Genova 2001 è il nuovo numero di Internazionale extra. A vent’anni dal G8 cronache, foto e reportage dalla stampa estera di ieri e di oggi. In edicola dal 7 luglio.
“Un altro mondo è possibile!”. Da Seattle a Praga, da Nizza a Göteborg fino a Genova, i manifestanti ripetevano questo slogan davanti ai palazzi che ospitavano i più importanti vertici internazionali, in cui si decidevano le sorti economiche del mondo alla fine degli anni novanta. Protestavano contro l’aumento delle disuguaglianze, la devastazione ambientale e il peso delle multinazionali nell’economia e nella politica. Ma anche contro gli organismi geneticamente modificati e per la cancellazione del debito dei paesi poveri.
Tornare sulle giornate di Genova è importante anche per chi all’epoca non c’era stato o era troppo giovane per ricordarle. Questo numero di Internazionale Extra raccoglie articoli dalla stampa straniera dal 1999 a oggi, con l’obiettivo di ricostruire il clima politico del tempo e recuperare le idee di chi chiedeva una diversa globalizzazione. E per raccontare un movimento internazionale che metteva insieme centri sociali, ong, sindacati, attivisti di sinistra, cattolici, ambientalisti, tutti uniti nella critica al capitalismo e alle sue forme di sfruttamento sociale, ambientale e politico, ma divisi sulle forme di protesta. Un movimento che, tra i primi, ha saputo usare le potenzialità di internet per fare informazione indipendente e come strumento di mobilitazione e boicottaggio, in un periodo in cui le aziende tecnologiche statunitensi stavano costruendo il loro dominio sulla rete, e i social network non avevano la forma e la diffusione attuali.
Chi nel luglio del 2001 non era nato o non era abbastanza grande per capire quale fosse il contesto, potrebbe non conoscere questa parte della storia, dato che le azioni del black bloc, la repressione indiscriminata della polizia e l’uccisione di Carlo Giuliani hanno oscurato il resto. E qualche mese dopo, con gli attentati dell’11 settembre negli Stati Uniti, quell’altro “mondo possibile” è sembrato svanire. Le priorità sono cambiate e le forze sono confluite nel movimento pacifista contro la “guerra al terrore” di George W. Bush.
In quell’estate di vent’anni fa in Italia si è aperta una ferita che non si è più rimarginata. “Quel rovesciamento momentaneo dei codici democratici ha modificato per sempre il rapporto degli italiani con la vita politica e l’impegno sociale”, spiegava nel 2013 Lucie Geffroy su Le Monde. Anche per questo è fondamentale “capire come passeranno alla storia le diverse memorie sui giorni di Genova, conflittuali e spesso lacunose”, come scrive Annalisa Camilli, giornalista di Internazionale e autrice del podcast sul G8 Limoni.
Oggi, l’aumento delle disuguaglianze, l’aggravarsi della crisi climatica e l’esplosione della pandemia confermano che il sistema attuale non funziona. Le conseguenze negative di una globalizzazione economica senza regole sono sempre più evidenti, e quelle idee sono diventate ancora più urgenti e necessarie.
“Il vero cambiamento rispetto ad allora è che la rabbia popolare contro il potere delle multinazionali oggi è molto diffusa”, ha scritto nel 2019 Naomi Klein, giornalista molto vicina al movimento, parlando del lavoro precario che negli ultimi anni ha distrutto ogni residua fiducia nelle aziende. Ma se c’è qualcosa che la storia dei movimenti insegna è proprio che la rabbia da sola non basta. “Abbiamo fatto le manifestazioni di massa e abbiamo dimostrato di esistere”, diceva Klein in un’intervista del 2000. “Ora dobbiamo individuare le idee centrali che attraversano le frontiere e organizzarci su questa base”. Chi vuole un mondo diverso potrebbe ripartire da qui.
Questo articolo è stato pubblicato su Internazionale il 9 luglio 2021