di Syriza, traduzione di Argiris Panagopoulos
Le elezioni europee del 2019 rappresentano un fatto importante e cruciale sia per il futuro dell’Unione europea che per ciascun paese singolarmente. Saranno condotte in un contesto di prolungata incertezza, in un mondo in rapido cambiamento, e con le sfide che ci attendono che sono molte e particolarmente complesse.
L’austerità si è dimostrato che non ha rappresentato per il neoliberismo una scelta congiunturale alla crisi economica, ma il veicolo per trascinare storicamente verso il basso i bisogni del mondo del lavoro e trasformare le società europee in società con basse aspettative, per imparare loro a vivere con meno, anche se producono di più.
L’austerità permanente e la svalutazione del lavoro si riproduce come una tendenza costante, tendenza che rappresenta il risultato obbligato della sottomissione voluta dell’EU alle regole imposte dai mercati monetari internazionali. Una tendenza, per la cui inversione serve lo spostamento degli equilibri politici a favore del mondo del lavoro, dell’ecologia e della pace, con un programma radicale di cambiamento, che agirà come un baluardo di fronte al potere dei mercati ed un programma radicale di cambiamenti per la condivisione del rischio, elemento necessario per fermare il potere della disciplina che cercano di imporre i mercati.
I risultati dell’austerità sono evidenti anche a livello politico. Visto che l’estrema destra premendo sul terreno della disperazione collettiva e l’assenza di una prospettiva per un futuro migliore, espandere la sua influenza attraverso posizioni e pratiche che promuovono il cannibalismo sociale, mettendo nel mirino in ogni occasione i più deboli, indentificandoli come i responsabili di tutti i mali delle società moderne.
È qui che si trova il punto di contatto del neoliberismo con l’estrema destra. Nell’apoteosi della forza che ha la messa nel mirino dei deboli. Il neoliberalismo lo legittima perché solo in questo modo potrà avere la nuova accumulazione di ricchezza che è necessaria per la sua riproduzione. E l’estrema destra, avendo nel suo mirino i deboli, come responsabili di ogni male sociale, sostiene con questo, il predominio di un progetto politico basato sui metodi più estremi e spietati di sfruttamento umano dell’uomo da parte dell’uomo. Ciò spiega anche il progressivo sviluppo e vicinanza di questi due flussi politici in diversi paesi dell’Unione europea, tra i quali la Grecia.
Pertanto, la lotta politica è su due fronti. Lotta contro le forze dominanti del neoliberismo che difendono l’Europa dell’austerità per molti e l’accumulazione della ricchezza per pochi e scelti, forze che hanno potuto conservare la loro potenza attraverso la stessa struttura europea. Un modello che ha promosso la non trasparenza, la non partecipazione, la costruzione e il funzionamento di organi istituzionali e centri decisionali non democratici. Un modello, che non solo deve essere sfidato completamente, ma anche sostituito a favore della rappresentanza istituzionale e funzionale delle dinamiche delle esigenze dei cittadini e dei suoi abitanti. Ma anche lotta all’estrema destra, che cerca l’arretratezza collettiva delle società europee, il ritorno ai giorni neri degli antagonismi nazionali e del trinceramento nazionalista.
In Grecia questa battaglia non è nuova. Contrariamente a quanto è successo in altri paesi europei ha prodotto risultati particolarmente positivi e promettenti per le classi popolari.
Il popolo greco, in due elezioni nel 2015, ha dato a Syriza il mandato di assumere la responsabilità storica di guidare il paese fuori dal vicolo imposto da decenni di austerità e di devastazione sociale. Syriza ha onorato la fiducia di un intero popolo, che ha passato tante prove, e attraverso la sua determinazione, l’onestà e il rispetto assoluto per i sacrifici di ogni greca e greco, è riuscito a portare il paese dalle condizioni del fallimento nel 2010 al rilancio dell’economia, l’uscita dai memorandum e dal soffocante commissariamento.
L’uscita dalla crisi non era rosa e lineare. Il governo con Syriza come perno principale ha camminato sempre avendo lo sguardo alla fine dell’uscita definitiva dai memorandum, avvenuto nel giorno storico del 21 agosto del 2018. Questi tre anni, il compromesso doloroso ma necessario del terzo programma non ha piegato la determinazione del governo di applicare l’insieme dei suoi impegni, presi nel settembre 2015: un programma per la graduale abolizione delle ingiustizie e l’adozione di misure di sollievo per il popolo greco.
Syriza aveva detto che avrebbe tirato il paese fuori dai memorandum, con la società in piedi. E questo lo ha fatto. Ha utilizzato ogni minima possibilità per indirizzare risorse per ricostruire lo stato sociale, ha preso iniziative per la tutela dei più deboli, sia attraverso l’accesso universale dei cittadini non assicurati alle strutture sanitarie, sia attraverso programmi per affrontare la crisi umanitaria e il Reddito Sociale di Solidarietà, e naturalmente, quando la buona gestione e la fine delle ruberie del denaro pubblico, hanno portato come risultato, nell’ultimo triennio il surplus fiscale, questa somma è stata distribuita a vaste fasce della popolazione che avevano davvero bisogno.
Allo stesso tempo, il governo di Syriza ha messo come sua priorità l’inversione di tendenza della deregolamentazione del mercato del lavoro che ha costituito il nucleo strategico della tendenza neoliberista, che si era intensificato durante il periodo dei programmi di aggiustamento, visto che rappresentava una sua parte integrante. Così in quattro anni siamo riusciti a ridurre il tasso di lavoro non dichiarato, cioè il lavoro nero, dal 20% al 8,9%, a ripristinare i principi della contrattazione collettiva e aumentare per la prima volta in un decennio il salario minimo a 650 euro, applicando politiche che sono esattamente l’opposto del piano neoliberista per l’Europa e la Grecia.
La fine dei memorandum in Grecia sotto il governo di Syriza costituisce una rivincita storica che va oltre i confini del nostro paese. Abbiamo dato il messaggio a tutte le forze progressiste d’Europa che la lotta contro l’austerità non è una battaglia di un momento. Ma una lotta multilaterale, che richiede determinazione, volontà politica e perseveranza. Una lotta in cui il conflitto e il compromesso erano entrambe scelte tattiche, subordinate all’obiettivo strategico di uscire dalla crisi a beneficio della maggioranza sociale e dei lavoratori.
Allo stesso tempo, il governo con il suo asse portante Syriza non era solo responsabile del superamento della crisi e delle sue conseguenze. È stato questo governo a dover togliere il paese dall’isolamento internazionale condannato dai governi della crisi. Per questo motivo, si è posto con coraggio e audacia a gestire le questioni particolarmente delicate della posizione del paese in Europa e la necessità di promuovere riforme istituzionali, il suo ruolo nei Balcani, lo storico accordo con l’ex Macedonia Jugoslava, le relazioni greco-turche, la questione di Cipro.
Nel giro di quattro anni, quindi, agendo in un contesto di equilibri estremamente sfavorevoli, Syriza e il suo governo sono stati in grado di procedere con passi coraggiosi in opposizione all’austerità e al neoliberismo, e ha conseguito anche vittorie decisive contro l’estrema destra e il nazionalismo. Perché è proprio il paradigma del governo greco che ha potuto creare le condizioni per la sconfitta dell’estrema destra, che presuppone, prima di tutto, l’inversione delle politiche di austerità e di esclusione sociale.
Tuttavia, siamo ben consapevoli che la progressiva trasformazione e i radicali cambiamenti in Grecia e in Europa non sono solo una questione di Syriza. Per questo motivo, è una priorità strategica costruire il più ampio fronte sociale e politico di sinistra, di forze progressiste che possano coincidere in specifici obiettivi programmatici per una serie di cambiamenti radicali e progressisti necessari a tutti i livelli.
Su questa base, Syriza sostiene e partecipa attivamente ad iniziative come l’Alleanza Progressista, il Progressive Caucus, nel Parlamento europeo che riunisce forze che vogliono muoversi insieme in questa direzione. Forze che abbracciano la sinistra, i verdi e quelle parti della socialdemocrazia europea che sono svincolate dalla strada senza uscita del neoliberalismo. In questo spirito si sono stati organizzati i primi due forum paneuropei delle forze politiche progressiste a Marsiglia (2017) ed a Bilbao (2018), dove il Partito della Sinistra Europea e Syriza hanno svolto un ruolo di primo piano. Una alleanza di questo genere deve e può essere costruita sulla base di un quadro di idee e obiettivi comuni, in cui ogni forza mantiene la sua identità e i suoi obiettivi particolari.
La visione strategica di Syriza è il socialismo con Democrazia e Libertà nell’Europa del XXI secolo. Questa visione non è solo un punto di principio, ma una necessità nella realtà moderna. L’Europa del XXI secolo, con l’enorme potenziale della scienza, delle nuove tecnologie, delle reti di trasporto, del superamento dei vincoli sulla conoscenza e le opportunità di lavoro che sono esistite nei decenni precedenti, può e deve garantire ad ogni cittadino le migliori condizioni di vita possibili. Il modo per raggiungere questo obiettivo passa attraverso la ridistribuzione della ricchezza e l’aumento del reddito per i molti, il miglioramento delle condizioni di lavoro, lo sviluppo equilibrato di ciascun paese in base alle possibilità che ha e può utilizzare.
A questa lotta per la trasformazione progressista, possono contribuire in modo importante forze più ampie, che non sono necessariamente d’accordo su tutto con la sinistra. Queste forze, le forze di una tale alleanza possono costruire con stabilità e coerenza un programma politico comune, con obiettivi specifici, come l’eliminazione delle disuguaglianze sociali e razziali, l’ampliamento e l’approfondimento della democrazia, la difesa del lavoro e della dignità umana, il cambiamento climatico da fronteggiare e la protezione dell’ambiente, la parità di genere.
Il fronte a cui Syriza chiama oggi è assolutamente urgente. Perché la sfida che affrontano i popoli europei è di importanza storica. Le forze dell’estrema destra guadagnando ogni giorno più forza, avendo come obiettivo centrale quello di indebolire completamente l’Europa democratica e rompere l’Unione europea. Lo vediamo nell’Ungheria di Orban, nell’Italia di Salvini, nella Francia di Le Pen, nell’Austria di Kurz, la rapida crescita della tedesca AfD, nei Paesi Bassi e nei paesi scandinavi. Lo vediamo anche nel caos politico della Gran Bretagna del Brexit, ancora un altro incontro dell’estrema destra con la frustrazione e l’indignazione dei cittadini a causa delle politiche neoliberiste dell’Unione Europea. Appunto nell’indignazione espressa nel risultato del referendum nel Regno Unito.
Ma questa ondata di populismo di estrema destra ha un chiaro effetto sulla svolta reazionaria in continua evoluzione nel cosiddetto centrodestra tradizionale in Europa. Il caso della Nuova Democrazia è un importante esempio di questo cambiamento. Un partito che ha scelto di divorziare irrevocabilmente dalla sua retorica europeista, che si trasforma rapidamente in una formazione politica che si identifica apertamente con il nazionalismo sia a livello del linguaggio sia con le sue azioni, una formazione politica che non esita a resuscitare nel XXI secolo, l’arsenale teorico e politico che aveva la destra in Grecia dopo la guerra civile.
L’ascesa dell’estrema destra ha ancora una caratteristica distintiva oggi. È guidata dalla necessità di nominare e mettere nel suo mirino il debole, “l’altro”, come ha fatto l’estrema destra in tutto il suo percorso storico.
Questo debole, “l’altro”, lo creano oggi le guerre in Medio Oriente e la continua distruzione del cosiddetto “Terzo Mondo”. In altre parole, il debole, “l’altro”, è oggi soprattutto il rifugiato e il migrante. Ma non solo. È quello che ha un’altra religione, il diverso, quello che le cui tradizioni culturali non coincidono con le norme vigenti, quello che rivendica la libertà della sua particolare identità e del suo orientamento sessuale, sono le femministe, gli esponenti di tutti i colori e gli orientamenti della sinistra, E sono, come sempre, gli ebrei.
Veicolando “idee” come queste, idee che non possono nascondere il loro nucleo fascista, si costruisce oggi una nuova Internazionale Nera, che unisce i singoli nazionalismi. Il nazionalismo sembra sfidare direttamente la globalizzazione e sviluppare una dimensione transnazionale, visto che le forze dell’estrema destra di ogni paese che promuovono il proprio nazionalismo ciascuno, ma tutte sono d’accordo che le loro comuni idee sono quelle che devono dominare ovunque. E stanno lottando per realizzarlo. Cercando di indebolire l’Europa e sciogliere l’Unione europea.
Il paradosso è che questa corrente politica è intrinsecamente inerente al neoliberismo, che ora è una tendenza distinta al suo interno.
È contro questo fronte, che Syriza, senza abbassare il suo approccio radicale e movimentista e senza allontanarsi da nessuna delle sue caratteristiche politiche e ideologiche, deve contribuire alla formazione di un polo di sinistra e progressista. Insieme con tutte le forze dell’Europa, che vogliono non solo mantenere, ma anche approfondire i loro valori fondanti democratici e allo stesso tempo, invertire il senso unico dell’austerità e del neoliberismo. Stabilire l'”acquis europeo” su una base che corrisponde alla situazione attuale e la renderà patrimonio di tutti i cittadini europei, ma anche attraente per gli altri popoli.
All’interno di questo contesto generale, Syriza pone come obiettivi principali:
- 1. Proteggere il diritto al lavoro. La lotta contro la disoccupazione, l’insicurezza del posto di lavoro e la povertà lavorativa, in particolare tra i giovani. La lotta sistematica contro la violazione della legislazione del lavoro dai datori di lavoro. L’aumento dei salari reali. Gli accordi collettivi con una clausola di convergenza a livello europeo. Una politica europea comune in materia di orari di lavoro e di salari minimi. La protezione completa del lavoro dei genitori. Agevolazioni fiscali per le piccole e medie imprese nell’ambito di una nuova politica fiscale.
- 2. Il rafforzamento generale dello stato sociale, dello stato provvidenziale, della lotta contro la povertà e l’esclusione sociale. La ricostruzione delle strutture dello stato sociale nel settore della Sanita, dell’Istruzione, della Solidarietà sociale per soddisfare i bisogni moderni delle società europee, mantenendo e migliorando il loro carattere pubblico e fornendo servizi gratuiti e non discriminatori a tutti i cittadini.
- 3. Blindare democraticamente le istituzioni e i processi all’interno dell’Unione europea al fine di proseguire il processo di integrazione europea. Ciò richiede una mobilitazione sostanziale per abolire la logica del progetto neoliberista come strada a senso unico, e tutte le politiche che lo accompagnano. Prendere misure democratiche positive a favore dei cittadini in primo luogo rafforzando le funzioni decisionali dell’unico organo europeo eletto, il Parlamento europeo, nonché sostenendo i movimenti e le iniziative dei cittadini europei espressi attraverso i referendum, la raccolta di firme o di qualsiasi altra cosa che desiderano.
In questo contesto, sosteniamo i rappresentanti democraticamente eletti dei cittadini europei, non i tecnocrati. La responsabilità esclusiva delle decisioni strategiche appartiene ai rappresentanti democraticamente eletti dei cittadini europei e non ai tecnocrati. In questo contesto, sosteniamo gli sforzi per un comune Ministro delle Finanze, ma anche un comune Ministro di Coesione Sociale, controllati dal Parlamento europeo. Rafforzare i poteri di controllo e i poteri esecutivi del Parlamento europeo. Il controllo democratico della BCE. Il cambiamento dell’ordinamento giuridico europeo e in particolare del diritto della concorrenza. La protezione dei dati personali. - 4. L’adozione di una politica estera europea pacifica e multilaterale, con il rispetto dei diritti sovrani e della volontà democratica di ogni popolo. L’intervento decisivo per ristabilire la pace in tutto il Medio Oriente, ma anche in tutto il mondo. Intraprendere iniziative istituzionali serie e durature volte a rimuovere le armi nucleari all’interno e all’esterno dell’UE, mentre si deve lavorare per rafforzare il movimento per la pace, i movimenti dei cittadini e dei governi che cercano di eliminare le armi nucleari.
- 5. Una politica europea integrata per i rifugiati e i migranti aventi diritto alla protezione internazionale, che deve comprendere:
- A) Iniziative di pace nei paesi da cui provengono i flussi migratori e di rifugiati.
- B) Piena attuazione della Convenzione di Ginevra e degli altri trattati internazionali sui rifugiati, vie legali di immigrazione nello spirito del Global Compact on Migration adottato a Marrakech.
- C) Riformare il Regolamento di Dublino in direzione della solidarietà con i rifugiati e i migranti e la cooperazione tra gli Stati membri attraverso un’equa ripartizione degli oneri.
- 6. Il rafforzamento del movimento per la pace, i movimenti di cittadini e governi che cercano l’eliminazione delle armi nucleari.
- 7.La completa abolizione della discriminazione a tutti i livelli, la natura vincolante della carta dei diritti sociali e l’adozione di una Carta universale dei diritti fondamentali. Rafforzare la responsabilità democratica e la trasparenza delle istituzioni dell’UE. Garantire la natura vincolante della Carta dei diritti sociali.
- 8. La lotta contro il patriarcato e il ripristino dell’uguaglianza tra uomini e donne in tutti gli ambiti della vita.
- 9. Un forte bilancio europeo e una politica fiscale comune a livello europeo. Una Conferenza europea sul debito al fine di condividere le responsabilità e i rischi tra l’eurozona e gli Stati membri dell’UE ed una revisione del Patto di stabilità e crescita integrando oltre criteri economici anche sociali (disoccupazione, tasso di povertà, salario).
- 10. Trattamento sistematico dei cambiamenti climatici e protezione dell’ambiente estendendo ampiamente i termini del quadro dell’Accordo di Parigi.
- 11. Decisioni vincolanti in direzione dello sviluppo sostenibile e dell’economia ciclica, nonché lo sfruttamento delle risorse naturali senza l’uso di metodi disastrosi.
- 12. Proteggere i cittadini dall’uso di prodotti transgenici e di altre sostanze che minano la salute pubblica.
- 13. Una “Convenzione sui diritti degli animali” a livello europeo. Adottare leggi a favore del benessere degli animali.
- 14. Un accordo fiscale paneuropeo per tassare GAFAM (Google, Amazon, Facebook, Apple, Microsoft), i giganti che controllano la produzione e il flusso del sistema informativo e della tecnologia digitale.
- 15. Rafforzare la cultura dei valori europei a favore dell’antifascismo e della democrazia, l’insistenza sulla protezione della cultura europea, dei monumenti storici e le città europee.
Le elezioni europee del 26 maggio del 2019 non sono uguali alle altre. Riguardano il futuro di ogni greca e di ogni greco, e di ogni cittadino dell’Unione. Sono in gioco non solo la politica economica, ma anche il futuro della democrazia stessa e il futuro di un’intera civiltà. Noi, cittadini della Grecia, noi popoli dell’Europa, affrontiamo una sfida storica.
Per questo Syriza esorta ogni forza politica progressista, ogni istituzione democratica, ogni persona democratica ed ogni cittadino greco che non vuole che la nuvola nera del fascismo ricopra l’Europa, di fare uno sforzo comune per costruire una alleanza popolare, radicale e progressista.
Un’alleanza che ora è più che mai necessaria. Per dare ancora una volta la battaglia con tutte le nostre forze, per sostenere la democrazia e i diritti di tutti, non importa di quando sono “diversi”, per sostenere i diritti del lavoro e dello stato sociale, per sostenere i movimenti sociali che difendono i valori di giustizia sociale, della solidarietà, della democrazia, della diversità, della protezione dell’ambiente.
Ci appelliamo a una costellazione di forze politiche, movimenti, collettivi e persone dalla sinistra della sinistra fino alla socialdemocrazia e gli ambientalisti, al mondo della sinistra senza partito e i movimenti sociali, ma anche a tutti i cittadini progressisti e democratici. Perché è nostro dovere di fronte a noi stessi e alle generazioni future. È anche nostro dovere di fronte alla memoria di quelli che hanno dato tutto per gli stessi valori.
Il futuro dell’Europa non può e non deve essere, né la sottomissione ai tecnocrati e alla ferrea disciplina fiscale, né il dominio della paura, del nazionalismo e il ritorno alla logica del “tutti contro tutti”.
Noi, popoli d’Europa, abbiamo l’opportunità di dare un nuovo slancio e respiro alla nostra comune visione europea. Traendo ispirazione e forza dai grandi valori universali che hanno dato vita ad un’Europa di convivenza pacifica, di democrazia, di libertà e di giustizia sociale, negli anni difficili dopo l’orrore della Seconda Guerra Mondiale.
Spetta a noi aprire la strada ad una nuova Europa. Un’Europa di solidarietà e di co-sviluppo; dell’incontro di culture e di tradizioni; della collaborazione nelle scienze, nell’arte, nella cultura, nelle nuove tecnologie.
Un’Europa di molti che può essere costruita oggi dai suoi popoli, per i suoi popoli. Dobbiamo assumerci il peso della responsabilità storica di un’Europa profondamente democratica, solidale, pacifica ed essenzialmente umana.
Per questo chiediamo alle forze di sinistra, le forze progressiste del paese, i democratici, i socialisti, i verdi di unirsi nel formare un ampio fronte progressista per rispondere collettivamente a questa questione critica della nostra storia comune e per dare insieme la battaglia delle prossime elezioni.