di Amina Crisma
Chiunque abbia avuto la fortuna di incontrare Alberto Mioni, illustre studioso di linguistica e professore di Glottologia e Linguistica Generale per un quarantennio all’Università di Padova morto a settantacinque anni il 13 marzo, non esiterà a riconoscerne un pertinente ed efficace ritratto nel bell’omaggio che gli dedica Lorenzo Renzi (Venetovox, 15 marzo 2017) ove lo si definisce “un linguista esuberante, raro specialista delle lingue africane, cosmopolita e veneto genuino”. Di tutti questi aspetti ho avuto modo di rendermi conto, nel periodo fra il 2000 e il 2010, in cui ho insegnato Sinologia alla Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Padova, e Alberto Mioni mi ha dato generosa ospitalità nel suo studio a Palazzo Maldura.
La sua gentilezza era davvero speciale: dedicava quotidianamente molto tempo, che spesso si prolungava fino ad ore inoltrate, ad ascoltare pazientemente i molti studenti che si affollavano alla sua porta, seguendo con assidua attenzione le loro tesi (si annoverano circa a 400 quelle da lui seguite, mi dicono). Fra i vari incarichi istituzionali che aveva ricoperto nell’ateneo – come quello di direttore del Dipartimento di Linguistica e di direttore del Corso di perfezionamento in Studi interculturali – v’era stato anche quello di Prorettore per la didattica e i problemi degli studenti: un incarico che indubbiamente gli era risultato assai congeniale, e nel cui corso, come mi raccontava, gli era capitato di misurarsi con battaglieri leader studenteschi con i quali era riuscito non di rado a intavolare un bonario dialogo anche in periodi piuttosto turbolenti.
Era un atteggiamento di cordiale apertura che lo caratterizzava, sia nei rapporti con gli altri, sia nella sua attività intellettuale e nei suoi interessi scientifici, di cui offre un quadro articolato il volume collettaneo in suo onore Lingue e contesti, uscito da Cleup nel 2015 a cura di Maria Grazia Busà e Sara Gesuato. Il suo percorso era iniziato negli anni Sessanta con una tesi di laurea a Padova sulle lingue africane, a cui aveva fatto seguito un’importante esperienza formativa a Parigi, e tale passione lo accompagnò nel corso della sua vita di studioso, sviluppandosi nelle ricerche da lui svolte negli anni successivi in Burundi, in Kenya, in Tanzania. Visiting professor a Vienna, Zurigo, Algeri, Mogadiscio, le prospettive dei suoi lavori erano in sintonia con i grandi dibattiti internazionali che hanno rinnovato gli ambiti, le concezioni e le metodologie degli studi linguistici, come attesta la sua vasta bibliografia, in cui spiccano, accanto ad opere fondamentali quali Fonematica contrastiva (Patron 1973) ed Elementi di fonetica (Unipress 2001), le riflessioni sulle lingue franche, sul Global English, sulla sociolinguistica….
Era questa sua grande e cordiale apertura a sottendere, fra molte altre cose, il suo contributo alle iniziative interculturali dell’ateneo di Padova, come il Master in Studi interculturali sorto nel 1999 di cui egli è stato, insieme ad Adone Brandalise e a Giangiorgio Pasqualotto, fra i principali promotori e animatori.
Altri meglio di me sapranno tracciare la sua cospicua biografia intellettuale. Quello che mi importa qui ricordare è un brillante e amichevole conversatore dall’irresistibile gusto narrativo, che mi raccontava, ad esempio, della difficoltà di tradurre in swahili il turchino dei capelli della fata di Pinocchio. Lo caratterizzava una vivace curiosità interdisciplinare, e fra gli argomenti che gli interessavano in particolare, e di cui spesso discutevamo, c’erano i recenti sviluppi degli studi e delle ricerche sulla lingua cinese antica: le mie pagine in suo onore in Lingue e contesti recano la traccia di quelle conversazioni.
Ma soprattutto, mi piace ricordarlo come una persona che aveva, in tutti i suoi modi, il talento e la cura di mettere a loro agio i suoi interlocutori, chiunque fossero; chiacchierare con lui era fare esperienza di una cordiale abitabilità del mondo, che si trattasse di grandi teorizzazioni o di aneddoti minuti, di scenari padovani o parigini, asiatici o africani, locali o globali.
Questo articolo è stato pubblicato da Inchiesta online il 29 marzo 2017