Le donne soffrono di più. Persi 254mila posti di lavoro solo nei primi tre mesi del 2021

di Lidia Baratta /
30 Aprile 2021 /

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Secondo l’ultima rilevazione Istat, a marzo è cresciuta lievemente l’occupazione. Ma rispetto al periodo pre-pandemia gli occupati sono quasi 900mila in meno e il tasso di occupazione è più basso di due punti percentuali. In un anno si contano 377mila occupati in meno nella componente femminile, gli uomini perdono la metà

Continua anche a marzo 2021 la lieve crescita dell’occupazione (+0,1%) registrata a febbraio. Determinata però unicamente dalla componente maschile della forza lavoro, mentre le donne continuano a perdere posizioni. Ma solo nei primi tre mesi del 2021, in Italia si sono persi 254mila posti di lavoro. E rispetto a febbraio 2020, ultimo mese prima della pandemia, gli occupati italiani sono quasi 900mila in meno, con il tasso di occupazione più basso di 2 punti percentuali.

Dall’esplosione del Covid in poi, l’occupazione è diminuita per tutti, ma il calo risulta più marcato tra i dipendenti a termine (-9,4%), gli autonomi (-6,6%) e i lavoratori più giovani (-6,5% tra gli under 35). Rispetto a febbraio 2020, nonostante il numero di disoccupati risulti stabile, il tasso di disoccupazione aumenta di 0,4 punti e il numero di inattivi è ancora superiore di oltre 650mila unità, con il tasso di inattività più alto di 2 punti.

Nel mese di marzo, il lieve segno più nell’occupazione è dovuto solo all’aumento degli occupati uomini, che crescono di 51mila unità. Mentre le donne registrano un ulteriore calo di 17mila posti di lavoro. Rispetto a marzo 2021, tra le donne si sono persi 377mila posti di lavoro. Gli uomini, in confronto, hanno perso la metà: -188mila.

Il calo dei disoccupati a marzo (-0,8% rispetto a febbraio, pari a -19mila unità) riguarda gli uomini e gli over25, mentre tra le donne e i giovani di 15-24 anni si osserva un aumento. Il tasso di disoccupazione scende al 10,1% (-0,1 punti) e sale tra i giovani al 33,0% (+1,1 punti). Vale a dire che un giovane su tre è disoccupato, ovvero che non ha un lavoro ma lo cerca.

Depurando i dati dalla componente demografica, salta all’occhio la forte crescita della disoccupazione tra gli under 50: una media di oltre il +45%, con +39,2% fino a 34 anni e un picco di +52,5% tra i 35 e i 49 anni. Un segno, forse, di ripartenza di chi si mette nuovamente alla ricerca di un lavoro.

A marzo, rispetto al mese precedente, diminuisce anche il numero di inattivi (-0,3%, pari a -40mila unità) a seguito del calo registrato per entrambi i sessi e per gli under35, che si contrappone all’aumento osservato invece tra le persone con almeno 35 anni.

E nonostante il blocco dei licenziamenti ancora in vigore, l’Istat segnala un calo di 38mila unità tra i contratti a tempo indeterminato. Con una crescita – in controtendenza rispetto ai mesi precedenti – di 63mila unità tra i contratti a termine e di 10mila unità tra gli autonomi. Un sintomo di come la ripresa sia guidata dall’incertezza sul futuro.

Se si guarda indietro di 12 mesi, i numeri sono ancora più allarmanti. Nel mercato del lavoro italiano, in un anno, si contano 212mila autonomi in meno e 103mila dipendenti a termine in meno. Ma sono spariti anche 250mila contratti stabili: un dato, questo, su cui incidono anche le nuove modalità di calcolo dell’Istat sulla forza lavoro, che considerano non occupato chi è in cassa integrazione da più di tre mesi.

Il livello dell’occupazione nel primo trimestre 2021 è inferiore dell’1,1% a quello del trimestre precedente, con una diminuzione di 254mila unità. Le ripetute flessioni registrate dall’inizio dell’emergenza sanitaria fino a gennaio 2021 hanno determinato un crollo tendenziale dell’occupazione di 565mila unità.

Questo articolo è stato pubblicato su Linkiesta il 30 aprile 2021

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