Skip to content

Per riconquistare autonomia monetaria

Europa Cafe - Foto di Thomas Hawk
Europa Cafe – Foto di Thomas Hawk

di Guido Viale
Non viviamo piรน da tempo in un’economia di sussistenza, dove ogni comunitร  si sostenta con beni prodotti al proprio interno. Oggi cibo, energia, casa e altri fattori essenziali alla vita civilecome salute, istruzione, assistenza, mobilitร  si comprano; oppurepossono essere forniti dallo Stato, che a sua volta li paga con il ricavato delle nostre imposte. Senza denaro anche la cosiddetta “nuda vita” si ferma.
Quando il denaro era costituito esclusivamente da monete metalliche, le emetteva lo Stato, che poteva anche truccarle (e lo faceva) alterandone il contenuto. Ma nessuno se non chi le possedeva poteva poi controllare come, quante e quando spenderle. Ma oggi monete e carta moneta non sono piรน del tre-quattro per cento della circolazione monetaria. Tutte le altre transazioni avvengono tramite banca. Bloccare le banche vuol dire bloccare tutta la vita economica.
Poi, finchรฉ รจ rimasta in vigore la separazione tra banche commerciali e di investimento introdotta dal New Deal, l’attivitร  delle prime, cioรจ la circolazione monetaria, era sรฌ regolata dallo Stato o dalla Banca centrale attraverso il tasso di sconto e l’obbligo della riserva, ma bloccarla era molto difficile. Infine, finchรฉ l’attivitร  della Banca centrale รจ stata regolata dallo Stato e ne era di fatto una branca – prima, cioรจ, del “divorzio” tra Governo e Banca centrale, poi esteso anche alla BCE – lo Stato che spendeva in deficit piรน di quanto incassava con le imposte si indebitava di fatto con se stesso; o solo con chi accettava di prestargli del denaro alle condizioni decise dal Governo.

Non era facile speculare sulle emissioni di Stato: era il Governo, e non la finanza, a fissarne il rendimento. Un deficit eccessivo poteva sรฌ provocare inflazione: รจ la motivazione con cui quel “divorzio” รจstato imposto. Ma allora controllarne gli effetti era piรน facile che non ora, con i deficit in mano a una finanza extraterritoriale.
Oggi tutti i livelli della circolazione monetaria – spese quotidiane delle famiglie; depositi e risparmi; bonifici, fidi e anticipi di cassa delle imprese; spesa pubblica e relativi deficit; investimenti, sia speculativi che non – sono pezzi di un’unica piramide in mano all’alta finanza: una entitร  anonima, anche se governata da persone in carne e ossa, con nome, cognome e patrimonio personale di ampia entitร .
รˆ la privatizzazione totale, nelle mani di un numero sempre piรน ristretto di “operatori” e beneficiari, di tutto ciรฒ che facciamo, che abbiamo, che siamo: i nostri redditi; i servizi forniti da Governo, Regioni e Comuni; le attivitร  delle aziende, sottoposte ad alti e bassi del credito che rispondono piรน agli andamenti dei mercati finanziari che ai risultati delle imprese produttive; ma anche le attivitร  di ogni comune cittadino o cittadina che, indipendentemente dai suoi guadagni e dal suo indebitamento personale (mutui, acquisti a rate, prestiti d’onore, cessione del quinto, scoperti bancari) รจ comunque titolare di una quota di debito pubblico che impone prelievi annuali per pagare interessi che si accumulano con la legge dell’interesse composto.
Il gigantesco debito pubblico italiano รจ minore degli interessi pagati su di esso dall’anno del divorzio tra Governo e Banca centrale. Ma non รจ all’impossibile restituzione di quel debito che si punta, bensรฌ a usarlo per imporre la vendita – per ridurre, si dice, quel debito – di tutto ciรฒ che di pubblico o di comune presenta un interesse economico. E questo, anche se in Italia la vendita di tutte le imprese pubbliche non basterebbe a pagare ai detentori del suo debito gli interessi di un anno. L’anno successivo perรฒ quegli interessi vanno pagati di nuovo, ma quelle imprese e i loro proventi non ci sarebbero piรน.
Come uscire da questo circolo vizioso? Per gli economisti mainstream non c’รจ altra strada che riportare il debito a un livello sostenibile rimborsandolo un po’ per volta, nonostante che quasi mai nella storia i debiti degli Stati siano stati saldati: il loro peso sul PIL veniva riassorbito in tutto o in gran parte dalla crescita o dall’inflazione; oppure venivano condonati; o azzerati con un default: evento molto frequente nella storia, anche se piรน difficile da sostenere oggi in un’economia globalizzata; perchรฉ oggi i creditori degli Stati non stanno in nessun luogo particolare, ma possono palesarsi ovunque e le ritorsioni, anche preventive, che possono attivare sono ubique. Cosรฌ, nel luglio del 2015, Draghi e la BCE avevano dimostrato alla Grecia che chiudendo i rubinetti del credito si puรฒ paralizzare la vita di un intero paese.
Cosรฌ, se entrare nell’euro puรฒ essere stato un errore, l’idea di uscirne unilateralmente, pensando di riconquistare competitivitร  internazionale e sovranitร  monetaria, non fa i conti con le sanzioni e i costi che ciรฒ comporterebbe; nรฉ con le difficoltร  tecniche di un’operazione che lascerebbe per mesi, se non anni, mani libere alla speculazione; nรฉ, soprattutto, con il mutato contesto internazionale, dove contano sempre di piรน i meri rapporti di forza. Tutto ciรฒ la rende non solo una strada impraticabile, ma denota anche la sua permanenza all’interno di un orizzonte “liberista”, dove la competitivitร  รจ una panacea e il governo centralistico della moneta non fa problema.
Per questo, invece di demonizzare le scelte con cui il governo Tsipras ha cercato di far fronte a quel ricatto, in attesa che una parte almeno dell’Europa lo affiancasse nell’opposizione alle politiche della Trojka, sarebbe opportuno ripercorrere a ritroso il filo delle sue scelte, a partire anche da quelle precedenti all’avvento di Syriza al governo.
Con il senno di poi, questa rivisitazione non puรฒ che confrontarsi con la necessitร  di costruire, dentro il contesto sociale esistente, circuiti di autonomia monetaria e finanziaria per restituire al denaro, o a una parte di esso, la sua natura di “bene comune” o, per dirla con Karl Polanyi, di “merce fittizia”: un bene che, come il lavoro e la terra (oggi diremmo l’ambiente), non si puรฒ comprare e vendere come qualsiasi altra merce, pena la dissoluzione dei legami che tengono insieme convivenza e societร .
Si tratta allora, mentre lo si combatte anche in altri modi, di erodere a tutti i livelli praticabili il potere della finanza sulle nostre vite, moltiplicando circuiti monetari il piรน possibile autonomi e autogestiti: sul territorio, con monete locali oggi largamente sperimentate in diversi contesti e diversi continenti e,come giร  negli anni ’30 del โ€˜900, con maggior successo dove hanno il sostegno delle amministrazioni locali (ma oggi, in piรน, con il vantaggio di poter essere gestite con internet).
A livello interaziendale, con una moneta studiata per aver corso solo nell’interscambio tra imprese, ovviamente, anche qui con una garanzia pubblica; รจ il sistema con cui Hitler aveva risollevato l’economia tedesca stremata dalla Grande depressione. Ma รจ anche l’ambito in cui si รจ sviluppato il Sardex: una delle versioni odierne di autonomia monetaria di maggior successo, che si sta espandendo in diverse regioni italiane, viene studiato in tutto il mondo e sta gradualmente conquistando anche i circuiti del commercio al minuto.
Per quanto riguarda la spesa pubblica, infine, integrandola con soluzioni come i certificati fiscali proposti da Luciano Gallino ed Enrico Grazzini, che consentirebbero il trasferimento di un potere di acquisto aggiuntivo alle piccole imprese e alle fasce piรน deboli anche senza violare le regole europee. Certo, fino alla sua possibile dissoluzione, di giorno in giorno piรน probabile, l’euro rimarrebbe il mezzo di pagamento principale (ed esclusivo nelle transazioni internazionali). Ma intanto, in vista di successive trasformazioni, una buona dose di autonomia monetaria sarebbe conquistata.
รˆ questo il risvolto monetario di un programma per favorire e promuovere l’unica alternativa praticabile alla globalizzazione attuale, fondata sulla corsa al ribasso di salari, servizi pubblici, tutele ambientali e solidarietร : l’alternativa della riterritorializzazione o rilocalizzazione di una quota crescente di processi produttivi, di relazioni di mercato, di rapporti di lavoro. Una componente essenziale della conversione ecologica che va affrontata proprio a partire dalla dimensione locale.
Questo articolo รจ un estratto dell’intervento di Guido Viale al convegno “Il giubileo del debito” che ha avuto luogo a Genova il 16 luglio 2016 ripreso dal quotidiano Il manifesto

Aiutaci a diffondere il giornalismo libero e indipendente.

Articoli correlati

fantasmi00
di Giovanni Giovannelli /
old
di Sarah Gainsforth e Ylenia Sina /