Quando è stato annunciato che la Russia avrebbe assunto dal 1 aprile la presidenza del Consiglio di sicurezza dell’Onu, massima istanza di governo mondiale, molti hanno pensato a un pesce d’aprile. E invece è tutto vero.
I rappresentanti dell’Ucraina hanno faticato a trovare le parole adatte per esprimere il loro sdegno: “Una vergogna, un’assurdità estrema, un colpo simbolico a un ordine internazionale basato sul diritto”.
Eppure la vicenda è piuttosto banale. La Russia, infatti, non ha né tramato né imbrogliato per ottenere la presidenza. Semplicemente le regole del Consiglio di sicurezza, stabilite nel 1945, prevedono una rotazione mensile tra i quindici componenti. Ora è arrivato il turno di Mosca, e non è possibile mettere in discussione la cosa.
Esercizio barocco
È facile comprendere il turbamento dell’Ucraina nel vedere il suo aggressore presiedere per un mese l’istituzione che dovrebbe operare in favore della pace, un paese il cui capo dello stato è oggetto di un mandato d’arresto spiccato dalla giustizia internazionale per crimini contro l’umanità.
Per evitare che la Russia presiedesse il Consiglio di sicurezza sarebbe stata necessaria una rinuncia volontaria da parte di Mosca (e sarebbe stata un’enorme sorpresa) o in alternativa un voto da parte del Consiglio stesso, ma naturalmente la Russia può contare sul diritto di veto e non avrebbe mai lasciato passare una risoluzione simile.
Due aspetti vanno sottolineati: il primo è che l’impatto della presenza russa è trascurabile. L’incarico concede a Mosca una certa influenza sull’agenda del Consiglio di sicurezza, oltre alla prerogativa di riepilogare i dibattiti quando i 15 paesi non riescono ad accordarsi su una risoluzione. L’esercizio rischia di essere barocco, ma niente più. Inoltre la Russia otterrà una certa legittimità che le servirà nelle campagne diplomatiche future.
Il secondo aspetto importante è la presa di coscienza del fatto che le Nazioni Unite non sono uno strumento adatto alla nostra epoca.
Le regole dell’Onu sono state fissate alla fine della seconda guerra mondiale, tirando le somme dall’esperienza dell’istituzione che l’aveva preceduta, la Società delle nazioni. L’Onu è stata dotata di maggiori poteri, ma i vincitori della guerra, tra cui l’Unione Sovietica, si sono anche preoccupati di difendere i propri interessi.
Il diritto di veto riservato ai cinque membri permanenti – Cina, Stati Uniti, Francia, Regno Unito e Russia – rappresentava una clausola di sicurezza per le potenze dell’epoca, ma in seguito si è rivelato una trappola, sia durante la prima guerra fredda con l’Urss sia nell’ultimo decennio, quando i rapporti con la Russia si sono incrinati.
Oggi l’Onu è politicamente paralizzata e in stato di “morte cerebrale”, per riprendere un’espressione ormai usata in altre occasioni. Solo le agenzie specializzate, come l’Aiea sull’energia atomica o il Pam per l’alimentazione, hanno un ruolo in Ucraina.
Come già accaduto nel 1945, è arrivato il momento di ripensare l’organizzazione del mondo dopo la guerra in Ucraina, per non permettere che un paese aggressore si trovi a organizzare i dibattiti sulla pace. Ma è difficile che ciò accada, anche perché è probabile che né Mosca né Pechino né tantomeno Washington vogliano delegare i poteri a un’istituzione che possa imporre loro qualcosa.
Questo articolo è stato pubblicato su Internazionale il 3 aprile 2023. Immagine di copertina Norbert Nagel, Mörfelden-Walldorf, Germany, CC BY-SA 3.0/Wikimedia Commons