Il 6 luglio presso la Commissione Esteri della Camera si è svolta l’audizione della Relatrice speciale delle Nazioni Unite sulla situazione dei diritti umani nei Territori occupati. Albanese è stata attaccata per presunte dichiarazioni che ci avrebbe rilasciato. Frasi in realtà mai pronunciate, frutto di un’imbarazzante falsificazione.
Il 6 luglio presso la Commissione Esteri della Camera dei deputati si è svolta l’audizione della Relatrice speciale delle Nazioni Unite sulla situazione dei diritti umani nei Territori palestinesi occupati, l’avvocata Francesca Albanese, nominata nel maggio 2022 dopo un lungo e prestigioso trascorso accademico e di riconosciuto impegno da funzionario dell’Onu.
L’audizione -alla quale Albanese era stata invitata- si è tradotta però in un attacco grave da parte del presidente della Commissione, Piero Fassino, basato su presunte dichiarazioni che Albanese avrebbe rilasciato ad Altreconomia in occasione di una intervista pubblicata il 9 giugno di quest’anno a firma di Anna Maria Selini. Peccato che le affermazioni riferite pubblicamente da Fassino fossero state artatamente estrapolate e decontestualizzate. Un atteggiamento imbarazzante che lede, oltreché la figura della Relatrice speciale, il Parlamento e la nostra testata. E che è smontato dalla semplice lettura dell’intervista.
Torniamo però prima ai fatti. L’avvocata Albanese è stata invitata dalla Commissione “nell’ambito della discussione congiunta delle risoluzioni sul rilancio del processo di pace in Medio Oriente”. Nel suo primo intervento di circa 15 minuti la Relatrice ha contestualizzato la situazione di quella “tormentata regione”, proposto di affrontarla attraverso il “prisma della legalità internazionale” e descritto le ricadute sui diritti umani delle persone dopo 55 anni di occupazione. Niente di più e niente di meno di quanto già scritto, da anni, nei rapporti dei suoi predecessori e di quanto affermato, da ultimo, nella contestata intervista rilasciata ad Altreconomia.
Al termine della relazione di Albanese, il presidente Fassino ha preso la parola e ne ha messo in discussione il ruolo: “Un rappresentante delle Nazioni Unite ha un dovere di maggiore terzietà. In quello che lei ha espresso e nel suo testo ho trovato una lettura unilaterale”. E dopo un (incredibile) intervento nel quale è stata teorizzata l’irrilevanza del diritto internazionale a fronte di una non ben precisata “mediazione” con la politica (dove a comandare è il più forte, naturalmente), Fassino, a “conforto del suo intervento”, ha preso in mano un foglio per contestare ad Albanese “delle sue frasi” tratte dall’intervista rilasciata alla nostra rivista; “in cui ha detto -ha sostenuto Fassino- che ‘un’occupazione richiede violenza e genera violenza e i palestinesi non hanno altro spazio per il dissenso che la violenza’”. Conclusione indignata di Fassino: “Le pare un’affermazione che può fare un Rapporteur delle Nazioni Unite?”, con tanto di invito alla “smentita”.
Peccato che Albanese non abbia mai espresso quel “concetto”. La frase è frutto infatti della giustapposizione, confusa e strumentale, di due pezzi di risposte date a domande diverse. La prima. “Chi critica le misure del governo e dell’esercito israeliano si vede spesso rivolgere l’accusa di antisemitismo. Come se ne esce?”. Risposta: “Se ne esce ascoltando i 300 intellettuali ebrei che hanno firmato la Dichiarazione di Gerusalemme sull’antisemitismo: criticare Israele non è antisemita. Il BDS, il movimento che propone boicottaggio, disinvestimento e sanzioni contro Israele, nemmeno. Antisemita è chi discrimina un ebreo perché tale. Il diritto di pensiero e di critica non possono essere messi in discussione. Il messaggio che passa, così, è che i palestinesi non hanno altro spazio per il dissenso che la violenza. Non è nemmeno corretta l’idea che tutti gli israeliani supportino tale atteggiamento: ci sono accademici, esponenti della società civile e organizzazioni dei diritti israeliane contrarie. Certo, negli ultimi anni il distacco tra i due popoli è aumentato”. La seconda. “Perché secondo lei i palestinesi sono usciti dalle agende internazionali?”. Risposta: “Lo Stato di Israele è stato molto efficace a far passare l’equazione ‘resistenza uguale terrorismo’. Ma un’occupazione necessita chiaramente violenza e ne genera a sua volta. Quel che conta è la volontà dei palestinesi: il diritto all’autodeterminazione è di realizzazione immediata, non devono dimostrare nulla, ma è incompatibile con un’occupazione”.
Come si può vedere non c’è alcun richiamo o legittimazione alla violenza ma solo una strumentalizzazione di basso livello che offende l’intelligenza delle persone, il diritto all’informazione e la realtà dei fatti.
Questo articolo è stato pubblicato su Altreconomia il 7 luglio 2022
Immagine di copertina, Pawel Czerwinski – Unsplash