Con un titolo cosi, bisogna aspettarsi di tutto, anche se da qualche anno, le stagioni estese spazialmente e temporalmente di Fondazione ERT, ci hanno abituato ad osare persino guardare negli occhi quella Medusa paralizzante che chiamiamo Futuro. Questa frase prescrittiva, per la verità cosi invitante per chi abbia un’idea azzardosa della Vita e dell’Arte, non è frutto della peraltro fervida inventiva del Direttore Malosti, ma un estratto dal copione di Lazarus, quest’oggetto conturbante di opera scenica contemporanea che David Bowie ci ha lasciato a guisa di testamento monito per i posteri,mai finora rappresentata in Italia.
Va da sé che sarà proprio ERT il soggetto produttore di questa impresa e che Malosti insieme con Enda Walsh, coautore di Bowie per quella creazione si prepara ad un adattamento italiano dell’opera.
Ma andiamo con ordine, perché l’apparente bulimia di 100 titoli in programma, suddivisi in undici spazi teatrali per 4 città (Bologna, appunto e Modena, Cesena e Vignola della rete ERT, mancando solo ancora Castelfranco all’appello), rende bene l’idea anche solo quantitativa dello sforzo di ricerca, significato e redistribuzione di contenuti intelligenti che permea territori e istituzioni conseguenti.
In realtà, cifre cospicue fanno sempre pensare ad affastellamento di proposte, specie quando si lanciano diverse conferenze stampa con largo anticipo sui tempi certo per favorire le scelte di prelazione e abbonamento, ma che colpiscono per profusione di impegno e intensità: una modalità evidentemente pensata per sottrarle un po’ istrionicamente all’obbligo della giaculatoria rendicontaria di nomi e date. A conti fatti, invece questa proposta ha qualcosa di profondamente organico, di corposo nel senso di una solidità per blocchi veramente fisica e dunque in grado di compenetrarsi, secondo necessità. Non soltanto rispetto ad una circuitazione interna regionale, ma ad un intersecarsi di palchi nelle due sale e di ritornare di artisti da un progetto all’altro. Una estrosità concreta perché poggia su competenze e identità ben definite, forse anche su una idea dominante di corpo al centro, che, da un lato esprime lo zeitgeist della ricerca di un nuovo equilibrio relazionale tra noi, il circostante, le tecnologie, assolutamente prefigurabile dopo i mesi di isolamento e solipsismo che abbiamo alle spalle. Un’idea d’altro canto anche ben radicata nella testa della Direzione di ERT, che vede il dispiegarsi in scena di un attore-autore in grado di padroneggiare il movimento, la mimica, la musicalità, l’aspetto compositivo-figurativo del suo esserci al fine di esprimere e comunicare comunque un’alterità.
Se certo non è da tutti infatti essere quel corpo là, quello del talento, della determinazione incosciente, dello studio e del coraggio per il palco, che comunque anche in senso lato è per Malosti, il “luogo” per eccellenza dell’azione, comunicare il comunemente impensabile, far intravedere possibilità di diversità, raccontare l’inosabile, è già atto sovvertitore in sé. In qualche modo un’idea autoriale di questo tipo si avverte nelle scelte, per quanto in parte obbligate da celebrazioni topiche o ancora da qualche recupero.
Si sente anche la voglia di dare peso specifico e continuità ad un discorso su artisti e compagnie da valorizzare.Il senso sembra quello di proporli e riproporli in maniera prismatica, quasi sfaccettata., da una condizione ad un’altra. Qual è allora, la famosa cifra stilistica? Un genere che la definisca qui non esiste. Ci sono viceversa molteplici linguaggi che possono contenere la regola aurea di non tradire se stessi. Voltati, affronta l’ignoto, ma non disunirti, sembra il corollario implicito di una lunga storia di quelli che che cosi si leggono più che come date da riempire, appuntamenti con un pubblico che si vuole naturalmente allargare e rendere più partecipativo che mai, ma che è già molto fidelizzato, progetto per progetto, nelle varie sedi.
Cosi, se educare i genitori alla Cultura e trovare un ponte di comunicazione in più con il linguaggio dei più giovani tramite certi pacchetti di proposte famiglia appositamente pensati ha funzionato a Cesena, si vedrà di riproporlo anche qui. il policentrismo non spaventa Malosti, il caso di Modena del resto è esemplare in questo senso. In attesa della imminente riapertura di Nuove Passioni, già da mesi si è provveduto a realizzare Teatro Tempio e i numeri danno sempre ragione ad una Direzione ed una Presidenza che hanno ben chiara la mission di servizio pubblico e, se di solito, questa espressione evoca una sorta di resa alla medietas senza rischi e senza slanci, in questo caso la visione si dichiara opposta.
Si fanno numeri importanti, visto che oggi avanguardismo si collega concettualmente ad elitarismo ed è un rischio che non possiamo permetterci di correre, anche quando tuttavia si alza l’asticella e si fanno proposte stimolanti. Con questa sorta di faro in mente, Malosti dichiara serenamente che un riequilibrio di genere in favore femminile è stato stabilito all’interno del cartellone in maniera del tutto naturale senza precise ingegnerie cosi come, si è risposto all’annoso dibattito sull’eccesso di riproposizione di classici nei teatri con tante drammaturgie nuove e soprattutto, almeno a mio avviso, con una traduzione effettiva di uno dei pilastri teoretici del grande Leo, ovvero quello della tradizione come summa alta di innovazioni.
Acquista quindi senso la presenza di testi contemporanei di qualche anno fa, perché sarebbe doverosa anche la creazione di un repertorio dell’oggi, come per esempio la riproposizione di l’Attesa di Binosi, per citarne solo uno in questo ragionamento. Oppure la straordinarietà, a mio avviso, della sezione progettuale Come devi immaginarmi, tutta dedicata alla tragediografia di PierPaolo Pasolini. Un progetto sostanzialmente di ricerca e tale da far tremare le vene ai polsi a parecchi, stante la controversa questione e del rapporto tra Pasolini e la forma teatro e della rappresentabilità delle tragedie stesse.
Un progetto cosi complesso da essere riconosciuto dal MIC tra i progetti speciali e ideato da Malosti in persona insieme al critico d’arte Giovanni Agosti con l’intento di tirar fuori gli aspetti figurativi e di linguaggio dal corpus pasoliniano che davvero incastonano in una classicità soffertamente ”moderna”, il suo approccio morale. Intento che spoglia Pasolini almeno in parte dall’aura di maledettismo, del resto dettata da una certa pruderie dei tempi. A chi affidare questa impresa sporadicamente tentata, mai cosi organicamente e che ha visto pochi grandissimi come Ronconi al cimento? Naturalmente a creatori e, udite udite, creatrici della scena italiana giovane, perché assai acutamente Malosti vede nella loro freschezza di sguardo, nel distacco inevitabile dalle polemiche culturali e di corrente o cortile del momento, la chiave d’accesso a quello che per Pasolini fu sempre un corpo a corpo doloroso con la scena. Saranno quindi 6 spettacoli, a cominciare dall’adattamento ad opera del talentuoso Fabio Condemi, su Calderon, scelto come produzione ERT(che,giustamente bisogna ricordare, non ospita e distribuisce soltanto, ma concepisce e realizza), all’interno di Prospero Extended Theatre, network di cui ERTè fondatore dal 2006.Questo sta a significare che lo spettacolo in seguito sarà ospitato a Madrid e Lisbona. Ma le sorprese continuano certo con Giorgina PI che si confronta con Pilade, Nanni Garella coniuga teatro ARTe e Salute insieme alle partiture di teatro fisico di Michela Lucenti, proponendo Porcile, Federica Rosellini e Gabriele Portoghese, acchiappati per la coda, vista la mole di impegni che li riguarda, faranno una sorta di reading da Orgia, Marco Lorenzi che dirige Affabulazione e infine sarà presentato Bestia da Stile, esito del corso di alta formazione ERT diretto da Stanislas Nordey. Par di capire che non mancheranno approfondimenti che certo riguarderanno il rapporto di Pasolini con il magistero di Longhi.
Sono corsa avanti, ma non vorrei sottovalutare il fatto che ai primi di ottobre avremo il ritorno attesissimo di uno dei festival più amati dagli appassionati, quale VIE Festival, connessione felice con il meglio della produzione teatrale estera. Ce ne corre ancora, prima di arrivare a dire qualcosa sulla stagione ERT Arena, intesa come programmazione bolognese nelle due sale, Salmon e De Berardinis, che, tra parentesi non smettono mai di lavorare neppure ora, non soltanto provvidenziali e tempestive come ieri in caso di maltempo, ma in qualche maniera sostituite dalle due situazioni Chiostro e piazza S Francesco. Ad esempio perché un posto di rilievo nella programmazione lo occupa il rafforzamento degli spettacoli al Teatro Delle Moline, che ospiteranno addirittura una parte del progetto danza di Michela Lucenti, di cui dicevamo, dal significativo titolo Carne e sarà una coproduzione con Blue Motion- Angelo Mai. Ma soprattutto perché verrà celebrato il cinquantenario di Moline con la riproposizione di uno spettacolo clou negli degli anni 70, quale il caso di Dora, ideato e diretto dal compianto Luigi Gozzi, interpretato dalla grande Marinella Manicardi nelle vesti della riottosa paziente in odor di protofemminismo e che ora curerà il riallestimento del tutto, a cominciare dalla scelta della protagonista.
Complessivamente il calendario consta di 48 spettacoli, 16 coproduzioni, 19 ospitalità, che implicano 14 prime assolute e 3 debutti nazionali in un range temporale compreso tra ottobre ed aprile. L’imbarazzo della scrivente notevole perché quando spaziamo tra nomi ormai molto amati e seguiti quali Pippo Delbono ed Emma Dante, il riconoscimento di progetto Fus Danza appunto per il progetto di drammaturgia fisica Carne, corredato dal ritorno di coreografi di fama mondiale quali Josef Nadj, a smentire la diceria che si veda poca danza a Bologna, ormai smentitissima in tanti spazi e festival, ma bisognosa forse di riconoscimenti di ufficialità, si ha solo terrore di non segnalare a sufficienza. Moni Ovadia, che torna al suo repertorio, Michela Murgia, Rezza Mastrella, Motus, Dadina e i progetti speciali di Albe, fanno tutti parte di un olimpo di eccellenze forse consolidate, ma Arena non dimentica impegni presi e profusi con una scena teatrale molto giovane ma che ha già fidelizzato seguaci appassionati e stiamo parlando naturalmente del poetico danzatore e coreografo Marco D’Agostin e dei Kepler -452, che sono stati penalizzati assai dalle vicende Covid in varia sequenza cosi da dover rimandare a questo ottobre, quella che si annuncia come un’impresa davvero epica quale coniugare teoria e prassi del cambiamento, affrontando sul palco nientemeno che il Capitale, ovvero un libro che non abbiamo ancora letto, suffragati dalla presenza in scena di tre operai membri del mitico collettivo di fabbrica GKN di Firenze, proprio in questi giorni forse, il condizionale è d’obbligo, dopo una festa pubblica molto partecipata, alle prese di un confronto con il governo, a seguito di una lunghissima vicenda di occupazione del posto di lavoro che ha fatto scuola o almeno si auspicherebbe in tal senso. Una occupazione infatti corredata dalla preparazione di un piano di riconversione industriale autonomamente concepito e da una grande attenzione al mondo della Cultura e delle sue reti. Ci sarà modo di parlare ampiamente di questo lavoro, che nel tempo si sarà certo arricchito di nuovi spunti ed avrà aperto ulteriori focus di discussione pubblica. Abbiamo accennato al tema drammaturgia contemporanea sia nella versione “ripresa”, che nel senso di produzioni dell’ultima ora. Naturalmente gli esempi abbondano, con il ritorno delle 5 rose di Jennifer di Annibale Ruccello, e, una messa in scena sa un libro dei nostri giorni quale Brevi interviste con uomini schifosi da David Foster Wallace o una liberissima riscrittura da Le relazioni Pericolose, che si avvale di un progetto visivo, una partitura sonora e l’inserto di testi filosofico letterari otto-novecenteschi di natura estremamente perigliosa da Artaud a Dostoejevskij. O il nuovissimo progetto Le vacanze, di Alessandro Berti, che con l’acume e l’empatia rigorosa che gli appartengono, inscena il vero problema di una adolescenza che noi guardiamo preoccupati come specchio nero dei nostri fallimenti, ovvero l’assenza di futuro che lasciamo in eredità. Ci sono in cartellone altre operazioni ibridate che attendiamo con estrema curiosità. Un saggio di questo discorso è la proposizione ad esempio, del gioco della verità, ovvero Festen, fortunata sceneggiatura cinematografica del premio Oscar Thomas Vinterberg, qui riadattata dal giovane Marco Lorenzi. Arena esce anche dalle sue case volentieri, come questa sua intensa estate ci sta insegnando ed infatti si annuncia sperimentale un’altra coproduzione Ert, in trasferta al prestigioso spazio auditorio di Mast, quale the Pixelated Revolution, A non academic lecture. Una prima riflessione sulle testimonianze filmate da cellulare e sulla loro importanza di documentazione storica in contesti difficili, per non dire tragici, quali quello, in questo caso, della rivoluzione siriana contro il regime di Assad. Una nuova drammaturgia tutta al femminile è quella di Carlotta Cruciani, che adatta per il teatro Accabadora, dall’acclamato romanzo di Murgia, per la regia di Veronica Cruciani e l’interpretazione della vibrante Anna Della Rosa. ERT scommette peraltro in proprio sulle nuove drammaturgie producendo LoveMe, Due pezzi da Antonio Tarantino, una rielaborazione nuova di due testi del pittore e drammaturgo italiano da parte della talentuosa Licia Lanera, che li adatta e li interpreta. Se stiamo parlando di Donne, è attesissimo per la primavera il ritorno della sulfurea artista catalana Veronica Liddell, che tanto mesmerizzò il pubblico di Arena qualche mese fa con Liebestod ed ora, in coproduzione ERT con varie realtà europee,va a proporre Caridad e solo a leggere questo titolo non so perché il mio pensiero corre ad un certo Bunuel degli inizi tra impegno e dissacrazione.
Se per caso vi state chiedendo, tornando agli inizi dell’articolo, se il direttore Malosti, per l’audace proposizione di Lazarus, opera rock rappresentata una sola volta ad un mese della scomparsa del suo geniale autore e interprete, data la sua acclarata sensibilità musicale, si cimenterà anche nel ruolo di protagonista, ho pronta la risposta ed è no. Un ruolo che richiederà di cimentarsi con brani mitici del repertorio Bowie e con 4 per cosi dire novità, che con il Duca poi Tempo e spazio sono realtà poco significative, osservandoci lui di sicuro sornione da un’altra parallela dimensione, sarà ricoperto da Manuel Agnelli, che dismessi i panni di giudice di talent, sta tornando alla grandissima alla vena autoriale compositiva che lo distingue,ottenendo significativi riconoscimenti.
Detto questo, non abbiamo detto assolutamente tutto, soprattutto perché, ERT Fondazione, è ente pubblico, ma anche impresa, anche modello civico virtuoso. Non per caso Il MIC ha scelto di premiare Arena del Sole, Storchi di Modena e Teatro Bonci finanziando i loro progetti di miglioramento energetico. Infatti essi hanno superato le selezioni del bando PNNR per cinema, teatri e musei, strettamente peraltro collegato alla Next Generation EU. Non posso elencarvi qui in dettaglio tutti gli interventi previsti per i tre ambiti, vi basti sapere che comunque il Comune di Bologna cofinanzierà una serie di migliorie razionalizzazioni sugli impianti di riscaldamento e illuminazione quanto mai opportuni in un momento critico dal punto di vista ambientale ed energetico come questo. Molto importante sarà anche l’installazione di un nuovo ascensore per il trasporto di persone con disabilità motoria. E, tanto per dire qualcosa anche riguardo i progetti specificamente dedicati al settore più giovane,in ambito europeo, vorrei ricordare che ne abbiamo già avuto in città un saggio divertente e commovente con A night walk, passeggiate di quartiere in serale per adolescenti, un progetto nato appunto in questo alveo e destinato a continuare.
Come si dice in questi casi, last but not least, non mi sentirei affatto bene a chiudere questa tutt’altro che esaustiva carrellata, se non dicessi due parole sulla meravigliosa ed estesa squadra di comunicazione promozione di Ert, come già sottolineato altre volte, quasi interamente femminile e dotata di competenze critiche e specialistiche che travalicano gli ambiti e li attraversano. Fa parte di questo discorso, la collaborazione di ERT Fondazione con i tipi di Luca Sossella editore. La collana Linea, guarda alla scena contemporanea come memoria creativa del presente ed in bella grafica ci offre i testi delle produzioni più significative, in versione originali con traduzione a latere. Preziosissimo tra i tanti e davvero graficamente ineccepibile il libretto sullo spettacolo di Liddell della scorsa stagione suggestivamente titolato Non devi far altro che morire nell’Arena: tutto questo viene realizzato per l’appunto grazie ai talenti interni alla squadra di Arena del Sole-ERT e non mancheremo di tornare su questo argomento pedagogicamente rilevante. Il moltiplicarsi delle sinergie e dei campi d’azione di questo teatri è del resto coerente con la linea espressa da Barbolini, presidente ERT, ovvero quella della massima apertura e del massimo utilizzo possibile di luoghi rivendicati diritto riconosciuto della Polis, inalienabile pane e rose della nostra quotidianità comunitaria.