Daniele Sepe intona col piccolo flauto ottavino le note dell’Internazionale, la sala del cinema Astra di via Mezzocannone a Napoli è piena in ogni ordine di posto, di un pubblico eterogeneo che difficilmente si ritrova insieme in una sala. È il preludio di uno straordinario piccolo grande evento.
A me sembra di essere piombato d’improvviso in una serata di non so quanti anni fa, in quel cinema proiettavano i migliori film della stagione, ci si andava anche di mattina per limonare quando si marinava la scuola.
Stasera si proietta Via Argine 310, ovvero il racconto dell’ultimo anno della vertenza delle maestranze della Whirpool, costrette a una disperata lotta per la difesa del posto di lavoro e della propria dignità.
Il docufilm del regista Gianfranco Pannone, partenopeo con una ricca produzione documentaristica, si snocciola in una narrazione emozionante e asciutta, priva di retorica, nonostante la drammaticità sociale e umana della vicenda.
Le operaie e gli operai raccontano e si raccontano in un susseguirsi di primi piani e immagini corali in cui non c’è alcuna indulgenza autocommiserativa.
Essi manifestano il proprio disagio, la paura, l’angoscia, la consapevolezza di correre il rischio di perdere il lavoro, mostrano con sincera naturalezza le proprie fragilità, le speranze, le convinzioni, il senso di una ritrovata e rinvigorita solidarietà umana e politica di un collettivo che lotta tenacemente per il proprio diritto a vivere lavorando.
Tutto il contesto del racconto è nella scarna rappresentazione della fabbrica dismessa e degli anonimi esterni di periferie e di città mute e indifferenti, in cui i protagonisti, le operaie e gli operai, si muovono con tutto il carico di vitale e normale umanità.
Quei volti diventano il volto di una città, di un mondo di vinti che non vogliono perdere e alla fine, se pure sono sconfitti col licenziamento collettivo, non si rassegnano e si ritrovano solidamente uniti.
Un film veramente molto bello con i richiami a spezzoni di filmati di altre lotte di epoche recenti o lontane e brani tratti dal bellissimo libro Ermanno Rea, La dismissione, letti da Alessandro Siani.
Alla fine della proiezione si vuole discutere: lo scrittore Maurizio De Giovanni fa esplodere la sua passione civile e politica di denuncia della solitudine di quelli della Whirlpool, l’assenza delle istituzioni, l’inconcludenza della politica, le debolezze perfino del sindacato.
Numerosi interventi del pubblico interloquiscono con il regista con tre rappresentanti del presidio ormai ex Whirlpool Napoli non molla Massimiliano Quintavalle, Carmen Nappo e Nicola Ciotola e con Daniele Sepe che oltre ad aver contribuito alla colonna sonora, non fa mancare la sua lucida indignazione.
In sala si avverte tutta l’emotività della consapevolezza di trovarsi a Napoli, in una storia di un Sud che viene ricacciato sempre più indietro, ma anche del contesto globale del dominio liberista, della solitudine individuale e collettiva senza confini di una società sempre più atomizzata e precarizzata.
Alla fine quel che resta è la forza morale e il messaggio politico e sociale del collettivo operaio Whirlpool che, come gli eroi delle Termopili, stanno continuando la loro battaglia in via Argine per ritrovare il lavoro perduto e con esso preservare l’identità di lavoratori e lavoratrici qualificati.
Notevole e di successo l’impegno di Arci Movie e del suo Presidente Roberto D’Avascio: gestiscono il cinema Astra dal 2009 dopo dieci anni di chiusura e con Antonio Borrelli che cura la rassegna Astradoc giunta alla tredicesima edizione in collaborazione con l’Università Federico II. Arci Movie opera prevalentemente a Ponticelli, zona orientale di Napoli, su temi educativi e territoriali, cineforum per i soci, mattinate di cinema per le scuole.
Via Argine 310, un docufilm che fa bene, che va visto e discusso in tutte le situazioni in cui la lotta per il lavoro può recuperare la dimensione collettiva e nazionale che sola può imboccare la strada della perduta centralità del lavoro.
Questo articolo è stato pubblicato su il manifesto il 25 febbraio 2023