Dopo le polemiche sulla inclusione del nucleare e del gas nella tassonomia Ue delle fonti green, si apre un fronte caldissimo sulla transizione ad una mobilità fondata sull’elettrico. Una questione di grande rilievo.
In termini di Pil, di posti di lavoro, di sostegni pubblici e politiche industriali necessarie. Il paese sconta il ritardo sull’auto elettrica dovuto all’errore dell’allora ancora Fiat e di Marchionne di non investire, ed al fatto che l’automotive italiano è inserito in “catene di valore” che hanno la cabina di comando in altri paesi, a partire dalla Germania.
È una singolare coincidenza che negli stessi giorni sia pervenuta alla approvazione definitiva la riforma degli articoli 9 e 41 della Costituzione, volta a introdurre formalmente nel testo la tutela ambientale. C’è stato, come era prevedibile, un applauso generale in cui ciascuna parte politica ha cercato di piantare la propria bandierina. Ma cosa cambia? Dal punto di vista tecnico-giuridico la risposta è poco, per qualche verso nulla. La Costituzione non è più green oggi di quanto fosse ieri.
È ben vero che la parola ambiente non compariva nel testo originario del 1948, né poteva essere diversamente. Ma una giurisprudenza pluridecennale della Corte costituzionale ha da tempo costruito un saldo presidio per l’ambiente e l’ecosistema, anche nelle sue declinazioni più moderne, come ad esempio la biodiversità (ampi richiami nel Dossier sull’AC 3156 del 23 giugno 2021).
Ma qui cogliamo il punto. Il bene ambiente, prima e dopo la riforma, rimane anzitutto affidato, quanto alle concrete risposte, al decisore politico. Le modifiche introdotte negli articoli 9 e 41 non cancellano il dato di fondo: l’esito ultimo verrà da un “ragionevole” bilanciamento tra interessi diversi e molteplici. E allora un motivo di preoccupazione emerge.
Abbiamo affrontato la crisi pandemica con il mantra che ne saremmo usciti in un mondo diverso, e che nulla sarebbe stato più come prima. La transizione ecologica è uno dei punti focali dell’iniziativa europea tradotta in Italia nel Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr). Ma la transizione si presenta più difficile di quel che si pensava. Mentre il Pnrr mostra il punto debole di essere in ampia misura l’assemblaggio di progetti tratti dai cassetti e vecchi ancor prima di iniziare.
Non si avverte il cambio di passo che il cambiamento imporrebbe.
Ad esempio, sull’eolico offshore, sulle autostrade del mare, sulla mobilità elettrica, sui treni all’idrogeno siamo essenzialmente ai blocchi di partenza. A riforma approvata, cosa facciamo di più e meglio per favorire l’abbandono dei carburanti fossili? E per contrastare i disegni francesi e tedeschi sul nucleare e sul gas? È possibile che la riforma rimanga ininfluente nella fase cruciale dell’attuazione del Pnrr. Se così fosse, si dimostrerebbe non banale il dubbio sull’opportunità di metter mano alla modifica di una norma inclusa tra i principi fondamentali dei primi dodici articoli della Costituzione.
Sarebbe comunque ingeneroso definire la riforma come inutile, o perfino dannosa. Potrebbe, ad esempio, arginare il cambio di giurisprudenza di una Corte costituzionale che volesse orientarsi verso una minore sensibilità ambientale. Una prospettiva forse non probabile, ma tecnicamente possibile.
Potrebbe stimolare i soggetti politici che operano nelle istituzioni verso una maggiore consapevolezza. Potrebbe rinsaldare la fiducia in sé e la voglia di battersi della società civile che già prima era in campo per l’ambiente. La funzione maieutica della Costituzione non deve essere sottovalutata.
Qui possiamo trovare il senso vero della riforma costituzionale, che non cambia sostanzialmente i termini giuridici della tutela, ma consolida lo scenario in cui si colloca la battaglia politica a favore dei temi ambientali. Tra l’altro, chi ha manifestato oggi entusiasmo per la riforma potrà domani essere tacciato di ipocrisia e subire una sanzione politica nel caso di inerte tolleranza.
Nell’immediato, bisogna far vivere la riforma nell’attuazione del Pnrr. Un deciso cambio di rotta sarà prova che la riforma ha utilmente messo la Costituzione al passo con i tempi.
Questo articolo è stato pubblicato su il manifesto l’11 febbrao 2021