Il mio amico Sergio Caserta, nel farmi gli auguri per questo confuso primo maggio, mi dice che è allibito per quello che sta succedendo nella magistratura italiana e mi chiede cosa secondo me stia succedendo. Provo a rispondere.
Sto parlando di quello che si legge sui giornali, perché della vicenda Amara, dalla quale evidentemente Sergio trae spunto per chiedere il mio parere, non ho alcuna conoscenza diretta, e questo è il limite di ciò che sto scrivendo.
La vicenda cui ci si riferisce è quella dei verbali dell’avvocato Piero Amara, resi a un P.M. di Milano, da questi trasmessi a Piercamillo Davigo, allorquando questi era ancora componente del Consiglio Superiore della Magistratura e successivamente, mesi dopo, propalati alla stampa. Nessun giornale ad eccezione di un quotidiano, il Domani, li ha utilizzati finché non sono diventati di dominio pubblico, evidentemente diffidando della fonte.
Comunque sia, su Repubblica di oggi si legge, ultimo dei molti articoli che lo riguardano, che Piero Amara non è un avvocato qualsiasi. Già condannato a una pena di tre anni e otto mesi di reclusione, autore di spregiudicate operazioni in favore dell’ENI nel processo per l’enorme tangente che sarebbe stata pagata a uomini del governo nigeriano per lo sfruttamento esclusivo di campi petroliferi di quel disgraziato paese, una volta libero avrebbe iniziato un’ambigua collaborazione con il PM milanese nel corso della quale sono stati redatti i verbali in discussione, nei quali, stando ai giornali, si parlerebbe di responsabilità penali dell’ex presidente del Consiglio, di logge massoniche segrete (la loggia Ungheria) e di altre amenità analoghe.
Poiché il Procuratore della Repubblica di Milano prendeva tempo nell’iscrizione nel registro degli indagati delle persone accusate dall’Amara, il PM trasmise i verbali, a mio giudizio irritualmente, a Davigo, in quanto componente del CSM, evidentemente adombrando qualche responsabilità del capo dell’ufficio per l’omessa iscrizione.
Come già detto quegli ambigui verbali vennero poi fatti uscire dal CSM, pare di una collaboratrice infedele di Davigo e successivamente propalati sino a giungere alla stampa.
Da qui lo scandalo, che ha lambito il vice presidente del CSM, che ha ulteriormente screditato il CSM, già oggetto di attacchi mediatici più o meno giustificati, e la chiamata in causa delle procure di Roma e di Perugia per tentare di mettere ordine in questa convulsa vicenda.
Di fronte a questa vicenda la prima cosa che viene in mente è che la magistratura italiana non è nuova a torbide vicende innescate da depistatori faccendieri o altre figure del genere, subite o anche in qualche modo gestite.
A leggere della loggia Ungheria, a chi ha la mia età, vengono in mente altre logge, tipo ad esempio la Loggia Montecarlo, e a leggere queste vicende vengono alla mente altri personaggi, maestri del depistaggio e della disinformazione, quali Elio Ciolini, che negli anni ottanta con le sue fantasiose propalazioni riuscì a inquinare le indagini per la strage di Bologna e a indurre il giudice istruttore a svolgere indagini tanto spregiudicate quanto inutili.
Nulla di nuovo sotto il sole, verrebbe da dire. Ma non è così. Negli anni ottanta erano ancora attivi nella magistratura e nella società potenti anticorpi, che temo si siamo enormemente affievoliti nel corso di questi anni.
La magistratura si presenta a questo nuovo scandalo (scandalo, parola ormai anch’essa consunta) già sfibrata da decenni di attacchi, rivolti per lo più alle sue parti migliori, non già alle parti corrotte che sono pur sempre esistite e, da ultimo, dalla vicenda Palamara e dell’uso politico che sapientemente ne è stato fatto da parte della destra.
Siamo a un regolamento di conti. Quelle cospicue parti del paese che hanno da sempre manifestato insofferenza al controllo di legalità sfrutteranno a fondo anche le ultime vicende per disciplinare la magistratura italiana, che è sprofondata in un baratro in parte scavato con le sue stesse mani, ma che in alcune sue parti ha saputo manifestare quello che da molti è stato considerato un eccesso di indipendenza dai voleri del potere, politico o economico che fosse.
Le corporazioni che operano all’interno del sistema giudiziario stanno mano a mano posizionandosi in vista delle riforme dei codici, dell’ordinamento giudiziario e in particolare del CSM e per una magistratura tecnica, selezionata per pubblico concorso, soggetta soltanto alla legge e perciò indipendente dagli altri poteri dello stato non si preannunciamo tempi felici.
Verrebbe da dire che forse sarebbe meglio sostituire questa magistratura con una magistratura elettiva, così i partiti, un tanto all’uno, un tanto all’altro, potrebbero scegliersi a loro piacimento giudici e pubblici ministeri e vi sarebbe così finalmente pace fra il potere giudiziario e quello politico…
Negli stai Uniti, ad esempio, funziona così. Nessuno se ne lamenta, tranne pochi intellettuali, e però il sistema giudiziario statunitense è uno dei più disumani almeno del mondo occidentale. Ma tant’è.
Concludo con un’ultima notazione. I magistrati, bene o male che sia, non vivono in una torre d’avorio, stando a Wikipedia luogo metaforico nel quale ci si isola per perseguire i propri interessi e ideali, bensì respirano l’aria che sta loro intorno, e sa l’aria è corrotta anch’essi si corrompono, come comprovato da numerosi recenti episodi, e se spira un vento di destra anche la magistratura vira verso destra.
Quando si affievoliscono i valori prevalgono gli interessi, le ambizioni, i personalismi, e ciò vale anche all’interno della magistratura, che tuttavia nelle sue parti migliori aspirerebbe ancora ad essere l’ ultimo fragile baluardo del principio di uguaglianza, per cui il presidente dell’ENI e l’ultimo dei migranti dovrebbero essere uguali di fronte alla legge.