28.09.22 scorso il governo dimissionario Draghi, Speranza ministro della Sanità “muto e consenziente”, ha approvato la Nota di Aggiornamento del Documento di Economia E Finanza (Nadef) 2022 “che delinea lo scenario a legislazione vigente senza definire gli obiettivi programmatici di finanza pubblica per il triennio 2023-2025.”
Per il Servizio Sanitario Nazionale la Nadef 2022 ha “delineato”:
- nel 2023 un taglio di oltre 2 miliardi del finanziamento dai € 134 mld del 2022 a € 131,7 nel 2023.
- nel 2024 un taglio di ulteriori 3 miliardi essendo previsto che si passi da €131,7 mld del 2023 a €128,7 mld.
- nel 2025 un incremento nominale di € 0,570 mld rispetto al 2024, pari ad un incremento dello 0,5%, assolutamente incongruo con le dinamiche di incremento annuale dei prezzi.
- che l’incidenza della spesa sanitaria pubblica sulla spesa pubblica totale passi da 7,1 % del 2022, [in decremento di 0,1% rispetto al 7,2% del 2021], a 6,7 % nel 2023, 6,2 % nel 2024, 6,1% nel 2025.
Tutto ciò nel mezzo di una fase economica inflattiva/stagflattiva, quindi di aumento dei prezzi della assistenza sanitaria e del “welfare state” in generale, già giunta al 10%.
Questo il portato delle speculazioni finanziarie sul prezzo del gas scatenatesi già nel 2021 e del divampare, per oggi in Ucraina, domani chissà, della Terza guerra mondiale, una guerra non ufficialmente dichiarata, ma evidente nei fatti della cronaca più e meno recente e già segnalata da anni da Papa Francesco.
La Nadef 2022 in questo contesto costituisce una vera e propria dichiarazione di guerra alla sanità pubblica, in spregio all’epica gestione del Covid-19 da parte del SSN e dei suoi professionisti, prova inconfutabile della sua assoluta importanza nel proteggere la salute dei cittadini e della necessità di potenziarlo dopo decenni di tagli.
Un atto contro i più deboli e contro i ceti popolari e medi, già vessati da una spesa “out of pocket” (privata diretta) superiore ai €40 mld negli anni scorsi, quando non costretti alla rinuncia alle cure per motivi economici, come ampiamente documentato nella pubblicistica italiana di settore, peraltro privata che segnala tale fenomeno in tutte le regioni d’Italia ed oscillante dal 2% al 12 % dei “potenziali” assistiti.
Un atto irresponsabile nell’attuale fase inflattivo/stagflattiva, con alle porte fallimenti diffusi delle piccole e medie imprese e conseguente incremento della disoccupazione e della povertà, sia sul piano della qualità dell’assistenza se non dei singoli episodi assistenziali certamente dell’insieme dei percorsi assistenziali dei pazienti
Un favore agli imprenditori del settore assicurativo e dei servizi sanitari e sociosanitari italiani ed internazionali. già beneficiari, oltre ai 40 di out of pocket su richiamati, di circa € 35 mld nel 2022 di spesa convenzionata (cfr. ISTAT 2021), destinati certamente ad aumentare al ridursi del personale dipendente ed all’incrementarsi del ricorso a convenzioni addirittura per i servizi di emergenza urgenza delle varie discipline.
Particolarmente irritanti ed ipocrite, quindi, le dichiarazioni a favore della sanità pubblica del ministro Speranza e degli altri esponenti della coalizione di centro sinistra in campagna elettorale.
Palesemente ipocrite quelle della coalizione di centro destra che non può sfuggire, salvo rinnegarli, ai fatti demolitivi del SSN messi già in mostra nella gestione della sanità in Lombardia, nelle Marche e nelle altre regioni dal centro destra amministrate.
A nulla sono valse dichiarazioni e le mobilitazioni dei giorni precedenti l’approvazione della Nadef.
Il 27.09.22, il giorno prima il Presidente dell’Emilia-Romagna S. Bonaccini, già entusiasta sostenitore dei tagli alla sanità del governo Renzi e promotore dell’autonomia regionale differenziata in Emilia-Romagna, aveva denunciato la mancata copertura delle spese Covid 19 e degli incrementi della spesa per energia 2022 a carico dei bilanci regionali per 4,5 miliardi.
Il 24.09.22, quattro giorni prima, i sindacati medici autonomi e confederali e l’Ordine dei Medici [Anaao Assomed, la Federazione Cimo-Fesmed (Anpo-Ascoti-Cimo-Fesmed), Aaroi-Emac, Fassid (Aipac-Aupi-Simet-Sinafo-Snr), Fp Cgil Medici e Dirigenti Ssn, Fvm Federazione Veterinari e Medici, – Uil Fpl Coordinamento Nazionale delle Aree Contrattuali Medica, Veterinaria Sanitaria – Cisl Medici – Fimmg – Sumai, Fimp, Smi e Fnomceo] avevano denunciato “Il ridimensionamento dell’intervento pubblico, la china avviata verso la privatizzazione, la carenza strutturale di personale, dipendente e convenzionato, il peggioramento delle condizioni di lavoro con le fughe conseguenti, il trionfo della burocrazia e della “medicina di carta”, mettono a rischio la sopravvivenza stessa del servizio sanitario”
Il 23.09.22, cinque giorni prima, i Sindacati Confederali ed alcuni sindacati autonomi avevano indetto per il 29 ottobre prossimo una mobilitazione generale dei lavoratori della sanità, sia pubblica sia privata, dal titolo significativo “Se non la curi non ti cura”, con prima rivendicazione “maggiori risorse per il fondo sanitario nazionale”.
A tali richieste e mobilitazioni annunciate con Nadef 2022 il governo Draghi ha risposto “NO”.
È da osservare, purtroppo che, in tutte le denunce di cui sopra, inspiegabilmente è stata omessa la dichiarazione di opposizione all’autonomia regionale differenziata pur essendosi molte sigle sindacali, in precedenti prese di posizione, meritoriamente dichiarate fermamente contrarie.
Tale contro riforma istituzionale, infatti, in realtà è parte integrante e sinergica della politica di definanziamento e privatizzazione del SSN dei precedenti governi e programmata in questa Nadef, costituendone una modalità tecnica, decentrata, di attuazione.
La articolazione differenziata ed autonomamente normata della gestione del Servizio Sanitario Pubblico in ciascuna delle 19 regioni e delle 2 provincie autonome di Trento e Bolzano della Repubblica italiana, infatti, è già in essere da anni, ancor prima della adozione di norme attuative del 3° comma dell’art. 116 della costituzione (ex riforma del Titolo V della Costituzione del 2001!) ed ha già dato prova delle sue caratteristiche e dei suoi risultati negativi.
Da anni, infatti, a fronte dei ripetuti tagli al Fondo Sanitario Nazionale, l’autonomia regionale differenziata secondo le specifiche caratteristiche dell’offerta privata e dei rapporti di forza sindacali nelle varie regioni ha consentito di incrementare la consegna all’imprenditoria privata di porzioni sempre più ampie del servizio pubblico, la precarietà dei rapporti di lavoro dei professionisti medici e non, la esternalizzazione dei servizi sanitari e non, i tickets, le polizze assicurative, i rapporti le Università, anch’esse spinte alla privatizzazione della ricerca, da ultimo tramite la diffusione della trasformazione in IRCCS dei più importanti ospedali universitari.
Come i tagli previsti da Nadef 2022, in sanità anche l’Autonomia regionale differenziata è immanente.
Con la vittoria elettorale della coalizione di centro destra, infatti, è questione di settimane la adozione di atti parlamentari attuativi del suo programma che al punto 3. “Riforme istituzionali e strutturali” prevede contestualmente:
a) Elezione diretta del Presidente della Repubblica
b) Piena attuazione della legge sul federalismo fiscale e Roma capitale. Attuare percorso già avvenuto per il riconoscimento delle Autonomie ai sensi dell’art. 116 comma 3 della Costituzione garantendo tutti i meccanismi di perequazione (?).
c) Valorizzazione del ruolo degli enti locali
Non a caso si richiama la contestualità di queste dichiarazioni di intenti poiché essa è la rappresentazione della volontà politica della coalizione di contemperare con adeguati compromessi le pulsioni ideologiche statalistico-centralizzatrici di FdI, quelle Federaliste di Forza Italia e Lega e quelle ad una maggiore autonomia degli amministratori degli Enti Locali, quelli delle città metropolitane, a cominciare da Roma capitale.
Non è il caso quindi di discettare sulle contraddizioni tra tali pulsioni ideologiche e di contare sulle contraddizioni interne alla coalizione di centro per evitare la realizzazione della Autonomia regionale differenziata.
I compromessi politici sono già stati trovati e gli equilibri(smi) istituzionali necessari lo saranno.
La maggioranza di centrodestra del nuovo Parlamento ed il nuovo governo non avranno ostacoli nelle istituzioni, Parlamento e Regioni, ad attuare l’autonomia regionale differenziata, anzi potranno contare verosimilmente sulla convergenza o su una opposizione accomodante di quanti nello schieramento di centro e centrosinistra, in Parlamento e nelle funzioni di Presidenza delle Regioni, sino a ieri hanno partecipato e favorito il consolidarsi del processo autonomistico differenziato.
Visti i rapporti politici di forza in Parlamento, l’unica possibilità per contrastare ed evitare la realizzazione dell’autonomia regionale differenziata è, quindi, nella mobilitazione dell’opinione pubblica, delle associazioni civili e culturali e nella opposizione del movimento sindacale, nelle sue varie articolazioni, confederali ed autonome.
Anche per la Sanità.
Da subito.
Prima che il nuovo governo si insedi e scriva la legge di Bilancio 2023 ed il Parlamento la adotti.
Non si può concludere queste note senza richiamare la necessità che il mondo della Sanità per le motivazioni etiche e bioetiche che sono alla base della sua stessa esistenza in quanto attività umana, si mobiliti per la Pace in Ucraina, a partire da un immediato cessate il fuoco, e rivendichi il ritiro delle truppe italiane nei confini nazionali ed il ristorno dell’incremento della spesa militare italiana sino al 2% del Bilancio dello Stato, per il finanziamento della istruzione, dai nidi all’Università, del Servizio Sanitario Nazionale, dell’assistenza Sociale e socio sanitaria pubblica dei Comuni.
Questo sarebbe, tra l’altro, il “vero” decentramento e la “vera” autonomia degli Enti Locali previsti dall’articolo 5 della Costituzione!
Questo articolo è uscito sulla rivista mensile Lavoro e Salute