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Speculazione: sta per scoppiare una nuova bolla?


di Andrea Baranes
Lo scoppio di una nuova bolla non sembra essere questione di “se” ma di “quando”. Le banche centrali hanno immesso migliaia di miliardi nella speranza di fare ripartire l’economia dopo la crisi esplosa dieci anni fa. Una montagna di liquiditร  usata soprattutto per acquistare titoli di Stato. Se questo puรฒ avere aiutato l’Italia a ridurre lo spread e a gestire il proprio debito pubblico, un effetto non secondario รจ stato quello di spingere al rialzo la quotazione delle obbligazioni private, anche perchรฉ negli ultimi anni la BCE ha comprato direttamente titoli di alcune delle maggiori multinazionali europee.
Una montagna di soldi rimasta perรฒ incastrata in circuiti finanziari senza un trasferimento, se non in minima parte, nell’economia. In altre parole un sempre maggiore distacco della finanza dai fondamentali economici, ovvero la definizione stessa di una bolla. E’ paradossale che si continui a considerare sempre e comunque positivo l’aumento delle quotazioni sui mercati. Come scrive Sergio Bruno su Sbilanciamoci: “Perchรฉ l’aumento dei prezzi dei flussi prodotti si chiama inflazione e viene ritenuto negativo e pericoloso, mentre l’aumento dei prezzi degli stock di ricchezza viene ritenuto una benedizione, un 30 e lode conferito dai “mercati” (novelli aruspici), e non una banale “inflazione degli stock”, senza una evidente relazione con il benessere del paese?”. Una continua crescita dei titoli finanziari senza un corrispondente aumento nell’economia reale che senso puรฒ avere? Quanto puรฒ durare prima che sia necessario un riallineamento, per quanto brusco e doloroso?


Per non spaventare i mercati, le banche centrali cercano di rallentare il Quantitative Easing in modo lento e progressivo (il cosiddetto tapering). Non รจ perรฒ detto che sia sufficiente per evitare una nuova crisi. La scintilla puรฒ arrivare da qualsiasi parte, come avvenne nel 2007 quando i mutui subprime furono l’elemento scatenante che rivelรฒ l’insostenibilitร  dell’insieme dei mercati finanziari. Oggi รจ difficile dire quale potrebbe essere tale fattore. I prestiti agli studenti universitari Usa hanno raggiunto cifre insostenibili, cosรฌ come i debiti legati alle carte di credito che consentono di pagare gli acquisti a rate. Il problema non รจ perรฒ la scintilla, ma il possibile effetto a catena sull’insieme dei mercati finanziari.
L’eccesso di liquiditร  ha spinto al rialzo non solo le obbligazioni, ma anche le quotazioni delle azioni. In maniera forse ancora piรน preoccupante, le imprese hanno utilizzato questi soldi facili non per investimenti produttivi o ricerca, ma in gran parte per acquistare azioni proprie, spingendone la quotazione ancora piรน in alto. Per alcune delle piรน grandi multinazionali del mondo l’acquisto di azioni proprie ha superato anche gli utili. Come dire che non solo non si investe in ricerca e innovazione, ma si รจ arrivati alla follia di indebitarsi unicamente per aumentare artificialmente profitti e bonus dei manager, drogando il proprio corso azionario. Quando i soldi facili dovessero finire, cosa succederร ?
Non parliamo di un problema che interessa pochi squali della finanza, ma l’insieme dei mercati. L’aumento del prezzo dei titoli comprime i rendimenti, il che porta anche i soggetti piรน prudenti, quali i fondi pensione, a spostarsi verso strumenti piรน rischiosi alla ricerca di un qualche guadagno. Ancora, buona parte dei titoli di Stato sono nelle mani delle banche. Un crollo del mercato obbligazionario avrebbe impatti diretti sull’erogazione del credito e quindi su imprese e occupazione. Il gioco รจ in realtร  piรน complesso, perchรฉ le banche utilizzano i titoli di Stato come garanzia per ottenere liquiditร  a breve dalle loro omologhe. In questo modo da una parte la liquiditร  giร  eccessiva aumenta ulteriormente, dall’altro l’eventuale scoppio di una bolla porterebbe a una riduzione delle garanzie date per ottenere prestiti sul sistema interbancario, con effetto domino sulle banche.
La responsabilitร  di tutto questo รจ delle banche centrali e delle loro politiche monetarie? O piuttosto tali politiche hanno mascherato assenze ben piรน pesanti? Una solida ripresa non dovrebbe basarsi sull’immettere piรน soldi, ma prima di tutto su una visione sociale, economica, ambientale di lungo periodo, ovvero su una visione politica, che in questi anni รจ completamente mancata. La BCE ha assunto un potere eccessivo perchรฉ ha riempito il vuoto lasciato da Commissione e Consiglio, quindi dai singoli governi. Le politiche monetarie sono cosi importanti perchรฉ non ci sono politiche industriali, economiche, fiscali su scala europea. Un vuoto politico che non fa che ingigantire ulteriormente lo strapotere e il peso assunti dalla finanza in un’Europa dei capitali senza Europa dei diritti.
All’indomani del 2007 l’impegno solenne era quello di chiudere una volta per tutte il casinรฒ finanziario e di ridurne potere e influenza. Non solo non รจ stato fatto, ma ci troviamo oggi in una situazione probabilmente peggiore. Se scoppiasse una nuova crisi, quale Stato potrebbe mettere in campo piani di salvataggio paragonabili a quelli che furono necessari allora? E quali potrebbero essere le conseguenze, considerando non solo la situazione finanziaria ma prima ancora la rabbia sociale, la crescente sfiducia e il rischio concreto di una disgregazione del’UE? Tutti fattori che nel 2007 non erano presenti o comunque non avevano certo il peso che hanno oggi.
Poco o nulla รจ stato fatto non solo dal punto di vista economico e delle regole, ma prima ancora culturale: la stessa finanza รจ riuscita a ribaltare l’immaginario collettivo, addossando la responsabilitร  della crisi su Stati e debiti pubblici. La lezione del 2007 รจ stata completamente dimenticata, se mai era stata appresa. Si naviga a vista, anzi peggio ancora: bussola e timone sono nelle mani di quello stesso sistema finanziario che ci ha fatto naufragare solo pochi anni fa. In attesa della prossima tempesta.
Questo articolo รจ stato pubblicato da Sbilanciamoci.info il 5 settembre 2017

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