Consumo di suolo, un problema culturale di un Paese lobotomizzato

30 Giugno 2017 /

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Foto La presse
di Linda Maggiori
Il consumo di suolo in Italia prosegue inesorabilmente (pur rallentato grazie alla crisi economica) cancellando, al 2016, 23mila km quadrati (pari alla dimensione di Campania, Molise e Liguria messe insieme), pari al 7,6 per cento del territorio nazionale. Questo si legge nel documento realizzato dal Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente (Snpa) formato dall’Ispra e dalle Agenzie per la protezione dell’ambiente delle regioni e delle province autonome, pubblicato lo scorso 22 maggio. Le colate di cemento interessano anche zone a pericolosità sismica, idraulica, da frana, la fascia costiera, senza risparmiare neppure le aree protette e i parchi nazionali.
Cementificare il suolo, costruendoci sopra case, strade, industrie, vuol dire impermeabilizzarlo: ciò comporta un rischio accresciuto di inondazioni, contribuisce ai cambiamenti climatici, (in quanto il suolo perde la sua capacità di assorbire anidride carbonica), minaccia la biodiversità, provoca la perdita di terreni agricoli fertili e aree naturali, contribuisce alla diffusione urbana e alla progressiva e sistematica distruzione del paesaggio (Commissione europea, 2012).
La recente legge sul consumo di suolo (approvata alla Camera) presenta vari aspetti critici: Fai, Legambiente, Slow food, Touring club italiano e Wwf chiedono al Senato di apportare modifiche per rendere il disegno di legge più incisivo e rimuovere le troppe deroghe che di fatto vanificheranno l’obiettivo di azzerare o almeno minimizzare il consumo di suolo.

Ma il problema del consumo di suolo, come tutti i problemi ambientali, è anche un problema legato agli stili di vita e alla consapevolezza dei cittadini. In tanti sognano (progettano e comprano) villette nuove in campagna, per godere della natura, mantenendo il lavoro in città. Che la casa sia frutto di consumo di suolo, che magari prima ci fosse un boschetto o un terreno fertile, che ciò alimenti la dispersione urbana, il traffico e la costruzione di nuove strade che importanza ha? Ognuno pensi a sé, Dio penserà a tutti.
Viene da chiedersi perché mai la gente sia così lontana dalla questione ambientale. Il vero grosso problema, è che la gente non sa, non legge, non approfondisce. Si accontenta di ciò che passa la tv.
Oltre a essere un Paese cementificato, siamo infatti anche un Paese semi lobotomizzato. Secondo l’Istat 33 milioni di italiani (il 56,5% della popolazione sopra i 6 anni) non ha letto nemmeno un libro nei 12 mesi precedenti all’intervista (dati riferiti al 2016). E quando i cittadini smettono di leggere, diventano “pecore piegate alle usanze” facili da comandare e manipolare (Don Lorenzo Milani).
Come scrive Paolo Pileri, coraggioso urbanista, “senza lettura, vacilla la democrazia; la non-lettura è una bomba sulla quale siamo seduti e che tiene alla larga le persone dalle politiche ambientali”. (Altreconomia, n.194)
E così in questo assurdo Belpaese, tante cose vanno al contrario. Chi inquina viene premiato, chi “se ne frega” viene lodato, mentre chi lotta per l’ambiente, chi si ostina a muoversi in bici, chi difende il suolo e i beni pubblici viene ignorato, deriso, minacciato e talvolta, se va male, anche processato. Emblematico è il caso della coraggiosa sindaca di Lauriano (To), che ha dovuto subire un lungo processo (infine assolta) per aver trasformato un terreno edificabile in terreno agricolo. La sua toccante testimonianza è contenuta nel libro “Il suolo sopra tutto” scritto da Matilde Casa e Paolo Pileri (e Altreconomia).
In questo Paese, cementificato e inaridito, che non ha voluto avere come presidente della Repubblica un grande uomo come Stefano Rodotà, instancabile difensore della Costituzione e dei beni comuni, in questo Paese che non legge libri ma addita come “estremisti” chi protesta e difende il paesaggio, è sempre vivo e attuale lo sprone di Don Milani, che ci invita a fare della cultura uno strumento di lotta:
“Combattivi bisogna essere, cioè schierati. (…) Scontrarsi con i nemici per accorgersi che singolarmente meritano pietà. Scontrarsi ho detto, e non incontrarsi, perché una patetica stretta di mano inneggiando all’amore universale e avendo cura di non toccare tasti delicati e argomenti scottanti non rimedia nulla e non è nemmeno onesta”.
Questo articolo è stato pubblicato dal FattoQuotidiano.it il 28 giugno 2017

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