L’impero di De Luca: gli errori della sinistra e i magistrati “tolleranti”

di Isaia Sales /
11 Novembre 2021 /

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L’inchiesta. Dalla crisi dei rifiuti alla trasformazione del Pd ai tempi di Renzi: le strategie che hanno favorito l’ascesa del governatore, compresa la pandemia

Ci siamo posti nell’articolo precedente la domanda sulle circostanze politiche che hanno favorito De Luca nella sua ascesa politica da funzionario di partito a presidente della seconda regione italiana. La prima l’abbiamo individuata nella sponda che lui ha rappresentato nella lotta contro Bassolino da parte del gruppo dirigente nazionale che considerava l’allora popolare sindaco di Napoli come un pericoloso concorrente per la guida del partito erede del Pci.

Ci sarà poi una seconda circostanza a favorirlo, cioè la crisi dei rifiuti in cui incappa la Campania e di conseguenza Bassolino. In molti contrapporranno il modello salernitano a quello napoletano, dando per scontata una maggiore efficienza di De Luca. Ma quando dovrà costruire il secondo termovalorizzatore, come si era vantato di poter fare in pochi mesi in polemica con gli amministratori di Napoli, il sindaco di Salerno fallirà clamorosamente la prova, ma non pagherà dazio. Anzi. E la crisi dei rifiuti in Campania si è protratta ancora per tanti anni proprio perché non si è costruito il secondo termovalorizzatore, dopo il primo ad Acerra.

Il nostro eroe sarà favorito da una terza condizione: la trasformazione definitiva con Renzi dell’ex partito comunista in un’organizzazione a discreta presenza di avventurieri politici a Roma e in periferia, in cui il controllo delle tessere e dei voti alle primarie diventava la prerogativa fondamentale del successo. De Luca era già da tempo pronto con il suo partito aziendale/ familiare a cogliere l’occasione. Così a Salerno ci furono alcuni congressi manipolati, migliaia di tessere fatte ai membri delle società partecipate ed elezioni primarie falsificate, come avevano appurato inchieste della magistratura di cui poi non si è saputo più niente. Cuperlo, allora candidato per la segreteria nazionale, fece un esposto alla procura e Bersani fu chiamato poi a deporre come segretario Pd per centinaia di tessere trovate nelle case e negli uffici di persone che la magistratura stava indagando per altri motivi. E chi si poteva permettere a Roma di contestare i metodi di De Luca se nel frattempo essi erano diventati i metodi del Pd, come il caso di Lotti insegna? Nella distruzione dei valori che il vecchio Pci aveva portato nella società italiana (la dedizione, il disinteresse, la solidarietà, la moralità, il valore della cultura) De Luca apporterà un contributo originale.

Egli è l’inventore della “politica omeopatica”, cioè della strategia per combattere i mali alleandosi con coloro che li rappresentano. De Luca per anni ha sostenuto di voler contrastare i padrini e i notabili in politica, e poi si è alleato con essi, De Mita, Mastella e Pomicino prima degli altri. In ogni apparizione televisiva si scaglia contro la “politica politicante” ma si ritrova con tutti coloro che hanno solcato le scene politiche per decenni e decenni. Ad ogni piè sospinto parla del valore della meritocrazia e ha eletto un figlio deputato (e l’altro lo sta da tempo preparando per sindaco di Salerno, per ora senza risultati) e nelle varie liste ha ospitato decine di figli, nipoti, fratelli, cognati, di esponenti politici che non potevano candidarsi per problemi con la giustizia o per altri motivi. Si ritiene un antifascista e ha ospitato nelle sue liste degli inossidabili seguaci di Mussolini. De Luca è convinto, cioè, che per combattere certi fenomeni bisogna allearsi con coloro che li hanno causati: è una teoria sicuramente molto originale e inedita nella storia della sinistra italiana.

Si è poi presentata per lui un’altra circostanza favorevole: lo stato pietoso del Pd a Napoli e l’ascesa di De Magistris. L’anti-napoletano De Luca sembrò il più adatto allora a fronteggiare De Magistris e a dare qualche chance al Pd napoletano di sopravvivere alla sua crisi. Aveva pesato molto nel creare questa situazione l’indifferenza e la sufficienza di Bassolino per la costruzione a Napoli di un gruppo dirigente autorevole. E come sempre avviene nella storia, l’esercito portato da fuori per scacciare un nemico interno si predisporrà ad occupare permanentemente il luogo che doveva essere liberato. I salernitani oggi alla guida di società regionali, di Asl, di uffici direzionali, assunti o consulenti in varie società (Sma, Ifel, Scabec, Sviluppo Campania, etc.) sono tali e tanti che si può tranquillamente parlare di una “salernizzazione” della regione e di un tentativo, finora non del tutto riuscito, di occupazione anche della vita politica partenopea.

Infine, un’ultima circostanza che De Luca ha sfruttato, cioè la pandemia. In Campania, più che altrove, si possono studiare gli effetti che la paura può provocare nella formazione del consenso se c’è un cinico investimento sui lati oscuri dell’animo umano e una capacità teatrale di aizzarli. In genere sono gli uomini del centrodestra i politici della paura e quelli del centrosinistra quelli della speranza. De Luca ha cambiato questa tradizione, diventando un bravo manager delle paure.

Ma veniamo ora ad aspetto finale che mi preme evidenziare. Che pensare del fatto che degli ex prefetti in alcune telefonate mostrino servilismo verso De Luca? Perché mai dei dirigenti del Ministero degli interni accettano incarichi da un politico che ha al suo fianco due condannati per reati gravi, come Mastursi e Coscioni? E perché mai ex magistrati si sono fatti coinvolgere direttamente nella gestione della vita amministrativa salernitana e regionale? È accettabile poi che magistrati acquistino casa nel complesso residenziale Crescent al centro di ricorsi ad organi giudiziari e amministrativi? Ci sono stretti familiari di magistrati (e anche dei vertici dell’avvocatura) che hanno avuto incarichi in alcune società partecipate e in enti provinciali e regionali. Capita nei tribunali di provincia che i magistrati abbiano frequentazioni con persone che contano nella vita politica e amministrativa. Qui si è andati oltre.

Che idea dello Stato trasmettono questi uomini dello Stato, così severi nel giudicare le debolezze altrui e così tolleranti per le proprie?

C’è un confine incerto in politica tra consenso elettorale e mezzi impropri e illegali per procurarselo. A Salerno per 30 anni nessuno seriamente ha presidiato questo confine. La politica e i partiti hanno, se lo vogliono, tutti gli strumenti per bloccare comportamenti contrari alle loro norme di comportamento. Ma non lo fanno mai. Il caso De Luca è, da questo punto di vista, esemplare.

Questo articolo è stato pubblicato su La Repubblica Napoli il 9 novembre 2021

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