che ci troviamo ora a gestire.
Altro punto dolente e stato il malfunzionamento dell’idrovora che si trova a ridosso dello Zaniolo a sud dell’Acquajos, dotata di pompe elettriche e pompa a motore diesel di gestione dell’Amministrazione comunale.
Questa pompa serve ad innalzare nello Zaniolo le acque del Bisostre che parte a sud di via Biscia e finisce, dopo essere stato tombato sotto il centro abitato e aver raccolto uno dei collettori fognari, in via Zoppa.
Il funzionamento a singhiozzo di questa idrovora ha probabilmente contribuito all’innalzamento delle acque nelle zone verso il campo da calcio e quelli del tennis.
Il bis del Sillaro
Per completare il quadro va preso in considerazione anche il Sillaro, almeno per quanto riguarda l’area residenziale di Via Nullo Baldini. Quest’area, che è protetta in schiena da uno scolo che in uscita da Conselice confluisce nello Zaniolo, scola nella campagna retrostante tramite una conduttura che dovrebbe avere una valvola di non ritorno o una serranda.
Ora quando il Sillaro ha rotto il 2 di maggio, l’acqua è arrivata in schiena alla Nullo Baldini ed ha allagato l’area attraverso la conduttura di scolo.
Non si è posto rimedio alla questione, tanto che dopo 15 giorni il Sillaro rompe di nuovo e trova di nuovo le porte spalancate alla via Nullo Baldini.
Un plauso
Un plauso va fatto a tutti coloro che sono scesi ad aiutarci, hanno fatto quel che potevano fare stante le indicazioni che hanno ricevuto, ma i veri eroi sono stati tutti quei cittadini ed imprenditori che contravvenendo al diktat del nostro Sindaco («L’acqua deve fare il suo corso»), armati di pompe, il corso dell’acqua l’hanno invece modificato innalzandola dallo Zaniolo nel Reno, dalla campagna nel Fossatone Nuovo che, in Destra Reno, ci va senza bisogno di idrovora, a Villa Pianta pompando acqua dal Destra Reno in Santerno.
Troppi errori, qualche possibile soluzione
Si può sbagliare, ma qui di errori se ne sono commessi troppi.
Vorrei essere propositivo, nella consapevolezza di non avere la verità e la ricetta salvifica in tasca. Per evitare altre catastrofi come queste io credo si debbano creare lungo il corso dei fiumi adeguate zone di colmata in aree agricole, risarcendo gli agricoltori in caso di allagamento come succede per esempio nell’area della Valle Santa e di Campotto.
Nel territorio di Conselice la misura più importante e urgente è quella di ripristinare le quote degli argini dello Zaniolo e del Destra Reno, come alla Botte Selice, fornire di adeguato allaccio all’acquedotto industriale l’Unigrà, onde evitare emungimenti dal sottosuolo e futura subsidenza, valvole di non ritorno e adeguata manutenzione in tutti i collettori fognari e in tutte le chiaviche della ferrovia.
E basta con le concessioni edilizie di seminterrati e nelle zone depresse.
Abbiamo fatto morire un centro come S. Patrizio, togliendo un po’ alla volta tutti i servizi, lì bisognava costruire, anticamente i reggenti di Conselice alloggiavano a San Patrizio perché è più alta di 3 metri.
Nel tempo abbiamo costretto sempre di più l’acqua in spazi ristretti per ampliare le aree agricole e ora ne paghiamo lo scotto.
Noi vediamo sempre il problema fuori di noi, ma il problema siamo noi, gli occhi vedono solo ciò che la mente è allenata a comprendere.