di Alfiero Grandi
Dopo l’ennesimo disastro elettorale Pietro Spataro giustamente invoca una riflessione di fondo sulla sinistra. Purtroppo parte importante del gruppo dirigente del Pd continua a rispondere a questa crisi ricordando l’età dell’oro del 40% alle europee. Il punto da cui partirei è un poco diverso dal titolo dell’articolo di Spataro. Non è scomparsa la sinistra ma la sua rappresentanza politica.
Certo se proseguisse questa situazione il risultato finale potrebbe essere la coincidenza delle due crisi, cioè della rappresentanza politica e della sinistra diffusa, nella cultura, nella società, nelle persone. Per ora mi sembra ci sia una differenza importante, che lascia una speranza a patto di iniziare finalmente ad affrontare i problemi.
L’esistenza di una sinistra nella società è un punto da cui partire e che potrebbe consentire di individuare e mettere in campo energie e forze importanti per tentare di superare questa crisi. Del resto è del tutto evidente che in situazioni molto diverse tra loro, socialmente e culturalmente la scelta degli elettori di scegliere l’astensione o di cercare altri interlocutori da votare è partita proprio dalla sfiducia nei referenti politici attuali della sinistra, non più vissuti come i propri rappresentanti.
La crisi principale riguarda la sfiducia nella rappresentanza politica della sinistra, arrivata ad un punto tale che potrebbe diventare definitiva, senza appello, se non venisse data una risposta convincente, una svolta. Anche in altre fasi storiche ci sono state crisi rilevanti, ma non con questa gravità. Ne è una prova che all’interno della sinistra non ci sono travasi significativi, quindi nessuna proposta politica oggi è convincente. È un fatto.
L’elemento caratterizzante, in particolare nell’ultimo decennio, è lo spostamento massiccio di voti in periodi relativamente brevi. I 5 Stelle ne sono un esempio, ma lo è anche l’affermazione della Lega, che ha avuto un aumento vertiginoso di voti in tempi ristretti. Movimenti così rapidi e di massa sono spiegabili con la scarsa identità ideale e politica dei partiti, che rende più facile abbandonarli senza tante remore. Del resto la scelta del partito leggero è stata fatta con chiarezza.
Nelle elezioni europee il Pd raggiunse il 40% in ragione di una diffidenza ancora forte verso i 5 Stelle, ma questa diffidenza si è sciolta rapidamente nel suo contrario. Ha certamente influito la crisi economica, il raddoppio della povertà, l’arretramento dei diritti e delle condizioni di lavoro, l’abbandono dei giovani. Giovani che hanno visto drasticamente peggiorata la possibilità di occupazione per un improvviso blocco del normale avvicendamento dei lavoratori già occupati (legge Fornero), oppure costretti a un precariato senza diritti (i “riders” che cosa sono se non precari tra i precari?).
Lavoratori, aree territoriali hanno dichiarato di avere votato 5 Stelle solo perché si erano fatti vivi con loro, confermando che si sentivano abbandonati, senza speranza. Tuttavia nella società, nell’economia ci sono tutte le ragioni oggettive per una presenza efficace della sinistra.
La marcia in più della sinistra può essere la capacità di partire da tanti particolari, scelta inevitabile di fronte alla distruzione di identità e di legami. Partire dalla frantumazione sociale per ricostruire un disegno politico. La ricostruzione dell’unità oggi non è possibile attraverso la condizione oggettiva creata da grandi agglomerati di lavoratori come in passato e quindi la ricostruzione di un progetto unificante deve essere politica e programmatica, altrimenti le contraddizioni diventerebbero ingestibili. La classe in sé non esiste più come in passato, in ragione di grandi agglomerati di lavoro, ma può esistere una classe lavoratrice che acquisisce, gradualmente, la consapevolezza politica che i destini degli uni sono legati a quelli di altri, in alternativa alla guerra di tutti contro tutti.
La difficoltà nasce dal fatto che parte importante della sinistra ha contribuito a rompere lo schema generale precedente senza avere la più pallida idea di come ricostruirlo. Per questo non bisogna stupirsi delle contraddizioni dei 5 Stelle che sommano cose accettabili, ad altre inaccettabili, da contrastare. Solo una sinistra con una proposta coerente può fare scoppiare queste contraddizioni positivamente.
Il programma politico, la coerenza del disegno sono fondamentali per la sinistra. Ad esempio in materia di lavoro, l’unificazione dei diritti e delle condizioni essenziali di chi lavora è un primo terreno. D’Antona e Alleva, per incarico della Cgil, hanno ragionato decenni fa su un sistema unitario di diritti di chi lavora. Oggi la Cgil ha elaborato una carta dei diritti di tutti i lavori. Tutto questo va semplificato, aggiornato e tradotto in linea e pratica politica. Esiste o no l’esigenza di unificare il sistema attuale di diritti di chi lavora? Più in generale la condizione di chi lavora? Altrimenti rischieremo di avere tante situazioni come quelle dei riders, che è necessario affrontare ma in un quadro coerente di diritti, altrimenti come troppo spesso accade gli uni vengono messi contro gli altri.
Oppure le pensioni. L’insistenza sul contributivo come scelta unilaterale prenota contraddizioni e blocca la solidarietà, senza la quale non si va da nessuna parte nella ricostruzione dei diritti e delle condizioni di lavoro. Così per l’occupazione, stiamo andando verso un’economia in cui pochi lavorano troppo e molti non lavorano o lavoricchiano. Occorre affrontare anche questo punto vitale, il lavoro va ripartito, redistribuito con un progetto economico e sociale.
Sono solo alcuni punti ma ce ne sono altri, non meno importanti come la progressività fiscale, la lotta all’evasione, il rifiuto dei condoni, la tutela dell’ambiente, che è una risorsa. Su punti caratterizzanti la sinistra può aprire un scenario nuovo in Europa. Senza una prospettiva sovranazionale non si va da nessuna parte, purtroppo la sinistra non è mai stata così poco internazionalizzata come in questa fase, sia per argomenti, sia per legami.
La globalizzazione implica risposte sovranazionali, eppure mai come in questa fase la sinistra resta entro i confini nazionali. Solo un programma coerente di cambiamento per riunire il corpo sociale entro un progetto di nuova società può evitare la frantumazione distruttiva della società e questo deve fare la sinistra se vuole dimostrare oggi le ragioni di fondo della sua esistenza, con un’idea di mondo e di relazioni che recuperino la parte migliore della solidarietà internazionale.
Questo articolo è stato pubblicato da StrisciaRossa.it il 22 giugno 2018