Caro diario, cercavo lavoro ma è finito

7 Maggio 2019 /

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di Francesca Fornario
1991. Caro Diario, comincio il liceo. Papà e mamma non hanno completato gli studi perché sono andati in fabbrica. Dicono che io, invece, posso ambire a un impiego pubblico che è il più sicuro: “Ci sono tante aziende pubbliche: Iri, Eni, Enel, Italsider…”.
1992. Caro Diario, sono stata promossa. Papà e mamma dicono di sbrigarmi per l’impiego pubblico perché Amato sta svendendo ai privati Iri, Eni, Enel, Italsider, Telecom, Banca di Roma. Dice papà che, se non corro, privatizzano pure la sanità, la scuola, le ferrovie o la rete idrica! A papà piace scherzare. La sanità privatizzata? Con i medici che ti impiantano protesi per far soldi invece che per curarti, come un concessionario che ti vende l’auto nuova pure se quella vecchia cammina ancora? Mamma dice che il Pds non lo permetterà mai.
1997. Caro Diario, mi sono diplomata e sono all’università. Papà dice di sbrigarmi con quel posto fisso perché è diventato interinale. Lui non ha capito bene cosa vuol dire, ma io che ho fatto il classico sì. “Ad interim” significa frattanto. Il ministro Treu dice che così i disoccupati possono lavorare nel mentre che trovano il lavoro. Mamma ha scritto una lettera a Occhetto per domandargli spiegazioni: “Segretario, il posto fisso non c’è più?!”.
1998. Caro Diario, il Pds non c’è più. Il segretario dei Ds Massimo D’Alema conferma che l’era del posto fisso è finita.
2000. Caro Diario, mi sono laureata e ho trovato lavoro. Un co-co-co. Guadagno poco e non ho le ferie, ma l’azienda dice che è una fase e devo fare la gavetta.
2003. Caro Diario, l’azienda aveva ragione, il co-co-co era una fase. Ora mi hanno fatto un co-co-pro, introdotto dalla Legge Biagi: me lo fa l’agenzia interinale. Non ho ancora le ferie pagate e la banca non mi dà il mutuo. Fino a quando avrò un contratto a progetto non potrò fare progetti, ma tengo duro per finire la gavetta.
2005. Caro Diario, l’azienda è molto soddisfatta di me: vuole che continui a svolgere il mio lavoro. Mi ha chiesto di aprire la partita Iva. Ho fatto carriera, sono diventata imprenditrice.
2006. Caro Diario, ho chiuso la Partita Iva. Papà mi ha prestato i soldi per la gestione separata dell’Inps. L’azienda deve ancora pagarmi le fatture del 2005.
2007. Caro Diario, mi hanno assunta con un part-time a tempo determinato. In realtà lavoro a tempo pieno, ma solo fino a quando non finisco la gavetta.
2008. Caro Diario, mi hanno rinnovato il contratto!
2009. Caro Diario, mi hanno rinnovato il contratto! L’azienda è molto soddisfatta di me. Allo scadere del contratto, mi fanno l’indeterminato e chiedo il mutuo.
2011. Caro Diario, aspetto un bambino. Mamma ha detto che mi dà una mano lei l’anno prossimo quando va in pensione.
2012. Caro Diario, l’azienda non mi ha rinnovato il contratto. Meglio così perché mamma non va più in pensione, le hanno aumentato l’età pensionabile.
2014. Caro Diario, ho ripreso a lavorare saltuariamente per l’azienda con i voucher. Sono contratti che si comprano dal tabaccaio. Mamma ha scritto a Renzi per chiedere spiegazioni.
2015. Caro Diario, grazie agli incentivi del governo, l’azienda mi ha assunta a tempo indeterminato! Con il contratto a tutele crescenti. Aspetto un secondo figlio!
2016. Caro Diario, “tutele crescenti” si intendeva che potevano licenziarmi. Mamma ha scritto a Renzi per mandarlo a quel paese.
2019. Caro Diario, ho fatto domanda per il reddito di cittadinanza. Qualche centinaio di euro in cambio di 8 ore di lavoro a settimana, che è all’incirca la paga oraria del co-co-co del 2000. Nel frattempo, forse, mi trovano un lavoro. Dovrò accettarlo anche se fosse a 800 chilometri da casa. In quel caso vado all’estero, che è più vicino e mi pagano di più. Quando mi saldano le fatture del 2005 compro il biglietto.
Questo articolo è stato pubblicato dal Fatto Quotidiano il 4 maggio 2019

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