Genova 2021. A Genova corteo fino al luogo dell’uccisione di Carlo Giuliani. L’incontro generazionale dei movimenti. Le testimonianze dei genitori
Dopo l’assemblea internazionale della mattina organizzata dal comitato «Genova 2001-2021, voi la malattia noi la cura» un corteo, spontaneo, è partito dal Piazza Matteotti in direzione Piazza Alimonda per raggiungere la manifestazione organizzata dal comitato «Piazza Carlo Giuliani». Lentamente, dalle 14, ogni angolo della piazza ha cominciato ad essere occupato. Diverse generazioni di militanti ed attivisti si sono ritrovati per questo ventennale che ieri ha visto, soprattutto, la partecipazione di chi a Genova non poteva esserci, o perché non ancora nato o perché faceva ancora le scuole elementari come ci ricorda, per esempio, Mauro del Centro Sociale «Cantiere» di Milano che ci racconta di essere l’unico sui due pullman scesi dal capoluogo lombardo ad esserci stato, per ragioni anagrafiche, in quei giorni a Genova.
Il colpo d’occhio è, quindi, dal palco multiforme come lo sono gli interventi: dall’associazione di amicizia Italia Cuba, all’Anpi fino a quello, applauditissimo, di Nicoletta Dosio, del movimento No Tav valsusino, che ha ricordato come, proprio vent’anni fa, quel movimento stesse nascendo e che, dopo l’uccisione di Carlo, stringerà, un rapporto «speciale e duraturo con Haidi, per la giustizia e contro la repressione, che da Genova alla Val Susa, ha un lungo filo nero». Dal palco le parole degli interventi sono stati alternate da quelle, in musica, di BaLotta continua, Malasuerte, Marco Rovelli, Alessio Lega e Renato Franchi con l’orchestra del suonatore Jones. A «scaldare» la piazza, oltre al sole cocente, ci ha pensato Stefano «Cisco» Bellotti, già cantante dei Modena City Ramblers, che a un certo punto è stato interrotto dall’arrivo sul palco di Manu Chao che, come a Piazzale Kennedy vent’anni fa, ha fatto cantare la piazza sulle note di «Clandestino».
«Avevamo suonato a Genova nei primi giorni di inizio del Public Forum prima delle manifestazioni del 19, 20 e 21. C’era una grande aspettativa e fiducia in quel movimento che avrebbe potuto davvero cambiare le cose» dice Cisco appena sceso dal palco «invece quello che avvenne in questa piazza è stato il tentativo, riuscito, di uccidere non solo Carlo ma quel movimento fatto di speranze e sogni ma anche di proposte reali e concrete». «Per me» continua il cantante modenese «sono vent’anni che abbiamo una democrazia sospesa perché su quei giorni non abbiamo non solo giustizia ma non conosciamo neanche tutta la verità». «Ecco perché» conclude «a vedere tanti giovani in questa piazza mi si è riempito il cuore, moltiplicato dall’emozione di aver lasciato la mia chitarra a Manu Chao quando è, improvvisamente, salito sul palco». Emozione che ha coinvolto la piazza quando la flebile voce di Haidi Gaggio Giuliani ha urlato contro quella polizia che, allora come oggi, continua a reprimere brutalmente il dissenso e il conflitto.
Poco prima delle 17.27, l’ora in cui dal defender dei Carabinieri partì il colpo che uccise Carlo, suo padre Giuliano ha voluto ripercorrere i minuti precedenti lo sparo: una gestione dell’ordine pubblico che lascia ancora tanti interrogativi, ripetendo la tesi che, già la notte del 20 luglio, don Andrea Gallo definì una vera e imboscata a danno dei manifestanti. Ma più ancora che intorno alla «dinamica di piazza» sono le parole del magistrato Elena Daloiso, titolare dell’inchiesta archiviata su Piazza Alimonda, ad avere indignato visto che, ancora in questi giorni, ha continuato a sostenere la «tesi falsa che la pallottola che colpì al volto mio figlio Carlo fosse stata deviata da una pietra lanciata da un manifestante». «Una dichiarazione non vera» continua Giuliano Giuliani «smentita da immagini, prove e testimonianze».
Dopo le sue parole, allo scoccare delle 17,27, la piazza si è ammutolita per poi esplodere in un coro collettivo che tante volte si è sentito in questi anni «Carlo è vivo e lotta insieme a noi, le nostre idee non moriranno mai». Una rivendicazione urlata dalla piazza che si è incrociata ai tanti abbracci e occhi lucidi delle diverse generazioni che si sono ritrovate, ieri, sotto la città della Lanterna e che ha riunito, almeno per alcune ore, storie personali e collettive disperse in questi venti, lunghi, anni.
Questo articolo è stato pubblicato su Il manifesto il 21 luglio 2021