Il grande balzo in avanti, magari a cavallo: Bologna e il bilancio di Biografilm

9 Luglio 2019 /

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di Silvia Napoli
Com’è stata questa edizione di Biografilm? Chiuse le programmazioni del Bio Parco mentre scrivo, da una manciata di giorni, come pure le ultime repliche a grande richiesta del pubblico, equamente suddivise tra cinema centrali e più periferici, possiamo a ben vedere dire che il Biografilm non è mai terminato o che comunque i suoi lasciti di medio-lungo periodo ci accompagnano e continueranno a farlo per parecchio tempo.
Andrea Romeo, già ragazzo prodigio della satira e della critica cinematografica, poi giovane organizzatore e curatore del Future film festival, infine pirotecnico creatore del Biografilm, che ha saputo portare quel pizzico di glam e di divertimento internazionale un po’ apripista di una precisa volontà di sprovincializzare Bologna con juicio, un po’ la cifra di questi ultimi anni della nostra città in trasformazione, lascia ma anche no e in un certo senso non si accontenta di raddoppiare, ma moltiplica.
Si moltiplicano infatti come già abbiamo sottolineato in precedenti articoli, le sale cinematografiche di bella presenza per cosi dire e fanno rete tra loro praticamente tutto l’anno dandosi la staffetta e creando un circuito cinematografico polifunzionale e virtuoso che riceve linfa certo dalle celebrate attività della Cineteca, ma anche dalle produzioni e distribuzioni targate I Wonder pictures, il brand nato dall’incontro tra Romeo e Unipol, sempre più lanciato nella definizione e promozione di un particolare mercato audiovisivo in ascesa che potremmo definire di microstorie significative dei giorni nostri.
In pratica, non dovremo grazie a questa indagine incessante sui nostri mille diversi tempi presenti, chiederci malinconicamente cosa resterà dei nostri anni, parafrasando una nota canzone pop di qualche anno fa, perché, in qualche modo, mixando ingredienti apparentemente distanti tra loro come il fiuto commerciale, il rigore estetico e la coscienza civile, di fatto viene a crearsi una sorta di repertorio creativo, fatto per sedimentarsi e poter essere studiato: l’occhio è sempre vigile nella tensione tra valorizzazione, produzione e pedagogia, perché si sa, Bologna è città formativa per eccellenza, palestra di talenti che bisogna imparare a coltivarsi e infatti l’altra prodigiosa invenzione del sistema Biografilm è di accompagnare un possibile percorso di crescita, formazione e professionalizzazione che trasforma non magicamente, ma per opera artigianale, il giovane spettatore in volontario Guerrilla, poi fruitore delle borse studio per masterclass cinematografiche, poi magari tra una competenza e l’altra si arriva a girare il fatidico docu e portarlo in concorso, come appunto è accaduto quest’anno.
Viene ribadito in tutte le salse che uno dei segreti della riuscita del festival sia la magica partecipe atmosfera bolognese, ma è in verità la capacità di Romeo, che ha scelto, come spesso puntualizza, di vivere qui, di integrarsi nel sistema cultura, conoscerene i gangli alla perfezione e saperli al meglio interpretare e tradurre fuori dalle mura cittadine, la spezia caratterizzante del tutto.
L’ultima tranche di questa kermesse che potremmo definire un motore di ricerca, ha riservato non poche chicche e sorprese a partire da una cerimonia di premiazione off the record, in qualche modo, piena di serietà e consapevolezza ma senza fronzoli e inutili pompe nello scenario suggestivo dell’oratorio s Filippo Neri. qui si sono materializzati i musicisti di fama, tra cui un Hugo Race in grande spolvero, protagonisti di un docu presentato nel corso della rassegna. C’è tanta commozione in giro, tanta incredulità tra i vincitori, qui si è consapevoli del fatto che le scelte avvengono a volte con un misto di imprevedibilità e tigna appassionata, di cui sono compartecipi giuria e concorrenti.
I ringraziamenti e riferimenti alle famiglie si sprecano:saranno anche talvolta disfunzionali ma sono un aggancio e un punto di partenza spesso imprescindibile per l’autobiografismo di diversi giovani autori, come nel caso del talentuoso figlio della icona trasversale agli ambiti e ai continenti, Benedetta Barzini, Beniamino Barresi, che fa incetta di premi dedicando un appassionata coverstory alla studiata volontaria sparizione di sua madre, sovraesposta sin da giovanissima.
Due sono le tendenze significative che possiamo rintracciare nei principali riconoscimenti assegnati: una forte presenza autoriale femminile che spesso si esprime in coppie tra regia e sceneggiatura e una attenzione alle ricadute tragiche, devastanti di eventi conflittuali e migratori senza dimenticare il disastro emotivo di tante nostre periferie.
Dal punto di vista più strettamente cinematografico il festival in buona sostanza si chiude cosi come si era aperto, con il tocco commercial intelligente di un french touch su cui puntare anche evidentemente per le prossime riproposizioni popup dell’autunno inverno. Non mancano guizzi documentari encomiabili per illuminare punti dolenti della nostra storia recente, come accade prima con il film su Maltoni di Rossi e Mellara eppoi col l docu classico ’80 “di Grignaffini-Conversano, che celebra un compleanno traguardo per il professore più professore di tutti, quel Romano Prodi, non si sa fino a che punto propheta in patria, che diventa emblema di una stagione politica irripetibile.
Poi, però dopo qualche rapido umidor di ciglia, si passa alla visione tonificante di una sorta di fiction noir senza cadaveri, che è anche spietata analisi del mondo editoriale francese oltreché raffinato divertissement letterario. E davvero questo microcosmo fatuo, colto, mondano, deve essere ossessionante per il mood d’oltralpe attuale, se anche un altro successo targato popup, della appena trascorsa stagione, il delizioso Gioco delle Coppie, di Assayas, sotto le mentite spoglie di una commedia erotica metteva in scena ciniche editors vaporose e arriviste come da clichè, maschi tontoloni e vanitosi quanto basta da lasciarsi soggiogare. qui il valore aggiunto è dato dalla flamboiante interpretazione di quel Fabrice Luchini, che ospite del festival ammannisce proclami leggermente sopra le righe al pubblico, declamando letteralmente le sue origini italiane in un modo che non può che rammentare il trombonismo francese da Comedie Francaise e siamo pronti a giurare che ci siano due versatili facce della medaglia Luchini, quella cinematografica e quella teatrale.
Ma infine, a parte il doveroso riconoscimento alla costanza e alle scelte di un pubblico fidelizzato composto in prevalenza di followers, ben prima che il termine entrasse nel parlato della casalinga di Voghera, ciò che cattura l’attenzione della stampa è la presentazione pubblica di quella Lena Pasanen finnica, che ha già preso casa a Bologna e che si appresta ad affiancare Romeo nella prossima stagione eppoi a prenderne il posto per la durata di due contratti.
Lena Pasanen appare solida, spiccia e senza tanti preamboli passa ad elencare gli atouts che le fanno preferire lasciare la guida di uno dei più prestigiosi festival mondiali dedicati all’audiovisivo documentario, quello di Leipsig, che coinvolge gli spazi della vecchia stazione ferroviaria, per venire ad affrontare quella che solitamente si definisce come sfida. In verità contribuisce dopo un ventennio, un po’ l’inevitabile logoramento, che non sembra affliggere Romeo, che dà l’idea di essere semplicemente avanti anche nell’arte di lasciar andare per il mondo le proprie creature metaforiche, un po’ conta il fatto che la Finlandia sarà anche un posto per naturisti ma fa freddo e ci sono un sacco di zanzare.
Pasanen ha forse buone speranze di schivare le nostre temibili consorelle della bassa perché precisa di voler acquistare col suo compagno italiano, coinvolto nella organizzazione del Torino FILM Festival, una casa colonica in quel di Grizzana Morandi e di portarci i suoi amati cavalli. Pasanen era già tra noi nei giorni del festival ed ha potuto apprezzare il clima disinvolto che fa a meno dei tappeti rossi, le location magnifiche, la sottolineatura contemporanea data dalle numerose parentesi musicali, l’attenzione all’aspetto food e conviviale che non guasta, l’unicum rappresentato appunto dai volontari del Guerrilla Staff, da questo pubblico competente, entusiasta fedele, cresciuto in questi 15 anni, ma in costante rinnovamento che non ha paragoni in Europa e che rende il Biografilm una rassegna relativamente giovane, ma già matura per spiccare un vero salto internazionale, quella presenza di corrispondenti e critici e compratori esteri che tutti attendono, auspicano e sentono qui di meritare.
Pasanen si presenta come donna entusiasta, sicuramente appassionata del suo lavoro, ma anche concreta e certamente ha compreso che la macchina è molto oliata, tutta la squadra affiatatissima e, insomma, è difficile trovare in giro situazioni che quando puntano su una figura femminile, non sia perché disastrate, da tenere in qualche modo in piedi con molti sacrifici. Qui al genio femminile vogliono crederci un po’ di più e trappoloni in agguato non sembrano esserci. La fase è ascendente nonostante tutte le difficoltà oggettive perché Romeo in tutti questi anni è riuscito a fare cose di nicchia con lo spirito di chi può anche inventarsi un mainstream diverso ed ha evitato tutti i vezzi autoreferenziali e marginali tipici di quelle situazioni intraprendendo, appunto, la via del POP virtuoso. Quel che è certo è che per ora Bologna, nascondendo la palpabile commozione per la fine di un momento, intratterrà come d’abitudine un bel periodo di luna di miele con la curatrice venuta dal nord:si sa che le novità ragionate e da fuori qui piacciono sempre tanto in prima battuta.

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