Beni comuni: idee a partire da sanità, Bologna e Prati di Caprara

19 Ottobre 2018 /

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di Silvia Lolli
Di beni comuni si parla spesso. Ma volendo passare a un piano concreto in attesa di un’istruttoria, ecco alcune ipotesi.
Sanità
Minori costi in sanità, perché sia a livello diagnostico sia a livello sanitario generale, le malattie possono diminuire, e si può dire senza studi epistemologici specifici perché evidenze scientifiche sull’incidenza che l’inquinamento ha su tutto ciò vengono segnalate da anni a livello internazionale.
Riguardano tanti settori sanitari e le malattie tumorali sono solo uno dei tanti problemi della salute. Si possono elencare: malattie cardio-vascolari, alla pelle, all’apparato respiratorio e da qui si può passare al notevole aumento delle malattie dovute ad allergie; poi non si possono dimenticare le malattie neurologiche, soprattutto di tipo psico-sociale che l’assenza del contatto con un ambiente naturale, in cui il verde è predominante, comporta. Tutto ciò può essere definito benessere.
Quanto possiamo quantificare in cifre di bilancio sanitari l’attenzione alla prevenzione della salute che un ambiente sano ci dà? Potrebbe non solo dare minori costi in termini di basse quote di malattia, ma anche di minori costi nell’utilizzo degli esami diagnostici continui per fare fronte all’ambiente malsano. Perché non si studia ed approfondisce?

Già qui ci sarebbero minori costi pluriennali che potrebbero essere considerati come un investimento maggiore di quegli oneri di urbanizzazione che porterebbero soltanto immediati e non futuri ricavi per il pubblico. Negli USA questi costi vengono fatti dalle compagnie assicurative, ma non sono finalizzate ad avere un ambiente sano, bensì solo per avere maggiori ricavi a loro.
Bosco, valori ed economie
Se poi leggiamo i costi immediati a fronte di ricavi altrettanti immediati che l’abbattimento di un albero di mt. 20 dà al bene pubblico “bosco”, dobbiamo sapere che si stima (WWF) che il ricavo dato dal taglio dell’albero di 20 mt. è di circa € 800 al quale si devono togliere le spese del taglio stesso.
Lo stesso albero però riesce a farci respirare tramite la sintesi clorofilliana più ossigeno e a livello di bilancio i costi sarebbero tramutati in minori spese, se non proprio ricavi, perché sappiamo che l’anidride prodotta oggi si paga, proprio per applicare buone pratiche per il nostro futuro: da anni si tende a far applicare programmi che tendano a diminuire la sua produzione mettendo appunto dei costi reali ed immediati sulla produzione di anidride carbonica.
Da una ricerca dell’Università di Stanford nel quale si dice che ogni tonnellata di CO2 emessa in atmosfera vale: 220 dollari a tonnellata (valutazione Nature Climate Change che si avvale di uno studio di Frances Moore nel quale si stima che il costo sociale del carbonio non è appunto di $ 37 ma 220, perché gli impatti del cambiamento climatico non sono solo sul tasso di crescita economica, ma hanno un effetto permanente che si accumula nel tempo. Fra l’altro sul mercato EU della CO2 si stima che nel 2023 ci sarà un aumento del costo fino a $ 40, già oggi è aumentata rispetto a qualche anno fa.
Nella zona dei Prati Ovest, dove si vuole eliminare buona parte del bosco e fare ciò che si dice parco attorno alla cementificazione di almeno 1300 appartamenti, dobbiamo sapere che in termini ambientali toglieremmo la possibilità di riequilibrare queste cifre per almeno 20 anni? Quanto tempo ci vuole infatti per ripristinare un albero di 20 mt e quanto sarebbe il costo per ripiantarli?
In tutto questo tempo il bilancio pubblico per quest’area sarà in deficit e non crediamo che gli oneri di urbanizzazione ed anche i ricavi della vendita del territorio possano portare a ricavi in grado di essere spalmati a livello pluriennale. Senza contare i costi della bonifica che dovrebbero essere messi nel bilancio della destinazione urbanistica dell’area.
Per dati di un bilancio riferito ad un anno e considerato un numero di alberi da tagliare almeno su 20 ha (vogliamo soltanto ragionare nel periodo), se vogliamo sapere il costo vivo (camuffato in falso ricavo, perché detto così) dei tanti alberi di 20 mt. che si abbatterebbero: 800×370 = € 296.000). I numeri derivano da ciò che ci ha detto il comune in commissione: sui 2 ha. già desertificati per far posto alla scuola ci è stato presentato un calcolo di 37 alberi di pregio abbattuti in 2 ha., quindi abbiamo preso questo numero e l’abbiamo parametro all’ipotesi di distruzione di altri 20 ha. per far posto a case. € 296.000 si possono considerare un vero ricavo? Comunque quale sarebbe il guadagno?
Intanto come detto vi sono spese vive, non solo per il taglio, bensì per la bonifica ambientale; queste sono notevoli ed obbligatorie quando si deve costruire, mentre quando si lascia un bosco, cioè non si fanno interventi edilizi, non occorre bonificare. Si arriva così ad un importante guadagno per i bilanci pubblici: l’immediato risparmio! Poi successivamente in termini di recupero di costi per la CO2 prodotta un vero e proprio minor costo, che si può definire ricavo in termini di bilancio anche se come tante altre voci che le comunità offrono (vedi lavori di cura) non si vedono in termini di PIL e quindi di bilanci pubblici sempre più simili a quelli industriali.
Calcoli per compensazione
Alcuni dati rispetto ciò: 1000 mq. di alberi possono assorbire 700 Kg. di CO2 in un anno. Sono dati derivanti dal teorema sull’impatto zero di Coase, derivante dalle conoscenze del premio Nobel dell’economia nel 1991 che sviluppò fino al 1960. Sappiamo che si tratta di un calcolo per compensazione poi tradotto qualche anno fa dall’UE. Si possono ancora, nonostante i tentativi di elettrificare il parco auto di Bologna, calcolare i danni che a livello di CO2 fanno ancora molte auto in circolazione: per 10.000 km. all’anno un auto emette 700 kg. di CO2. E se si costruisce ci saranno nella zona maggiori auto ed un aumento della congestione del traffico in zona. Dobbiamo valutare anche i costi rispetto ad una nobiltà che si sta facendo sempre più complicata, anche senza la realtà di nuove case.
Non dimentichiamo poi il conteggio compensativo che dovremmo fare rispetto alle emissioni che il vicino aeroporto sta comportando per la nostra città e che non sono mai esaminate.
Questa è comunque solamente la prima fase del principio di compensazione in chiave ambientale. Prendiamo anche un altro aspetto economico del principio di compensazione rispetto alle scelte pubbliche. Prendiamo ciò che dicono due economisti, Hick e Kaldor: Una qualsiasi scelta pubblica è preferibile se genera un incremento nel reddito reale tale da avvantaggiare una parte della collettività in modo tale da poter compensare quella danneggiata dal provvedimento. Indipendentemente dal fatto che la compensazione abbia luogo.

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