di Silvia R. Lolli
Antonio Stella sul Corriere della Sera martedì 30 gennaio ha scritto di astensioni pensando al futuro voto. Alle prossime elezioni ormai facilemente si può presumere un calo di votanti; visto il trend ci troveremo di fronte al nuovo partito, l’astensionismo? Le beghe dei miseri politicanti italiani, che continuano a imperversare mediaticamente nelle nostre case, sono dovute soprattutto agli errori di calcolo, alla poca capacità politica ed alla insufficiente credibilità. Abbiamo una pessima, ed ancora una volta fuori dai principi costituzionali, legge elettorale e c’è un elevato disinteresse per la cosa pubblica; il prossimo voto dovrebbe solo confermare tutto ciò.
Il teatrino della politica sembra sempre più autoreferenziale con megafoni inversamente proporzionali alle competenze e alla serietà di chi vuol farsi eleggere. C’è un clima di barricate: i fortini di partitacci o partitucoli oggi sulla breccia della politica italiana inviano i primi candidati, quelli che devono essere ancora seduti nel prossimo Parlamento, nei seggi più sicuri, infischiandosene dell’idea di recuperare un po’ di contatto con i territori. Troppa la paura di non poter eleggere i propri cerchi magici.
Che cosa resta da dire e da fare per i cittadini? Dopo 5 anni di una legislatura che doveva durare soltanto lo stretto necessario per fare una legge elettorale in sintonia con “la sovranità appartiene al popolo” (2° comma, art. 1, Costituzione italiana), cioè dopo tutto il tempo che pazientemente noi cittadini abbiamo concesso ad un Parlamento riconosciuto incostituzionale, stiamo vivendo, anzi subiamo per colpa dei mass media, in un teatrucolo politico in cui gli stessi legislatori non sanno come saltar fuori dalle incongruenze di una legge pessima, oltre che appunto non democratica secondo la Costituzione Italiana.
Stella scrive di disaffezione in termini di astensione. Purtroppo sarà così, ma se invece che di astensione si verificasse una nuova situazione, cioè un discreto numero di schede nulle, cosa succederebbe? Pensiamo che questa eventualità, non tanto remota dai nostri ascolti, possa essere messa in campo. Visti i muri di gomma conosciuti da troppi anni nella politica italiana, non succederebbe nulla.
Ci sarebbe però, oltre a quello degli astenuti (che quindi si dichiarano fuori dall’art.48 della Costituzione) un altro partito con cui tutti gli attuali contendenti dovrebbero, se eticamente corretti, fare i conti: il partito dei contro, dei delusi, degli insofferenti, dei veri democratici che in base all’art. 48 della Costituzione vogliono ancora esercitare il dovere di voto, prima che il diritto di cittadinanza. L’art. 48 infatti così cita:
“Il voto è personale ed eguale, libero e segreto. Il suo esercizio è dovere civico.
La legge stabilisce requisiti e modalità per l’esercizio del diritto di voto dei cittadini residenti all’estero”.
Come si vede i costituenti sottolinearono prima il dovere del voto, poi il diritto. Questa dicitura fu solo un caso? Pensiamo di no, perché in molti al termine della Resistenza dicevano: “Ciò è potuto succedere perché ci siamo disinteressati della cosa pubblica… ci dicevano che non era per noi…”; basta leggere la lettera di Giacomo Ulivi, giovane studente condannato a morte nel 1944 e appartenente alla Resistenza italiana. È una situazione assurda quella ipotizzata?
Non troppo. Intanto si dovrebbe finalmente ammettere che chi governa l’Italia, cioè siede in Parlamento non è più, e da tempo, rappresentativo della maggioranza, neppure relativa degli italiani. Si dovrebbe ammettere finalmente che al potere ci stanno oligarchie tra l’altro non sempre al massimo delle competenze, perché l’importante è mantenere le difese di un gruppettino di persone che mantengano i privilegi per pochi e costruire le leggi per i loro bisogni, cioè a loro immagine e somiglianza.
In democrazia difficile fare le rivoluzioni; ma in democrazie camuffate da oligarchie?