Luciana Castellina: "Non è una sconfitta: Alexis Tsipras ha retto all'urto"

9 Luglio 2019 /

Condividi su

di Tommaso Rodano
Luciana Castellina, qual è il significato della sconfitta di Alexis Tsipras? “Io non la chiamerei sconfitta. Certo, è stato un epilogo amaro: Tsipras perde il governo dopo aver guidato il suo Paese negli anni più terribili. E lo ha fatto con coraggio, rinunciando alle decisioni demagogiche. Si è rifiutato di ascoltare chi gli diceva di uscire da tutto: la Grecia sarebbe affondata nel Mediterraneo in tre giorni, non avrebbe potuto nemmeno più pagare il carburante. Ha combattuto e tentato di distribuire nel modo più equo le misure durissime, da mascalzoni, imposte dalla Troika. Che peraltro servono a ripagare un debito fatto dal partito di Mitsotakis e dai governi precedenti. Cioè i nuovi vincitori”.
Sta descrivendo una sconfitta, appunto.
Questo partito (Syriza, ndr) 10 anni fa aveva il 4,6%. Poi è andato al governo, ha vinto due campagne elettorali consecutive ed è sopravvissuto a una sfida così tremenda, in fondo, senza perdere nemmeno troppo consenso: sono passati dal 36% al 31,6%. Malgrado una campagna mediatica forsennata contro, sono ancora il partito di sinistra più forte d’Europa.
Ad Atene nel 2015 in migliaia in piazza ballavano, cantavano Bella Ciao, c’era l’idea di andare a sfidare il potere costituito: la vittoria di Tsipras fu la speranza di cambiare l’Europa. Un’idea tradita, non crede?
Ma cosa poteva fare? Ricorderà che nella notte decisiva della trattativa con l’Europa Tsipras si tolse la giacca, affranto, come a dire: “Prendetevi pure questa”. Mitsotakis non sarà trattato così: è uno dei loro. Tsipras ha avuto il coraggio dell’impopolarità. Ha tirato fuori la Grecia da una situazione di schiavitù, di mancanza di sovranità. È riuscito a restituire al suo Paese una po’ di margine d’azione, a liberarsi dalla Troika.
Il suo ex ministro dell’Economia, Varoufakis, lo invitava ad andare fino in fondo.
Bel consiglio. Come lui, anche i comunisti del Kke gli dicevano di “rompere tutto”. Tsipras è stato responsabile. Quando non hai abbastanza forza, non puoi sbattere la testa contro il muro.
Lo sta descrivendo come un bravo politico riformista. Chi lo votava forse si aspettava altro.
Il fatto più grave e triste è che ora la gente non crede più che si possano cambiare le cose. La democrazia e le elezioni sono svuotate di importanza, le persone sono convinte che le decisioni si prendono altrove, i Parlamenti non contano più nulla.
La sconfitta di Tsipras non ne è la prova?
Tsipras è stato lasciato solo. Nessuno dei governi mediterranei che potevano avere interesse a dargli una mano (tra cui l’Italia di Renzi) l’ha fatto. Ripeto: che alternative aveva?
Era stato lui a promettere lo scontro frontale.
Non ha mai detto che sarebbe uscito dall’euro, ma che sarebbe andato fino in fondo nello scontro con l’Unione Europea. L’ha fatto, ci ha provato. Non aveva margine. Le pare che la Grecia avrebbe potuto uscire da sola? Le sembra che avrebbe potuto ambire all’autosufficienza?
È stato Tsipras a prometterlo, o no?
Ci ha provato. Uscire sarebbe stata una follia. Non c’è niente da fare: l’Europa è brutta quanto ci pare, ma è l’unico terreno di lotta possibile. Da sola nemmeno la Germania avrebbe alcun peso. È come se dicessi che siccome il regno dei Savoia non mi piace, sarebbe meglio tornare ai Borboni. I movimenti progressisti hanno deciso di combattere su quel terreno, non fuori. Che ci piaccia o no.
Questo articolo è stato pubblicato dal Fatto Quotidiano il 9 luglio 2019

Aiutaci a diffondere il giornalismo libero e indipendente.

Articoli correlati