Il titolo richiama la prossima iniziativa dell’associazione Il manifesto in rete che si terrà il 12 gennaio 2023 dalle ore 17.30 al Centro sociale Rosa Marchi-neo casa di quartiere Borgo Panigale Reno-Via Nenni, 11 Bologna.
L’occasione di parlare dell’obiezione di coscienza rispetto alla leva militare deriva dalla ricorrenza del 50° anniversario dalla legge n. 772 promulgata il 15/12/72, e pubblicata in GU n. 326 il 18/12/72, quindi in vigore dal gennaio 1972. Così Il manifesto in rete ha accettato di affrontare l’argomento molto attuale oggi, presentando il libro di Marco Labbate, Un’altra Patria. L’obiezione di coscienza nell’Italia Repubblicana, Le ragioni di Clio-Pacini Editore. All’incontro patrocinato dal quartiere Borgo Panigale-Reno saranno presenti, oltre alla presidente Elena Gaggioli e all’autore: Giancarla Codrignani, deputata dal 1976 al 1987 pacifista, femminista, ha affiancato gli obiettori presentando varie proposte di legge migliorative della L. 772 (affossate da Cossiga) e presidente della LOC (Lega Obiettori di Coscienza); Graziella Giorgi, consigliera di quartiere Borgo Panigale-Reno, giurista esperta di obiezione di coscienza. Completerà il parterre l’obiettore di coscienza bolognese Valerio Minnella fra i fondatori di Radio Alice, citato nel testo quando si raccontano le manifestazioni di Torino a pochi mesi dalla promulgazione della legge.
Labbate fa una ricerca storica approfondita del lungo periodo necessario per la promulgazione della legge; racconta le coraggiose scelte di giovani antimilitaristi, spesso anarchici, definiti obiettori di coscienza (odc). Furono poco coadiuvati dai partiti di massa della neo Repubblica. Sono pochi coloro che negli anni Cinquanta li aiutano durante le detenzioni nei processi e cercano di portare avanti le idee di pace e antimilitarismo. Fra gusti Capitini, Don Mazolari, Moro…pur con vari distinguo di tipo politico. I tentativi di riconoscere loro il diritto all’obiezione nell’Italia repubblicana durano appunto 25 anni. Si parte dalla costituente e si arriva alla promulgazione della L. 772 che avviene solo alla fine del 1972: legge subito definita “truffa”. Infatti, nonostante il ritardo con cui si arriva rispetto ad altri paesi fu scritta male e non fu semplice applicarla. Ancora molti anni dovranno passare per eliminare del tutto la leva obbligatoria.
Questa storia verrà ripercorsa durante l’incontro, ma si potranno aprire tante riflessioni sull’attualità. Oggi la guerra è sempre più quotidiana, vicina e globale; la pace appare difficile da attuare. Il bisogno di eserciti, non solo professionali, potrà diventare una priorità anche da noi.
Questi giorni sono l’anniversario dei 50 anni della legge; che cosa rimane oggi del significato di quella legge. Oggi in Italia si conosce la storia degli odc? Siamo di fronte ai nuovi Parlamento e Governo di destra, che stanno riproponendo una sorta di leva obbligatoria; sarà un servizio civile, ma con aspetti militari? Si manifestarono ancora odc, in caso di ritorno alla leva obbligatoria?
Il 29/8/22 Andkronos titola: “Elezioni politiche 2022 torna il dibattito sul servizio militare dopo la sospensione del 2005; in campagna elettorale Salvini è per reintrodurlo.” Già nell’articolo di Eleonora Lorusso su Donna Moderna del 25/02/22 è scritto: “Il primo tentativo di ripristinare il servizio militare obbligatorio risale al 2018, con una proposta di legge alla Camera, presentata da due deputate di Fratelli d’Italia, ma poi andata nel dimenticatoio”. Un mese fa l’attuale Presidente del Senato La Russa ha inviato un messaggio che fa da eco a ciò che si riporta nell’articolo citato, sia con le parole del generale Marco Bertolini, oggi presidente associazione Nazionale Paracadutisti d’Italia, sia da Gianni Lepre (Tg2 e Agenzia di Stampa Nazionale ItalPress).
Il primo ricorda fra l’altro che il servizio di leva non è mai stato abolito anche se si decise per un esercito professionale (L. 331/00 all’art. 7 indica la progressiva trasformazione del servizio militare da leva obbligatoria – con possibilità di fare obiezione di coscienza grazie alla L. 772/72 – in strumento/servizio militare professionale): “Il servizio di leva in realtà non è mai stato abolito….Negli ultimi anni, invece, c’è stato qualche ripensamento, per diversi motivi: continue riduzioni d’organico, ma anche la volontà di offrire uno strumento in più ai giovani, che insegnasse il senso civico e di dovere che secondo qualcuno si è perso”.
Sono ragioni simili a quelle espresse nell’articolo da Lepre: “Dopo tante polemiche inutili su riforma del mercato del lavoro e reddito di Cittadinanza, si torna a parlare di obbligo di leva, nel momento a mio avviso più propizio…L’importante è rieducare i giovani al lavoro e al sacrificio, l’Italia non ha bisogno di baby pensionati.”
Fortunatamente qualche voce contraria si era alzata, ma solo per spiegare ragioni organizzative ed economiche che rendono difficile il ritorno, almeno immediato, alla leva obbligatoria (ex ministra Trenta e generale Bertolini, vedi stesso articolo).
In questo momento in cui la guerra ci appare sempre più normale nella nostra quotidianità anche solo comunicare la possibilità di un ritorno alla leva obbligatoria ci appare non tanto “romantico”, ma piuttosto preoccupante. Almeno due sono le ragioni: si stanno trovando facilmente all’interno di un bilancio statale sempre più in perdita le risorse per aiuti in armi, e per presidi militari italiani all’estero. Sono le stesse premesse per destinare più soldi pubblici non solo per avere più armi, ma per risorse umane: eserciti composti da più effettivi. Sarà mantenuto la volontarietà di essere militari di professione, oppure si avrà una sorta di “volontariato obbligatorio”, come l’idea di “mini naja” (vedi La Russa nei giorni scorsi)? Non ci stupiremmo se questa idea si proponesse ai tanti giovani studenti che devono fare il PCTO. Oggi non creerebbe neppure troppa meraviglia. In fondo nella scuola statale che potrebbe aiutare a prendere maggior coscienza su questi temi c’è una questione economica: le si danno sempre meno fondi per la didattica a fronte di maggiori numeri di dispersioni ed abbandoni. La scuola, quindi, farà sempre più fatica ad affrontare la questione educativa per sviluppare un pensiero autonomo e critico. La pedagogia scolastica diventa più direttiva, come del resto nei recenti anni si sta mettendo in campo con l’aumento di bocciature e minori capacità di migliorare la qualità didattica per chi è in difficoltà; povertà economiche e culturali sono in aumento in modo esponenziale nella scuola, quindi nella nostra società e mineranno la stessa democrazia.
Se poi aggiungiamo a queste riflessioni le regole più restrittive che il governo ha emanato e sta emanando; c’è un’assuefazione ad una società più militaresca; si metterà in gioco la nostra vita democratica?
La lettura di un commento social all’articolo della Lorusso fa riflettere; sono concetti spesso sentiti: “Non sarebbe male, riporterebbe ragazzi e ragazze con i piedi per terra, finirebbero le ubriacature serali e gli spacci…”. Quindi l’incontro del 12 gennaio potrà costituire un piccolo antidoto all’ubriacatura comunicativa di una società italiana frammentata e paurosa, alle prese con problemi economici, quindi spesso incapace di contrapporsi a proposte governative reazionarie con idee controriformiste. Conoscere la storia della difficile ed anche contestata legge sull’odc, e con le sue tante rivisitazioni nel mezzo secolo di attuazione, potrà forse aiutare a riflettere sul presente e mantenere vivaci anticorpi.
La globalizzazione nella quale viviamo ci dovrebbe portare ad abbandonare le armi per un mondo di pace. Invece è la stessa globalizzazione, solo economica, a renderci sempre più lupi affamati; è quella che annulla i pensieri, oltre a ruoli e funzioni degli organismi internazionali preposti a vigilare sui diritti dei popoli, ONU su tutti.
Quando si ha fame e si conosce solo l’immediato, la coscienza per l’obiezione fa i pugni con il bisogno di un lavoro sicuro e ben remunerato come può essere quello dei militari sui fronti di guerra. Anche da noi cominciano i ricordi di qualche soldato morto nel mondo, in “tempi” che ci dicono “di pace”! Le strade dedicate ai morti di Nassiriya si trovano già in qualche città…Non ci sono però ancora i monumenti dedicati ai caduti delle guerre combattute dagli statunitensi dal 1945 ad oggi come in tutte le città statunitensi dove l’idea di “tempi di pace” svanisce. Mi hanno colpito, allo stesso modo della povertà respirata in molte piccole città. Monumenti alla memoria con il ricordo delle tante guerre fatte in nome della democrazia. Non sono quasi mai i generali a morire o a rimanere mutilati, ma ormai i civili e i soldati che spesso per affrontare il nemico ingeriscono fiumi di droghe, altro che i giovani dei rave parties! Il loro strumento culturale per fare odc o non far parte di eserciti così detti professionali fa anche i conti con un‘obbligata scelta economica che potrà garantire una vita migliore se si è fortunati e non uccisi o mutilati. Negli anni Settanta, nel periodo della promulgazione della L. 772/72 in Italia si cantava:
…Fermati Piero, fermati adesso/Lascia che il vento ti passi un po’ addosso…Ed arrivasti a varcar la frontiera/In un bel giorno di primavera/E mentre marciavi con l’anima in spalle/Vedesti un uomo in fondo alla valle/Che aveva il tuo stesso identico umore/Ma la divisa di un altro colore/Sparagli Piero, sparagli ora/E dopo un colpo sparagli ancora/Fino a che tu non lo vedrai esangue/Cadere in terra a coprire il suo sangue…
Ed oggi cosa si canta?