Vittorio Capecchi professore emerito di sociologia e sociologia economica nell’Università di Bologna, eminente figura del movimento sindacale è venuto a mancare, sabato 29 luglio 2023 all’età di ottantaquattro anni dopo una breve malattia.
Vittorio – cui mi legava un’intensa amicizia, sviluppatasi negli ultimi dieci anni da quando era cominciata una più assidua frequentazione – mi chiese di collaborare alla realizzazione di un libro-inchiesta sul sistema produttivo dell’Emilia Romagna. E’ stato un lavoro sul campo, svolto insieme in due anni di girovagare per tutto il territorio regionale ad intervistare decine di imprenditori e cooperative dello sfaccettato, poliedrico e attivissimo tessuto industriale della terza regione per Pil pro capite.
Ne sortì un libro: Tra storia e futuro, politiche per una regione smart [1] che racchiude uno spaccato veramente interessante di questa realtà economico sociale molto importante, alle prese con le mutazioni determinate dagli impetuosi processi di globalizzazione, scosso dalla big crisis economico finanziaria del 2008, originata sull’altra sponda dell’Atlantico dal crollo del sistema immobiliare e dei mutui sub prime, colpito anche dai recenti terremoti, dal Covid ed ora perfino dall’alluvione, ma ancora, nonostante tutto, fortemente competitivo grazie a quella miscellanea miracolosa che fa dell’Emilia Romagna, uno dei pochi esempi di capitalismo dal volto sociale e, nello stesso tempo, ricco di grandi tradizioni imprenditoriali e di spirito innovatore.
Oltre che per la realizzazione del libro, la nostra collaborazione si concretizzò anche nella partecipazione alle riunioni della redazione della rivista Inchiesta di cui Vittorio era fondatore e direttore responsabile da cinquant’anni. Incontri che si tenevano periodicamente nella sede della Fiom regionale, con la partecipazione di Tiziano Rinaldini, talvolta anche del fratello Gianni, di Luciano Berselli e Gianni Scaltriti, oltre ai collaboratori Tommaso Cerusici ed Eloisa Betti. Si discuteva di come preparare il numero successivo della rivista ed erano discussioni incentrate sugli aspetti più rilevanti dell’economia e della politica, corroborati dal copioso materiale che Tiziano ogni volta predisponeva per approfondire gli argomenti del giorno. Era in realtà l’ultima fase della rivista in formato cartaceo che di lì a qualche tempo diventò online, seguendo la sorte di molte altre testate di matrice militante e volontaria.
L’esperienza di Inchiesta
Inchiesta aveva cominciato le pubblicazioni nel 1971 per la casa editrice Dedalo di Bari, ma la sua origine nella testa di Vittorio Capecchi scaturisce dal melting pot della sua straordinaria esperienza di ricercatore universitario, tra la Bocconi dove si era laureato nel 1961 in sociologia matematica, e l’esperienza newyorkese della Columbia University, dove aveva ricevuto un incarico di ricerca dal professore Paul Felix Lazarsfeld presso il Bureau of Applied Social Research che lui dirigeva con Robert Merton. Erano i ruggenti anni sessanta delle grandi proteste contro la guerra in Vietnam e contro le discriminazioni razziali. Vittorio partecipò a quei movimenti restandone profondamente coinvolto. In particolare prese parte alla famosa marcia per la pace nel 1967 a Central park con la partecipazione di Martin Luther King che l’anno dopo sarebbe stato ucciso, così come Malcom X e Robert Kennedy. In quel crogiuolo, molto influenzato dalle dottrine della radical sociology e della radical economy, maturò la convinzione che servisse una rivista che coniugasse studi economici e ricerca sociale.
In quegli anni di studi statistici applicati alla sociologia era maturata la convinzione, ancor prima di Inchiesta, di realizzare una rivista che si occupasse di modelli matematici. Sotto la spinta dei suoi professori alla Columbia University e di Raymond Boudon della Sorbona, Vittorio dette vita a Quality & Quantity, una rivista in inglese che aveva l’obiettivo di divulgare in Europa le teorie dei modelli matematici applicati a diversi campi della ricerca scientifica, un campo ancora pressoché inesplorato, quello degli studi previsionali. Q&Q assunse un ruolo di rilievo tra le riviste scientifiche del settore matematico.
Nell’ambito della ricerca sociale, Inchiesta occupò subito una posizione rilevante ed ebbe un parterre di collaboratori di prestigio. In primo luogo Vittorio prese contatto con il mondo di Quaderni Rossi di Raniero Panzieri e di Quaderni piacentini di Piergiorgio Bellocchio e Grazia Cherchi. Goffredro Fofi gli suggerì per l’area socioeconomica Giovanni Mottura e Enrico Pugliese che conoscevano molto bene il meridione d’Italia. Tra gli altri collaboratori di primo piano c’era lo storico Giorgio Rochat, i sociologi Massimo Paci, Tullio Aimone, Laura Balbo, Chiara Saraceno, Franca Bimbi, Otta de Leonardis, Enzo Mingione, Marzio Barbagli, gli economisti Michele Salvati e Andrea Ginzburg dell’Università di Modena. Attraverso la conoscenza dell’ingegner Vittorio Milani della Olivetti, iniziò una collaborazione con il centro di psicologia della grande azienda diretto da Cesare Musatti con Renato Rozzi e Franco Novara; con questi si pervenne all’idea che una rivista di inchiesta operaia poteva essere realizzata anche insieme al sindacato, seguendo i dettami molto innovativi di Adriano Olivetti. Con Musatti, entrarono nel gruppo della nuova rivista anche lo psichiatra Giovanni Jervis e la filosofa Letizia Comba ai quali si aggiunse poi il medico biologo Giulio Maccacaro, medici e psicologi del lavoro come Emilio Rebecchi. Insomma, si trattava di una redazione di elevato livello culturale.
Il nome della rivista Inchiesta venne fuori perché, come scriveva il presidente Mao, “chi non ha fatto inchiesta non ha diritto di parola”. Vittorio conobbe Raimondo Coga, direttore della Casa editrice Dedalo di Bari, un imprenditore coraggioso di sinistra, un forte innovatore che, non aveva paura di pubblicare un numero imponente di riviste anche in aree meno frequentate: Sapere, l’edizione italiana della Monthly Review, Quaderni di storia, Controspazio, Il manifesto mensile, Critica marxista, Utopia, Classe, Fabbrica e Stato, Magistratura Democratica, Tempi moderni, Il piccolo Hans, Lavoro critico, Quaderni medievali e Gulliver e infine anche Inchiesta.
Inchiesta e il rapporto con il sindacato
La rivista doveva essere indipendente se pure con un chiaro carattere di sinistra, ma senza riferimenti specifici in partiti o gruppi politici. Il sindacato era il soggetto più idoneo con cui tessere relazioni, per cui Vittorio con il primo numero di Inchiesta in mano, si presentò a Claudio Sabattini, che dirigeva la Flm, per verificare se e come Inchiesta poteva essere utilizzata dal sindacato.
La rivista divenne imprevedibilmente e in breve tempo un successo editoriale. Tra i temi di cui si occupava in primo piano, c’erano le 150 ore, una straordinaria conquista sindacale e il numero 16 di Inchiesta (1974) dedicato al “Corso di economia 150 ore” (con scritti di Paolo Bosi, Sebastiano Brusco, Filippo Cavazzuti, Carlo D’Adda, Andrea Ginzburg, Paolo Onofri, Ferdinando Vianello; in pratica tutta la sinistra della facoltà di economia di Modena) giunse all’incredibile tiratura di 80.000 copie. Vittorio stabilì una proficua collaborazione con Adele Pesce, incaricata da Claudio Sabattini di seguire il progetto delle 150 ore, e assunse l’incarico, a titolo gratuito, di responsabile del centro studi della Flm. In seguito sposò Adele Pesce.
Inchiesta documentava tutte le lotte sindacali e sociali che si svolgevano in ogni parte del Paese: il contratto dei metalmeccanici (con l’articolo di Claudio Sabattini e Tiziano Rinaldini “Ristrutturazione capitalistica e contratto dei metalmeccanici”) appare insieme alle lotte del sottoproletariato urbano nei quartieri di Napoli (Antonino Drago) nonché a quelle della psichiatria e medicina del lavoro (Giovanni Jervis, Letizia Comba, Marina Mizzau, Ferruccio Giacanelli, Ivar Oddone). Le lotte nella scuola erano documentate da Mario Gattullo, Marzio Barbagli, Marcello Dei. insieme alle riflessioni di Antonio Faeti sulle “tempere liberatrici”. Le testimonianze che venivano dalla Chiesa valdese si intersecavano con quelle cattoliche di sinistra, come documenta il processo a Don Bruno Borghi riportato su Inchiesta. Giovanni Mottura ed Enrico Pugliese sviluppavano le loro ricerche nel meridione sulle trasformazioni dell’agricoltura e i processi di deindustrializzazione, con le ricadute sul tessuto sociale: le lotte del movimento dei disoccupati per il lavoro e i diritti, quelle del movimento femminista, l’emarginazione sociale e l’assenza di una rete di protezione.
Inchiesta e il mondo della cultura
Un’ulteriore caratteristica fu poi quella della ricerca come formazione di giovani quadri sindacali e di collegamenti sempre più stretti tra Flm e facoltà universitarie. Di particolare rilievo fu il rapporto della rivista e di Vittorio con il movimento degli studenti ciechi di Bologna impegnati in un’occupazione dell’istituto Cavazza, luogo di segregazione di foucaultiana memoria. Da quella esperienza iniziò un filone di ricerca sulle tematiche del diritto alla salute, iniziato con un articolo sulla tesi di laurea di Antonio Frau organizzatore dell’occupazione: Voci dal ghetto dei ciechi: la testimonianza diretta della repressione più assurda perpetrata ai danni dei ciechi nelle istituzioni totali più «efficienti».
Su Inchiesta comparivano articoli su classi sociali e sviluppo capitalistico, inchieste sui conflitti sociali nel meridione sulla base delle trasformazioni produttive e delle condizioni di vita del proletariato urbano e rurale (articoli di Sebastiano Brusco, Massimo Paci, Luca Meldolesi, Giovanni Mottura, Enrico Pugliese, Camillo Daneo, Tullio Aymone, Paolo Calza Bini) insieme ai tanti numeri speciali curati da Laura Balbo e altre sui diritti delle donne e il femminismo. Contemporaneamente uscivano dall’ Ufficio studi della Flm, che Vittorio dirigeva, le ricerche e le Conferenze di produzione nelle fabbriche metalmeccaniche emiliane con il coinvolgimento di fabbriche nazionali per concordare i piani nazionali di settore. Al centro di quelle ricerche spiccava l’appassionato e competente contributo di Roberto Alvisi e le relazioni sempre intense con suo figlio Bruno.
Come ricorda Gino Rubini che collaborò a lungo con Vittorio al centro studi Flm: “analizzammo la struttura di tremilacinquecento fabbriche emiliano romagnole in relazione alle condizioni di lavoro e di salute degli operai; un lavoro immane, fatto col calcolatore si, ma era ancora quello a schede perforate, quindi alla fine classificavamo tutto a mano”!
Come riferisce Enrico Pugliese “la rivista non era classificabile con un orientamento politico specifico, la sua forza era nello stare sul campo operativo dell’inchiesta sociale che partiva dall’indagine sulla realtà, mettendo in evidenza i temi emergenti che avevano rilevanza e soprattutto che non erano trattati adeguatamente da altri, il profilo di Inchiesta si poteva sintetizzare nell’essere una rivista con un carattere keynesiano di sinistra, ma i suoi numerosi collaboratori e collaboratrici appartenevano alle più variegate correnti di pensiero. In questo senso si distingueva anche dalle altre due riviste, Quaderni rossi spiccatamente operaista perché indagava quel mondo e Quaderni piacentini che avevano un profilo prevalentemente anche se non esclusivamente teorico culturale. Inchiesta era una rivista originale ed eretica”.
I cambiamenti socio-economici della fine degli anni ‘70
Con la fine degli anni settanta, mutava altresì il panorama socio-economico del Paese ed anche quello dei conflitti nel mondo del lavoro. Il paradigma del cambiamento fu la dura vertenza e la sconfitta sindacale alla Fiat, di cui anche la rivista pagò duramente le conseguenze. Quella rottura segnò la fine dell’esperienza unitaria della Flm e quindi anche dell’incarico di Vittorio all’Ufficio studi che chiudeva i battenti. Le conseguenze riguardarono anche gli assetti sindacali nella Fiom e la stessa linea editoriale della rivista di conseguenza si modificò.
Inchiesta, anche se le condizioni e il clima erano radicalmente mutate, non si perse d’animo, passò alla pubblicazione di numeri monografici che non fecero perdere smalto alla rivista anche per la qualità degli argomenti e degli autori trattati, contribuendo alla conoscenza e all’approfondimento di territori inesplorati: numeri a cura di Riccardo Petrella e Bruno Amoroso (Europa Europe, Mediterraneo, tre numeri); numeri a cura di Laura Balbo, Franca Bimbi, Saveria Capecchi (Friendly, Povertà delle donne, Più facce molte teste, due numeri, Donne e comunicazione, Migrazioni al femminile); numeri a cura di Adele Pesce (Che genere di mondo, Lavorare e vivere con pari opportunità, La politica e la persona, un dialogo tra Vittorio Foa e Adele Pesce); numeri a cura di Luce Irigaray (Sessi e generi linguistici e Il divino concepito da noi); numeri di Inchiesta letteratura, a cura di Mario Lavagetto e Donata Meneghelli (I classici nella cultura e nella editoria contemporanea, Denaro e romanzo, Padri e figli, Un alfabeto della narrativa italiana); numeri a cura di più autori (Karl Polanyi, un modello antropologico dell’economia, Fernand Braudel: i tempi della storia); numero a cura di Franco Di Giangirolamo (Il popolo Mapuche); numero a cura di Vittorio Capecchi e Gian Luca Valentini (Di chi sono le responsabilità delle due bombe atomiche?)
Le vicende personali di Vittorio, in particolare la scomparsa improvvisa di Adele Pesce che svolgeva un ruolo determinante anche per la realizzazione della rivista, portano Inchiesta ad esplorare nuovi argomenti e darsi un assetto progressivamente diverso. Così Vittorio riferisce di questa ultima fase della sua esperienza: “Alla fine del 2009 vicende private sconvolgono la mia vita e quella di Inchiesta. Adele Pesce muore improvvisamente per la rottura di un aneurisma. Mi trovo sospinto in mare aperto e mi viene in mente di riprendere un progetto di libro sull’ Yijing (I Ching) del quale avevo parlato con Alfredo Salsano. Dato che è un progetto che richiede la conoscenza del cinese antico chiedo all’amico Pier Cesare Bori: ‘puoi darmi una mano?’ (Pier Cesare conosce dodici lingue tra le quali il cinese). Pier Cesare mi risponde ‘Non posso aiutarti perché sto per andare in Cina per curare una traduzione. Però ti faccio telefonare da una mia amica che traduce dal cinese antico’.
Amina Crisma mi telefona e entra nella mia vita e in quella di Inchiesta portando in questa rivista la cultura e le contraddizioni della Cina come risulta dal testo pubblicato in questo numero. Nel 2010 acquisisco la proprietà del sito www.inchiestaonline.it e, in questo ultimo numero di Inchiesta cartacea mi piace ricordare e ringraziare chi, in questo ultimo decennio, ha soprattutto scritto su questa rivista online (Mario Agostinelli, Cristina Biondi, Massimo Canella, Sergio Caserta, Aulo Crisma, Roberto Dall’Olio, Bruno Giorgini, Maurizio Matteuzzi, Alessandra Mecozzi, Marina Montella, Maria Pace Nemola, Oliva Novello, Nello Rubattu). Si tratta di persone che hanno talenti particolari di scrittura e si trovano a loro agio anche in testi brevi. Un talento che mi fa guardare con affetto a www.inchiestaonline.it. Abbiamo scritto alla fine di questo numero ‘Arrivederci’ perché la redazione operativa con la quale mi sono sentito online (Tiziano Rinaldini, Gianni Scaltriti, Luciano Berselli, Tommaso Cerusici) ha realizzato un ‘buon numero’ e allora perché mai Inchiesta dovrebbe scomparire?”.
Di recente Vittorio aveva ricevuto un prestigioso riconoscimento dal governo giapponese: Ordine del Sol levante Raggi d’oro con nastri, conferitogli dall’addetto culturale dell’ambasciata di Roma, a coronamento dei suoi studi e della collaborazione nelle scienze sanitarie al servizio delle disabilità, con il mondo accademico del lontano Paese, impegno proseguito in questi anni nella ricerca, condivisa con Amina, sui temi della filosofia orientale per un nuovo umanesimo sociale.
Vittorio e Amina Crisma, sinologa, anch’essa docente all’Alma mater, costituivano una coppia veramente originale di personalità: semplici, schietti, alla mano, simpatici e instancabili conversatori. A casa loro, o a un tavolino in Piazza santo Stefano a Bologna, si poteva discorrere per ore di qualsiasi cosa, senza rendersi conto del tempo.
Adesso che Vittorio è scomparso, rileggere la sua opera e il suo impegno, significa guardare indietro nel tempo ad un’epoca in cui il conflitto sociale e la dialettica delle opinioni rappresentavano i punti di forza di un’intellettualità di sinistra che si potrebbe definire organica ma non a un partito, bensì ai bisogni delle masse e alla democrazia. Oggi anche il termine “inchiesta” molte volte, ad eccezione di lodevoli ma sparuti esempi, viene piegata alle ragioni dell’informazione main stream, o diviene oggetto di consumo culturale o subculturale che dir si voglia, ma disancorata da qualsiasi progetto di cambiamento.
L’inchiesta che studia l’oggetto, perché c’è un soggetto che agisce per cambiare il dato di realtà, è un binomio pressoché introvabile, almeno alle nostre latitudini, ma direi che si tratta di un fenomeno globale. Ciò non toglie che ci sarebbe un gran bisogno di una nuova Inchiesta e di un nuovo Vittorio Capecchi, e non chiamatela solo nostalgia.
[1] Vittorio Capecchi, Sergio Caserta, Angiolo Tavanti, Tra storia e futuro, politiche per una regione smart. Una ricerca sulle trasformazioni dell’economia in Emilia-Romagna, il Mulino, Bologna 2015, pp.288, euro 23,00
Questo articolo è stato pubblicato sulla rivista Alternative per il socialismo e su Inchiesta Online