Il problema non è il reddito di cittadinanza

di Roberta Carlini /
9 Giugno 2022 /

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“Cos’è la morale del borghese? Solo una scusa per lasciarmi a bocca asciutta”, dice Alfred, padre di Eliza, nel Pigmalione di George Bernard Shaw. Per quanto lontana nel tempo, l’Inghilterra vittoriana rivive in alcuni dibattiti dei giorni nostri. È il caso della campagna contro il reddito di cittadinanza, che per toni e contenuti è diventata una guerra contro i poveri.

Secondo Carlo Bonomi, presidente della Confindustria, il reddito di cittadinanza è troppo alto e “competitivo”, cioè chi lo percepisce lo compara ai salari offerti sul mercato e li rifiuta. Come ha scritto sulla Repubblica Chiara Saraceno, alla quale si deve un ufficiale e inascoltato rapporto con proposte su come migliorare il suddetto reddito, chi pensa che 452 euro al mese possano essere un disincentivo a lavorare ritiene forse sia legittimo pagare salari attorno a quelle cifre.

È vero, c’è una difficoltà a trovare lavoratori in alcune zone e in alcuni settori, e paradossalmente questo succede anche se ci sono molti disoccupati: ma sta accadendo ovunque nel mondo ricco, in un mercato del lavoro terremotato dal doppio shock di pandemia e guerra, e da nessuna parte ci si mette in testa di accusare di questo la protezione sociale per i più poveri. O meglio, la destra statunitense lo ha fatto, subito smentita dall’evidenza che il fenomeno esiste anche negli stati dove il reddito di base non c’è. Da noi invece la campagna contro il reddito di cittadinanza è condotta dall’associazione dei grandi industriali, dai partiti che in parlamento siedono a destra e da Italia viva, che il 15 giugno comincerà a raccogliere firme per abolirlo.

Un recente rapporto del Gruppo di lavoro sugli interventi e le misure di contrasto alla povertà lavorativa in Italia rivela che i lavoratori a bassa retribuzione (meno di 11.500 euro annui) sono il 32,4 per cento dei dipendenti, che sale al 64,5 per cento tra chi lavora negli alberghi e nei ristoranti. L’emergenza italiana è il lavoro povero, non il sussidio per i poveri. Si dirà che il lavoro povero corrisponde a una struttura produttiva povera, fatta di imprese marginali, che fallirebbero se aumentassero i salari. Ma colpisce che il capo dei grandi industriali s’identifichi con questa struttura produttiva. La campagna di demonizzazione del reddito di cittadinanza, infine, fa crescere uno stigma sociale attorno a chi lo riceve, tacciato come approfittatore, immeritevole o fannullone: che resti a bocca asciutta, e si renda quindi disponibile ad accettare qualsiasi lavoro in qualsiasi condizione.

Questo articolo è stato pubblicato su L’essenziale il 7 giugno 2022

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