di Silvia Napoli
Difficile parlare compiutamente di Camere d’aria, un progetto matrioska, uno spazio grande 600mq di felicità progettuale..in ex comodato d’uso, parafrasando il titolo di un recente lavoro teatrale di successo, se non partendo da molto lontanto, da più di 20 anni fa. E dalla caparbietà teutonica ma visionaria e internazionalista di Lydia “Carovana” Buchner, attivista di un mondo a misura di futuro, forse oggi almeno intenzionalmente più vicino nelle coscienze di tanti.
Erano i tempi allora di PartotParata, un evento simile ad un happening circense per grandi e piccini, trasmigrante in diversi spazi urbani, popolare e liberatorio nelle forme espressive, ma eticamente e ambientalmente sostenibile, diversamente, almeno nella percezione comune, da altre parate-rave decisamente piu lisergiche e acusticamente impattanti, molto discusse peraltro sulla stampa e nei consigli comunali di allora.
Una sorta di carnevale di primavera pacifista e colorato, quello di Lydia,animato da diverse arti performative e dunque preparato pazientemente in mesi di laboratori decentrati aperti e aggreganti, specialmente nelle periferie che allora erano i “quartieri”, prima che venissero definite da un immaginario da ghetto o banlieu. Cosi ad un certo punto si decise di dare una casa a questa attività e anche contestualmente ad una derivazione foodie, la Festa della Zuppa, mitico contest a colpi di mestolo, versione semi goliardica di una cucina popolare ed egualitaria, auto organizzata tra singoli e associati, uniti dal sacro fuoco della sbobba. Una sorta, se vogliamo di ritorno alle feste medievali, ma cambiato di segno, rispetto ai fasti, si fa per dire,della porchetta gettata bollente dall’alto del Palazzo al volgo avido e sgomitante, che qui si fa invece artefice e destinatario insieme di prelibati esperimenti culinari a tema.
Cosi, per un anno, Lydia e soci, una quindicina di persone raggruppate nella associazione Oltre, ebbero libero accesso a questa costruzione a due piani, originariamente in realtà molto più estesa, ex magazzino per la produzione della Canapa acquisito appunto in parte dal Comune per scopi sociali, mai compiutamente realizzati in proprio secondo i principi e le delibere originari. Un posto davvero suggestivo, cosi urbano appunto, per certi aspetti, adiacente alla Ferrovia che passa da via Guelfa, ma anche con l’aria da sobborgo artigiano di trasformazione proto-vintage industriale e dotato di una bella visuale appena si salga sul terrazzo solatio, che non guasta.
Obiettivi sociali comunque invece agiti dai nostri amici, che superato anche un bando pubblico, sottoscritto un contratto d’affitto, si misero poi a rendere agibile il luogo, che non aveva allacci di sorta ed impianti a norma. Fa tutt’ora freddino a Camere d’aria, nelle serate più rigide, ma il calore umano, il vin brulè, le focacce al volo di farina di ceci che si trovano qui, dove in cucina lavora sempre qualcuno, non si possono trovare facilmente altrove.
Possiamo dire che Camere d’aria, con la sua filosofia del riuso, dei pranzi sociali, della ciclofficina che insegna a chi ne abbia bisogno o semplicemente lo desideri a riparare o customizzare il proprio mezzo a due ruote, con le sue ospitalità e residenze, con i mille lavori che qui si fanno e imparano a fare, è quanto di più simile ad una esperienza da post comune metropolitana europea che si possa avere.
-Non siamo una startup, non abbiamo sponsor, perché la nostra filosofia dei beni in comune ci diversifica da tutto questo: qui difficilmente c’è un prezzo fissato per qualcosa, il più si fa ad offerta libera e riusciamo anche ad organizzare attività culturali senza soldi, perché offriamo lo spazio cosi tranquillo per fare, stare, provare, discutere, afferma Lydia con inossidabile ottimismo.
Le parate non riusciamo più a farle perché è diventato tutto troppo complicato. troppo obblighi di legge per la sicurezza e troppo investimento organizzativo tutto sulle nostre spalle. La zuppa, veicolata stavolta in rete da un promo video carinissimo che ne articola bene la filosofia, pubblicizzata da un manifesto dalla grafica accattivante e scaramantica è saltata per due anni, ma quest’anno ritorna il 5 maggio confidando nella benevolenza sonnolenta di Giove Pluvio al parco del Pilastro. Anche qui le beghe organizzative e burocratiche sono comprensibilmente tantissime, ma ci pare giusto, nella città del cibo per eccellenza, organizzare qualcosa di veramente dal basso.
Come per magia, è riuscita anche a sedimentarsi in tre anni una rassegna teatrale, che oggi vanta un approdo critico e orientativo di eccellenza individuato in alcuni membri redazionali di NEURADIO, emittente nuova di zecca, ma provatissima nelle esperienze professionali, la giuria popolare chiamata ad esprimersi senza filtri, un comitato organizzativo competente e agguerrito che comprende Silvia Cerpolini, Claudia Marchetti, Lydia stessa, Giovanni Martucci, Pasquale Faraco, la performer argentina Ana Virginia Klem. Come si può constatare nomi ben noti dell’ambiente video teatrale innovativo.
Cosi, di aria, nelle nostre stanze, contro l’asfissia ecosistemica, ne circola un bel po’, ben oltre, appunto, quella delle pompe da bicicletta. Aria fresca e giovane perché il call che viene lanciato per scegliere i lavori da mettere in rassegna,quest’anno ne sono arrivati trenta, presuppone drammaturgie nuove, non ancora depositate in SIAE. Ciò che viene offerto, è una permanenza in loco almeno di una settimana, per provarsi e ambientarsi. Un lusso non usuale per gruppi da poco formati o addirittura a geometria nomade e variabile come nel primo caso della rassegna, in cui le performers erano spagnole e argentino il regista. Dopodiché, gli eventi sono ad offerta libera e il 70 per cento di questo introito va alle compagnie.
Infatti, nonostante la dignitosa povertà di mezzi, finora non abbiamo assistito a piccole mise en lecture per voce sola, come talvolta accade anche per mancanza di mezzi, ma a lavori di gruppo drammaturgicamente ricercati per vari aspetti e momenti, anche se magari da sviluppare e affinare. È infatti sull’orlo del precipizio che l’equilibrio diventa massimo, come recita il suggestivo titolo della programmazione ribadito anche graficamente nella locandina e infatti hanno dimostrato di saperlo cercare gli artisti visti fin qui:la succitata Turba, con Sarah y Maneh, delirio apocalittico per due sopravvissute barbies robot addobbate di materiale riciclato postcatastrofe e la compagnia la Petit Mort, di Milano che con Money, ha saputo creare una grottesca partitura corale che declina la precarietà della vita, dei sentimenti e dei tempi in una sorta di sceneggiatura molto filmica, resa plausibile dal “fregolismo” dei giovani interpreti, pronti a scambiarsi di ruolo e di coppia in tempo reale e in scena, con effetti esilaranti, a dispetto del sottotesto quasi crepuscolare.Mancano ancora tre appuntamenti, che ci porteranno alle soglie dell’estate.. Molto atteso è questo impegnativo lavoro ad opera di Nicola Bruschi e Sara Brugnolo da Bologna, titolato ad Anna Fischer Dueckelmann, straordinaria figura di medico ginecologo davvero in anticipo sui tempi. Qui si attende un grosso lavoro sull’impianto di scena, date le competenze di Nicola Bruschi, docente all’accademia di Belle Arti, al quale abbiamo rivolto qualche domanda mentre principiava il periodo di residenza pre-spettacolo.
Abbiamo cosi potuto scoprire che questa figura femminile di pregevole divulgatrice e igienista ante litteram è sempre esistita nell’immaginario di Bruschi perché il suo manuale di precettistica igienico-sanitaria al femminile, un tomo di oltre mille pagine stampato in diverse lingue negli anni 90 dell’ottocento, faceva parte della biblioteca familiare tramandata di generazione in generazione ed è anche dotato di splendide raffigurazioni ad incisione, vuoi di apparecchiature mediche, vuoi di pratiche ginniche, compresi i famosi esercizi per il pavimento pelvico oggi tanto consigliati.
L’idea che Nicola si è fatto nel tempo, senza riuscire a distogliere la sua mente da questo ricco apparato iconografico è quella di una donna autorevole, niente affatto impressionata dalle competenze maschili, assolutamente indipendente anche dal marito medico tanto da fondare e dirigere una sua clinica svizzera di successo anche manageriale e decisamente in controtendenza rispetto alle elucubrazioni freudiane sull’isteria femminile. Last but not least, anche anticonformista dal punto di vista del costume tanto da scoraggiare l’uso dei corsetti ben prima che ci pensasse mademoiselle Chanel a buttarli alle ortiche.
Ad un lavoro dedicato a questa pioniera, Bruschi pensava dunque da tempo, immaginandone anche la perfetta incarnazione in Sara Brugnolo per la fisicità che sa esprimere e le diverse esperienze e abilità da performer a 360 gradi. Sarà dunque una azione performativa che si nutre di suono, illuminazione, gestualità particolare e macchine sceniche, in verità esportabile in spazi espositivi, gallerie d’arte, musei, più che teatri. Camere d’aria offre un contesto ideale per un debutto, da questo punto di vista per diversi motivi:non solo perché Bruschi Brugnolo ogni giorno ora dopo aver tanto pensato e scritto insieme questa complessa situazione, possono misurarsela addosso in piena concentrazione, ma anche perché la realizzazione di questa macchina duchampiana che campeggerà in scena, sarà possibile proprio a partire dai numerosi materiali presenti in ciclofficina.
Risulterà un’opera fatta ad hoc e giusta per incarnare un’epoca ricca di fermenti anche artistici e femminili oltre che scientifici come quella degli anni a cavallo tra i due secoli, di cui verrà esaltato questo aspetto di bellezza, mistero, e futuribilità insito nella techne. Una figura femminile tra corpo e macchina più votata alla ricerca e alla pedagogia che alla cura, in ultima analisi, sarà una possibile risultanza di questo inedito lavoro. Una scelta spettacolare e culturale qui a Bologna assai azzeccata per un weekend che a Verona si vorrebbe dedicare ad una anacronistica idea di femminilità e di famiglia.
Per chi fosse appunto troppo impegnato sul fronte della militanza o già prenotato presso le molteplici e intriganti situazioni di questo fine settimana, ricordiamo che un giro a Camere d’aria dal punto di vista teatrale sarà possibile con cadenza mensile fino a giugno Si è piuttosto puntuali alle ore 21 e una bottiglia o una valigia, accoglieranno i vostri sforzi di buon cuore insieme a matita e scheda per esprimere un voto da uno a dieci di cui potrete anche liberamente parlare con gli artisti, a stretto contatto con gli spettatori, appena concluso lo spettacolo. Non resta che rimanere sintonizzati, più di sempre.