Appunti di viaggio: e poi cosa resterà? – Terza parte

25 Agosto 2018 /

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di Silvia R. Lolli
Negli Usa sembra di essere in Italia, dopo la prima e la seconda elezione di Berlusconi. Oggi, alla vigilia delle elezioni definite di metà mandato, sembra che nessuno abbia votato Trump. Quasi tutte le persone incontrate hanno manifestato di non avere nessuna stima per questo presidente; a questo punto non ci sentiamo di definirlo “loro”. Anche da noi con le accuse, i processi, ma per la verità soprattutto dopo gli scandali sulle escort, sembrava che le elezioni di Berlusconi fossero avvenute casualmente.
Per Trump un po’ lo è stato, ricordiamo il numero di voti assoluti ricevuto, minore rispetto alla Clinton; anche in questo le somiglianze: noi siamo i maestri a conoscere ed applicare le alchimie politiche prodotte per le elezioni e sappiamo ormai che quando i pochi decidono, tutto va bene; se poi le regole non portano ad una vera democrazia, fa lo stesso. Anche in Usa sembra ci sia qualche scandalo da tener nascosto simile a quello che aveva quasi causato l’impeachment a Clinton.
Un cittadino americano con famiglia originaria del centro America spiegandoci cosa si pensa del problema, ha definito Trump una marionetta in mano a Putin che lo sta tenendo sotto ricatto. Forse la politica ha sempre avuto questi “scuri”, ma ci sembra che il livello scenda sempre di più ed il pericolo per la maggioranza delle persone del mondo si dimostri già elevatissimo.

Quasi tutti i nostri interlocutori stanno sperando nelle elezioni di novembre e nell’affermazione alle Camere del partito democratico. Intanto ci colpisce che ci sia stato il blocco di parecchi siti Facebook, perché si dice che riportassero solo fack news. Comunque sulla domande che facciamo, rispetto alle scelte sull’immigrazione e per la vittoria alle primarie democratiche dell’Ocoja per esempio, non abbiamo troppe risposte da parte di persone di lingua spagnola; ci appaiono loro sotto ricatto e ciò ci stupisce.
Forse sono clandestini? Però in genere parliamo con chi sta lavorando. Chi è loquace e segue i nostri discorsi sulla politica è per lo più bianco, con origini familiari europee e vive in Usa da più generazioni. Forse recuperare voti anche nella direzione degli ispanici risulterà vincente per i democratici? Certamente per Trump potrebbe già essere un problema.
In questo quadro internazionale, in cui si stanno mettendo le basi per chi comanderà nel futuro prossimo, ma anche nel più avanzato, vediamo già al lavoro incompetenti e lobbies sempre più ristrette. La democrazia è messa in un angolo via via minore, forse perché la vita odierna non permette l’accesso alla partecipazione come negli anni passati?La democrazia, come da tutti i “padri delle diverse patrie” è stato sempre detto, si costruisce in modo direttamente proporzionale all’educazione per tutti i cittadini.
L’accesso all’apprendimento deve essere in termini di uguaglianza, cioè di pari opportunità. Però, nel momento in cui la scuola richiede costi alti per le rette annuali, riemergono le differenze di censo, cioè di possibilità economiche garantite o meno dalla famiglia di origine. Sappiamo bene che da anni molti studenti statunitensi diventano lavoratori temporanei per sostenersi negli studi e non crediamo con le stesse garanzie che finora hanno avuto gli studenti lavoratori italiani. Oggi poi c’è l’indebitamento delle famiglie e degli studenti che dura per tutta la vita e l’istruzione diventa così un investimento finanziario, una garanzia per il sistema bancario. Ci sarà tra breve anche in questo settore una bolla speculativa?
Comunque molti studenti delle high school non accedono alle università americane, nonostante il loro possibile merito. Lo scorso anno ce lo ha confermato uno studente lavoratore che con una casa-auto girava l’Oregon; era allora ad Eugene e lavorava. Ci spiegava che non poteva pagarsi l’università. Anche da noi e nelle regioni del Nord si cominciano ad osservare sempre più spesso questi problemi.
La nostra Costituzione sottolinea, dall’art. 3 in poi, il compito della Repubblica di “rimuovere gli ostacoli” che non permettono a tutti di poter esprimere appieno le loro capacità, cioè la loro personalità definisce così un importante principio democratico. In esso non è contenuta soltanto l’idea di aiuto, una sorta di assistenza che spesso ha pervaso e pervade l’istituzione scolastica ancora oggi, ma c’è qualcosa di più. Si collega allo sviluppo della stessa Repubblica e, in senso più vasto, della comunità in cui si vive che può essere intesa oggi tutta l’umanità. Nella nostra Costituzione si rafforza il concetto con il dovere di tutti di contribuire appunto allo sviluppo della Repubblica secondo le proprie capacità.
Anche i sottoscrittori iniziali del patto costituente americano ci è sembrato avessero in mente ciò. Oggi però tutti, e gli Usa non si sottraggono certo, dobbiamo fare i conti con un numero di abitanti della terra sempre più elevato ai quali non è dato accesso in primis alla scuola ed al diritto alla vita dignitosa per loro e le loro famiglie. Tra l’altro oggi in Italia queste parole vengono lette spesso solo in termini di procreazione da portare a termine obbligatoriamente, non tanto di diritti umani, in modo cioè un po’ più laico ed ampio.
Quando vediamo in tutte le città visitate l’esplosione di disagi socio economici, homeless ma non solo, quando pensiamo alle sacche dianalfabetismo di ritorno o primario sempre più alte (per esempio negli Usa ma anche da noi gli insegnanti in pensione fanno i volontari nelle scuole per sostenere meglio l’apprendimento), quando leggiamo le statistiche sui nostri abbandoni o quelle, meno certe ma in aumento, di chi non fa nulla e non si trova neppure nelle statistiche dei disoccupati, pensiamo che le democrazie siano in pericolo, oppure siano già allo stato comatoso.
Chissà cosa potrà rimanere a chi impone questa organizzazione socio-economica in futuro? Intanto oggi si ritaglia spazi sempre più grandi in cui rinchiudersi e far entrare ceti di livello più basso o anche immigrati solo per considerarli lavoratori, non tanto “risorse umane”, ma più letteralmente sudditi a disposizione, se non veri e propri servi e schiavi. Lo abbiamo visto all’isola di Nantucket, vicino a Cape Cod, luogo abitato d’estate da turisti più o meno temporanei considerando le tante ville famigliari che ormai hanno invaso un’isola nella quale la maggior parte dei lavoratori è originaria di altri Stati. Spesso questi lavoratori, che abbiamo trovato anche negli aeroporti, non parlano l’inglese.
Sull’isola abbiamo visto che il ricco qui si organizza la vita ad un costo della vita minore. Per esempio il supermercato dell’isola di Nantucket vende i prodotti a costi minori; i turisti ne usufruiscono poco, perché ci sono per lo più alberghi; molti gli shop per vestiti, ricordi ed abbigliamenti marinari. È un’isola in cui nella stagione estiva aumenta la popolazione, i traghetti sono molti di più; sulle nostre coste normalmente i costi dei supermercati aumentano. Qui invece ci sono apparsi più bassi rispetto a quelli trovati spesso in altre città dell’est. Sarà un’osservazione casuale o sbagliata? Però abbiamo avuto questa esperienza: chi vive in queste ville si mantiene con un costo tutto sommato basso per gli acquisti giornalieri per esempio per i prodotti alimentari…
Certo il ricco che diventa sempre più ricco potrà comandare su altri e decidere per: i prezzi, la costruzione di edifici, ma anche di muri. Dopo tutto ciò che cosa gli rimarrà? Pensiamo che rinchiudersi in luoghi sempre più ristretti ed esclusivi sarà alla lunga una perdita per tutti e non solo per la democrazia, ma per lo sviluppo della stessa vita dei privilegiati. Continuare a costruirsi case in luoghi prima selvaggi, con reti di confini precise per delimitare le proprietà private e lasciare pochi spazi pubblici per il tragitto dalla strada alla spiaggia rinchiude in microcosmi familiari o individuali gli esseri umani, che dovrebbero invece essere animali naturalmente sociali. Del resto nella storia americana la rincorsa verso l’West è avvenuta anchecon gare per occupare le migliori terre, non tenendo in considerazione gli abitanti originari e i perdenti.
Le immagini di strade piene di auto e di bus nella downtown di Nantucket, oppure quelle di un campo da golf immenso in una zona molto piena di ville con giardini immensi, oppure quelle delle tante piccole o medie seconde case per vacanza ormai distribuite su tutta l’isola, ci danno l’idea del top del consumismo e della sua bulimia a dispetto dei progetti sulla sostenibilità ambientale e paesaggistica che comunque emergono qua e là in tutto il viaggio.
Bulimia e individualismo con tanto di razzismo ci pare essere rappresentato bene dal titolo di una villa molto grande vista vicino al faro di Sankasty Head, nella zona di Sconset: “enough is four”. Forse esageriamo ma appena l’abbiamo letta, invece dei soliti “Seagull House”, “Beach House” o “Whale Ship”…, ci sono venuti in mente la legge di Trump sull’immigrazione ed il muro che, nonostante stia costando troppo per molti stati di confine con il Messico, Trump vuole portare avanti. È un altro conflitto politico in atto.
La bulimia è una malattia ormai ben nota, ma in campo economico sembra non esistere, salvo i momenti di sfogo delle bolle. Ci chiediamo, a seguito di queste situazioni, quando nelle statistiche demografiche leggeremo le differenze delle aspettative di vita rispetto al censo? Nessuno ne parla neppure da noi, solo qualche accenno agli italiani che evitano di fare esami diagnostici con regolarità, oppure le narrazioni su aiuti di medici volontari e di medicinali per i poveri.
Un ritorno indietro indesiderabile, ma purtroppo possibile e si completa con la perdita di identità del sistema educativo per attuare la fallita democrazia. Il problema già oggi dovrebbe essere avvertito maggiormente. Forse siamo anche in ritardo, ma non sembra sia sentito da molti, meno che mai dai bulimici.

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