I giochi di parole a tema claustrale sono la regola di questa insolita estate bolognese forzatamente contingentata, messa in maschera, in sordina e anche dietro qualche sbarra, se consideriamo i recenti episodi di pornogoliardia con annessa maxi multa e la chiusura d’imperio di piazza S. Francesco. Dunque, eccoci alla simbolica riscrittura di luoghi su cui verte, partendo dal bel chiostro di Arena, la fetta organizzativa di estate bolognese di competenza ERT che, iniziata venerdi 24 luglio al quartiere Savena è destinata a chiudersi il 26 di settembre con un inedito evento in bilico tra basket e teatro presso il Fondo Comini, storico parchetto popolare della Bolognina.
In questi estremi spazio-temporali si gioca il senso vero di una rassegna che, seppur fortemente fuori dai canoni strettamente performativi che ci si aspetterebbe, non nasce come improvvisazione o rattoppo dell’ultima ora, bensi, in contiguità con il dipanarsi progettuale degli ultimi mesi, sta in tutta coerenza con lo spirito europeista del lavoro di ERT e con il necessario adeguamento delle forme pedagogiche imposto dalle vicende pandemiche. Quasi, insomma, il coronarsi di un percorso che per quanto principiato come impreveduto e imprevedibile, ora si delinea come preparatorio di un nuovo ciclo temporale che metta il teatro in senso più vasto e inclusivo possibile al centro. Ma al centro di cosa? Di una polis, che par di capire, ha ora l’ambizione di porsi oltre la narrazione del nucleo organizzato smart per rivelarsi a se stessa come comunità resiliente. Questo si evince dalle parole cariche di emozione dei relatori alla prima conferenza stampa di nuovo in presenza e ovviamente in sicurezza, ovvero Giuliano Barbolini, presidente Fondazione Ert, Claudio Longhi, direttore artistico e teorico per la Fondazione e Matteo Lepore, Assessore alla Cultura, ma con molte deleghe e altrettanta vocazione alla visione d’insieme. Naturalmente non solo c’è da immaginare un post covid, che impone di ripensare linee di sviluppo, ma anche, tra le righe, una progettualità per una futura e prossima amministrazione dell’area metropolitana, stante le scadenze elettorali del 2021. E l’Assessore rivendica una funzione cardine di tipo sociale al sistema culturale complessivo bolognese nelle sue articolazioni teatrali, cinematografiche e museali, chiamate ad uno sforzo sinergico di grande spessore simbolico, territoriale e sperabilmente anche produttivo. Il sistema culturale si pone in questa visione come biglietto da visita europeo, rinnovando per esempio per un futuro molto ravvicinato, auspice il lavoro di lunga lena con le istituzioni culturali catalane dell’ottimo direttore Longhi, quella sorta di gemellaggio in pectore con Barcellona, essa stessa alle prese con un complesso contenimento epidemico.
Ma non si tratta di fare vetrina e magari al contempo solidarietà, in un flusso virtuoso import-export di buone pratiche, che già sarebbe risultato significativo, ma di costruire un alfabeto valoriale per i tempi sempre più duri delle nostre società, già liquide ed ora ricondotte ad una materialità sotto stress di tenuta per vari aspetti, non ultimi quelli riguardanti l’esercizio della democrazia. Se non esiste una ricetta miracolosa che risponda a tutte le vulnerabilità, esiste comunque una pista di lavoro ben presente nei tratti distintivi della programmazione. Pista che ci porta nuovamente a decentrare, o meglio, a riscoprire il fiore all’occhiello locale del decentramento, si da portare l’istituzione culturale nei quartieri ribattendo colpo su colpo alle criticità portate dalle ragioni della salute pubblica e alle conseguenze immateriali e intellettuali del cosiddetto distanziamento, prima che si traduca in isolamento permanente e gap difficilmente colmabile. I soggetti, non semplicemente beneficiari ma direttamente coinvolti nel processo dialettico centro-periferia, sono d’elezione quei tanto bistrattati giovani che hanno patito pesantemente, ci ricorda Longhi, le condizioni verificatesi negli ultimi mesi e che continuano a pagare ipoteche sul bene più prezioso a loro disposizione: il Futuro.
Va da sé che in una cornice etica e valoriale cosi fortemente connotata politicamente, non si possa rigettare nulla di tutto il lavoro di rete e in rete svolto incessantemente durante il lockdown, di tutta la programmazione e pedagogia messe in campo da remoto da ERT con pratiche diffuse e condivise di audience development, teatro partecipato, laboratorio per ragazzi dagli 11 ai 25 anni. Lavoro denominato ” Cosi sarà! La città che vogliamo, nella sua fase uno”, finanziata con gli strumenti europei del PON –Metro per il periodo aprile-giugno e che ora svolta in fase due. La fase che chiamiamo “Dire più fare uguale fondare” e che ha il suo perno in incontri in presenza decisamente interattivi per i ragazzi distribuiti tra il Chiostro, appunto, e altri spazi cittadini. parchi, quali Cavaticcio, Lunetta Gamberini, Fondo Domini, piazza Spadolini. Giochi, letture, eventi sportivi e musicali sono il cuore delle programmazioni periferiche, mentre incontri con esperti ed intellettuali – rimarcando un grande ritorno sulla scena pubblica divulgativa e non solo, della Scienza, in accordo con la tendenza che anche la municipalità di Barcellona caldeggia – sono il fulcro delle programmazioni di Arena. Interattive perché effettivamente gli incontri con i relatori, pronti a soddisfare ogni curiosità, sono concepiti, condotti e moderati da ragazzi stessi sul modello di buone pratiche già sperimentate in quel di Modena sul cartellone teatrale. Grazie a collaborazioni estremamente strategiche con la rete dei Musei e l’Istituto Gramsci, i temi in oggetto spazieranno parecchio: dal caso egiziano, ospite il grande giornalista e vice direttore di repubblica Carlo Bonini con cui lunedi 27 luglio inaugura il Chiostro, alla nuova urban factory, al Forno del Pane, all’emergenza climatica, al ruolo dei giovani nell’Italia, post virus alla tenuta della democrazia, appunto, che vede ancora una volta l’ottima Urbinati politologa svolgere una tappa di una sua particolare forma di tournèè nei luoghi più aggreganti di questa anomala estate bolognese piena di interrogativi più che di risposte. Cosa particolarmente vera per ciò che riguarda un po’ di Storia, dopo tanta attualità, la storia contemporanea quella più difficoltosa da conoscere per tante ragioni. Tuttavia, al netto delle polemiche sempre insorgenti sulla documentazione processuale e sulla manifestazione, Anche la tragica ricorrenza del 2 agosto, cosi identitaria per la nostra comunità troverà una forma di approfondimento con una produzione documentaria naturalmente giovane dal titolo: “2 Agosto, le parole mancanti” che andrà in prima visione alle 21 e 30 sulla pagina”Dire più fare” dal sito di Ert on Air. Vista l’enfasi data ai luoghi, anche le sedi fisiche della Cultura, dopo tanta immaterialità, hanno la loro importanza e questo viene rimarcato quasi con puntiglio dall’ assessore che annuncia una riconsiderazione del patrimonio culturale cittadino anche dal punto di vista immobiliare.
Anche Arena, rientrerà in questo disegno, in favore di una ristrutturazione che ottimizzi gli spazi esistenti finora sottoutilizzati a sostegno di un teatro come cuore pulsante cittadino. Ma anche come a dire che qui, a Bologna, si rilancia sempre e le sterili lamentazioni si rispediscono ai mittenti: dove ci sono criticità, ci sono anche opportunità di innovazione e di esercizio di immaginazione civica, mettendo in rete tra la pianura e l’Europa che può drenare risorse per il fare, che si sa, è la nostra febbre.