di Massimo Villone
Il Tar Calabria ha bocciato senza se e senza ma l’ordinanza della presidente Santelli sull’apertura anticipata di bar e ristoranti. Dalle prime notizie, appare che il giudice amministrativo si sia pronunciato non solo sull’atto, censurandone le mancanze in punto di motivazione, ma anche sulla spettanza del potere. Una pronuncia che rispetta il diritto e il buon senso.
Una pandemia non si affronta in chiave di localismi. Un virus non rispetta confini e non legge ordinanze. Cosa che i calabresi – a differenza della presidente Santelli – hanno capito perfettamente, vista la ampia e spontanea disapplicazione che a quanto si apprende l’ordinanza ha ricevuto.
Perché Boccia non ha utilizzato il potere di sostituzione attribuito al governo dall’articolo 120 della Costituzione, e poi disciplinato dalla legge 131/2003? In una intervista al Messaggero del 3 maggio alla domanda «potevate revocare l’ordinanza?» risponde «Sì, con i poteri sostitutivi, siccome però abbiamo voluto essere rigorosi ma collaborativi, impugnando diamo alla Santelli ancora una chance». Argomento debole. Ma in linea con la strategia di appeasement che il ministro mostra di preferire, come è accaduto con l’autonomia differenziata.
Un altro attacco viene ora da Bolzano. Per lo statuto – approvato con legge costituzionale – le province autonome hanno ampi poteri legislativi. Con propria legge la provincia di Bolzano ha anticipato praticamente tutte le riaperture. Bisognerà fare ricorso alla Corte costituzionale.
A quanto si apprende, Boccia sarebbe orientato verso un ricorso parziale. La potestà legislativa provinciale su sanità, assistenza, commercio incontra, per lo statuto, il limite dell’interesse nazionale, nonché dei principi dell’ordinamento o delle leggi di principio statali. Ma il ricorso sarebbe di fatto inutile, essendo difficile giungere a una pronuncia in pochi giorni prima delle riaperture in via generale. Intanto, la legge rimarrebbe vigente.
La legge di Bolzano è atto emblematico delle spinte centrifughe che vengono dal Nord del paese.
Ed è una spinta bipartisan. Sul quotidiano Adige del 9 maggio scrive Giorgio Tonini, oggi consigliere provinciale di opposizione e già per molti anni parlamentare Ds e Pd, e titolare di cariche di rilievo in entrambi i partiti. Chiama a una santa alleanza tra opposizione e maggioranza (Svp e Lega), in provincia e tra i parlamentari nazionali, per strappare a Roma migliori condizioni nel tempo della pandemia.
Accade che le regioni a statuto speciale hanno un regime fiscale di privilegio, con una compartecipazione ai tributi concettualmente non dissimile da quella chiesta da altri nell’inseguimento dell’autonomia differenziata. Calando le entrate tributarie per la pandemia, ne riceverebbero un danno. Si cerca un paracadute, affiancando alla compartecipazione calante meccanismi compensativi, dallo Stato. Avrebbero detto i latini cuius commoda eius incommoda.
Qui invece i commoda (i vantaggi) sono per le regioni speciali, gli incommoda (gli svantaggi) per qualcun altro.
L’attacco di Bolzano è grave perché accrescerà le spinte per il fai da te da parte delle altre regioni, e rimetterà in campo il tema di una maggiore autonomia assimilabile a quelle speciali, da sempre obiettivo ad esempio del Veneto.
Non stupisce che Bonaccini assolva Bolzano da ogni peccato (Libero, 9 maggio). Se poi aggiungiamo la richiesta delle regioni che siano gli organismi tecnici regionali a dettare tempi e modi per affrontare la crisi, abbiamo la sensazione che sia venuto il tempo di ripensare l’Italia delle repubblichette.
Magari scrivendo una chiara e generale clausola di supremazia dello Stato, che valga per tutti. Il Titolo V riformato cancellò nel 2001 l’interesse nazionale come limite alla potestà legislativa delle regioni ordinarie. Fu un errore. Dobbiamo prendere atto che senza il riconoscimento di un interesse nazionale in ogni momento prevalente una Repubblica una e indivisibile non può esistere.
Questo articolo è stato pubblicato su Ilmanifesto il 9 maggio 2020