La notizia della improvvisa scomparsa di Flavia Franzoni mi addolora profondamente.
Ci mancherà il suo sorriso, la sua presenza cordiale e amichevole, la serenità e intensità del suo sguardo, i suoi modi così garbati, la sua limpida intelligenza, la sua competenza in materia di welfare e di sanità.
L’avevo incontrata per la prima volta all’inizio degli anni Settanta all’Istituto Regionale per le Scienze sociali che è stato da lei diretto, e da allora incontrarla sotto i portici o qui in piazza Santo Stefano era sempre un grande piacere. Eravamo fra l’altro vicini di casa.
Flavia era una di quelle persone pacate e operose che amano “star basse”, che non ostentano, che non alzano la voce, e che con la loro semplice presenza rendono più abitabile questo nostro mondo, così occupato da tanto assordante clamore, da tanto vacuo fragore, da tanta sensazionale spettacolarità.
Una di quelle persone che nella loro sommessa, intensa e mai ostentata esemplarità sembrano incarnare quello speciale atteggiamento – di cui più che mai oggi sentiamo il bisogno, e che è così raro – che Walter Benjamin additava nell’epitaffio di “Uomini tedeschi”:
“dell’onore senza gloria, della grandezza senza splendore, della dignità senza mercede…”
Da tutta la redazione di Inchiesta un abbraccio a Romano, ai figli, ai nipoti, agli amici.
Questo articolo è stato pubblicato su Inchiesta Online il 15 giugno 2023