Skip to content

Capire la "Bestia" e poi evitarla

di Thierry Vedel
Le recenti elezioni in Emilia-Romagna ci offrono uno spunto di riflessione su un tema che travalica i confini regionali e nazionali: la comunicazione politica ai tempi del digitale. La forte campagna mediatica condotta a colpi di tweet e di like sui social, basti pensare all’episodio “del citofono” che ha visto coinvolto Matteo Salvini, non ha prodotto i risultati sperati.
L’esito elettorale fa riflettere rispetto a una correlazione che davamo per scontata: l’utilizzo massivo di fake news nella campagna elettorale e la vittoria delle elezioni. Ecco che la sconfitta della Lega desta sorpresa. Se รจ opinione generale che le ultime elezioni presidenziali americane siano state vinte da Donald Trump proprio per l’uso massiccio di informazione distorta bisogna comprendere come mai questa volta non abbia funzionato.
Prima del 2016 nessuno parlava di fake news. Il termine non esisteva: nรฉ in ambiente accademico nรฉ nei dibattiti pubblici. Questa circostanza riflette la peculiaritร  della situazione attuale. Nonostante ormai si parli di fake news quotidianamente e siano state spesso al centro dell’attenzione dell’opinione pubblica, non hanno ricevuto la medesima attenzione da parte degli specialisti. รˆ necessario quindi riflettere sul tema per tentare di definirne la storia e le caratteristiche peculiari.
Prima della celebre coniazione di Sharyl Attkisson, giornalista d’inchiesta americana, ciรฒ che ora ha un termine proprio veniva semplicemente chiamato nella letteratura sociologica disinformation o misinformation.
Ogni fase storica ha visto l’utilizzo frequente della propaganda, basti pensare all’uso che รจ stato fatto di strategie persuasive di comunicazione nel secolo scorso. Quindi che cosa รจ cambiato? Come mai un fenomeno tanto legato alla stampa quanto al digitale ha assunto i caratteri omnipervasivi delle fake news? L’avvento dei social coinvolge la modalitร  di comunicazione politica, i rapporti tra cittadini e leader, tra rappresentanti e rappresentati, tra produttori e consumatori di notizie.
La nozione di fake news non rappresenta solo il tipo di contenuto, quello “mendace”, ma coinvolge la modalitร  in cui il contenuto รจ veicolato. Se infatti la propaganda esiste “da sempre” le potenzialitร  del digitale ne hanno aumentato la portata. L’estensione globale dell’informazione, la velocitร  nella trasmissione e la mancanza di intermediari che possano fungere da garanti hanno messo in discussione la nostra stessa capacitร  di distinguere le bufale dalle notizie vere.
Per rispondere alla gravitร  di questa circostanza sono state fornite diverse soluzioni al problema: basti pensare alla controversa legge anti-fake news di Singapore o alla recente legge francese, approvata definitivamente il 20 novembre 2018, che prevede che sia un giudice, su richiesta dei candidati alle elezioni, a stabilire se una notizia sia vera o falsa, provando cosรฌ a ridare allo stato il potere sulla legittimitร  dell’informazione. Se esistono le leggi รจ tuttavia quasi impossibile applicarle.
Da un lato la diffusione di notizie si estende globalmente e attraversa paesi con legislazioni differenti, dall’altro la diramazione di queste informazioni impedisce di imputare a un singolo la responsabilitร  dell’emissione. Stessa sorte hanno le soluzioni proposte dai gestori di piattaforme: nรฉ i moderatori nรฉ i meccanismi di riconoscimento algoritmici sono stati in grado di impedire la diffusione in diretta del massacro di Christchurch, l’attacco in Nuova Zelanda a due moschee che ha portato alla morte di 49 persone.
L’inefficienza di queste soluzioni risiede nella modalitร  di risposta a questo fenomeno: politici, esperti, specialisti del settore si sono sempre interessati al lato dell’offerta di fake news: di chi le produce, le diffonde e con quali scopi. Tuttavia se risulta impossibile regolamentare questo fenomeno data la sua complessitร  รจ necessario rivolgersi al lato della domanda. Perchรฉ oggi รจ sempre piรน diffuso il bisogno da parte degli utenti non solo di consumare fake news ma di crederci ciecamente?
รˆ interessante notare allora che piรน che un’eccezione o un caso fortuito, la ragione della nostra propensione a credere in queste notizie risiede nel modo del nostro cervello di interpretare le informazioni. Di fronte a problemi cognitivi complessi il nostro cervello adotta shortcuts, scorciatoie euristiche, che ci permettono di fare inferenze sulla probabilitร  che uno stimolo appartenga a una determinata categoria. Di fronte a una notizia complessa adottiamo allora meccanismi di semplificazione: dopo una lettura superficiale interpretiamo il contenuto del messaggio sulla base dei nostri schemi precedenti senza verificare ogni volta nel dettaglio la veridicitร  della fonte.
Nel mondo digitale in cui siamo bombardati di notizie e in cui il rischio di “sovraccarico” รจ reale preferiamo affidarci a messaggi che fanno appello alle nostre emozioni piuttosto che quelle che veicolano un contenuto complesso. รˆ cosรฌ che invece di analizzare razionalmente il contenuto di un messaggio leggiamo solo notizie che confermano ciรฒ in cui crediamo.
Ecco perchรฉ molti politici populisti non provano a trasmettere informazioni razionali, ma favole caricate emotivamente, al fine di lasciare un’impressione duratura ai destinatari. Allora come mai queste elezioni sono andate diversamente da quello che ci aspettavamo?
Non รจ ancora chiaro come una fake news possa influenzare il risultato elettorale, รจ tuttavia evidente che la comunicazione politica veicolata attraverso messaggi emozionali รจ efficace. L’unico modo per evitare che influenzi la nostra vita รจ allora reimparare a dare un peso a ciรฒ che leggiamo, nella consapevolezza che un’educazione allo spirito critico รจ l’unica soluzione possibile.
Questo articolo รจ stato pubblicato dal Fatto Quotidiano il 29 gennaio 2020

Aiutaci a diffondere il giornalismo libero e indipendente.

Articoli correlati

spoleto
di Paul B. Preciado /
hooks
di bell hooks /
guattari_ Fernando-Saraiva
di Franco Berardi Bifo /