Solo per la pace? Sulla manifestazione a Roma del 5 novembre

di Silvia R. Lolli /
4 Novembre 2022 /

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5 novembre 2022, manifestazione per la pace a Roma. Manifestazione voluta da varie associazioni, da chi è entrato in politica da pochi anni, da chi manifesta da tempo contro le guerre.

Ho deciso di andare a Roma e sono d’accordo di presenziare senza bandiere, come cittadina italiana, ma oggi anche del mondo. Una bandiera però la porterò, è quella della pace ed assieme a lei porterò la Costituzione italiana.

Farò questa scelta non solo per ribadire e urlare la parola “ripudiare” dell’art. 11, ma anche per rivendicare tutti i principi e le modalità di esecuzione della democrazia (II parte) contenuti in essa.

Voglio ribadire che è questa la Costituzione che mi ha permesso di nascere in un paese democratico, libero, nel quale fra gli altri principi sono riconosciuti due diritti universalisti importanti, sanità e scuola. Essa contiene ancora i pesi e i contrappesi fra i poteri dello Stato (II parte) definiti minuziosamente fra il 1946 e il 1947; ne ho usufruito nel mio ruolo di cittadina votante l’organo rappresentativo della sovranità popolare: il Parlamento. Da un po’ di tempo tutto ciò sta naufragando, in un contesto di incertezza, di guerra.

La mia partecipazione non sarà solo per la pace, ma per far valere i principi della nostra democrazia. Quella democrazia che dovrebbe: tutelare chi non fa parte dei pochi fortunati; mantenere tutte le libertà; tutelare il valore di una vita di lavoro; tutelare chi ha già dato il proprio contributo economico con il lavoro e richiedere a chi non paga le tasse di contribuire.

Invece che cosa succede?

Succedono proposte e/o interventi di: flax tax, condoni più o meno velati da ipocrite scelte sugli importi massimi per i pagamenti in contanti, oppure sulle cartolizzazioni depennate fino a una certa cifra, oppure eliminazione completa delle rateizzazioni delle imposte causa Covid, decisione che fra l’altro ha fatto spendere ulteriori risorse al bilancio dello Stato (gli uffici dell’imposte hanno lavorato per organizzare le rate con importi aumentati da interessi e spese…!); poi c’è già un decreto legge, al quale si dovrebbe arrivare per necessità ed urgenza, che limita di fatto alcune libertà personali.

In questo momento dunque non mi sento tutelata da chi mi dovrebbe rappresentare, neppure da chi sta all’opposizione, la presumo difficile quindi minima. Per questi motivi vado in piazza. Poi chissà se ancora la Corte europea ci potrà dare ascolto per provvedimenti che qui si stanno attuando e che non rientrano nel principio di uguaglianza?

In questo momento mi sento inoltre defraudata e non riconosciuta nell’uguaglianza dei diritti; penso di essere in compagnia di altri italiani.

Descrivo il mio esempio. Riguarda la situazione di pensionata in quota 100, scelta consapevole per la quale non rinnego nulla, anche perché l’uscita è stata con 40 anni e qualche mese di contributi e a 64 anni e mezzo di età. Quindi non mi reputo una baby pensionata e neppure ho battuto la fiacca nel lavoro: non rubo nulla e non ho neppure rubato uno stipendio nel mio lavoro, consapevole e responsabile, di insegnante di EFS nella scuola statale di secondo grado. Qualche acciacco dovuto agli anni certamente dovuto anche al lavoro svolto che però non viene considerato usurante. La legge sulla quota 100 mi dice che non posso fare oggi un altro lavoro continuativo dal quale avere un emolumento annuo superiore a € 5.000 lordi. Giusto, però non posso neppure scrivere libri fino ai 67 anni (questo sembra per interpretazione uffici INPS). Dunque scrivo all’INPS per informare di temporanei impegni con emolumenti (es. presidente di commissione esami di Stato); cerco poi, in via preventiva, di sapere se posso accettare un possibile contratto temporaneo per fare un corso semestrale a studenti universitari di scienze motorie con un emolumento lordo inferiore a € 5.000: nessuna risposta. Precedentemente fra gli altri quesiti inviati prima dell’uscita del nuovo D. Lsg 36/21, l’ultimo pubblicato sulla riforma dello sport, avevo richiesto se mi era possibile fare un lavoro in una società sportiva, per la quale la legge finanziaria del 2002 consentiva di avere fino a € 10,000 esentasse, cioè emolumento netto. Dall’INPS nessuna risposta su questo quesito se non un generico richiamo a € 5.000 lordi!

Oggi mi trovo in questa situazione, assurda? Come minimo… Dall’INPS non ricevo alcuna specifica risposta relativa alla possibilità di svolgere un’attività universitaria e intanto il D. Lsg. 36/21 riscritto oltre che già ampiamente prorogato (e certamente in attesa di ulteriori proroghe) permetterà a chi lavora nello sport di ricevere fino a € 5.000 esentasse e da € 5.000 fino a 15.000 (aumentato il tetto massimo della Finanziaria 2002) netti, sempre senza pagamento di IRPEF; solo le società sportive dovranno pagare le previdenze in questo intervallo di valori.

Dunque, nel caso di un mio lavoro temporaneo universitario o per commissione scolastica, io dichiarerò per l’IRPEF tutto ciò che percepirò, facendo attenzione poi a non superare il tetto di € 5.000 lorde. Però (forse?) se collaboro nello sport posso percepire un emolumento più alto, perché esentasse e quindi non sottoposto neppure ad aliquota maggiore per l’accumulo dei redditi.

Certamente è colpa mia, non sono furba, però penso che ci sia qualcosa che non va nel sistema italiano; fra l’altro si sta sostituendo lo sport con valori democratici allo sport di Stato, vedi gli atleti delle nazionali di sport soprattutto individuali che oggi fanno per lo più parte dei corpi militari. E questo perché quasi tutte le federazioni non vogliono considerare ancora professionistico il settore di alto livello (vedi art. 40 D. Lgs. 36/21 in vigore questo dal luglio 2022). C’è poi una strisciante invasione del sistema sport nell’attività scolastica, per esempio con la neo equiparazione degli istruttori sportivi ai laureati in SM, vedi circolare del MI.

Voglio ancora credere nel valore del principi costituzionali: “pari dignità sociale” ed eguaglianza davanti alla legge (art. 3 Cost.); ognuno deve contribuire alle spese di bilancio in base alle proprie capacità contributive (art. 53 Cost. guarda caso inserito fra gli articoli sui rapporti politici, quelli che iniziano per intenderci con l’art. 48 Cost. che spiega il dovere del voto). Intanto mi chiedo cosa posso fare: tentare una causa, anche Costituzionale per le evidenti diseguaglianze di trattamento, oppure mandare tutti a quel paese?

Dimenticavo, sono andata in pensione lo scorso anno; percepirò l’indennità di fine rapporto (TFS) a gennaio 2025, ma solo una parte perché riuscirò ad avere tutti i soldi (e sono miei(!), perché sono le previdenze versate da me e dal datore di lavoro in 40 anni e più) soltanto nel 2026. Forse sono nata in un momento sbagliato ed ho fatto scelte altrettanto sbagliate? Oppure c’è qualche diseguaglianza scritta per legge (e contro Costituzione) e voluta bilanci dello Stato dai quali attingono i vitalizi quei parlamentari stessi che fanno le leggi? Abito ancora in un paese democratico?

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