Perché per Parigi vi siete mobilitati e per Orlando molto meno?

14 Giugno 2016 /

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Strage di Orlando
Strage di Orlando
di Giacomo D’Arrigo, direttore generale dell’Agenzia nazionale per i giovani
Non è cosa da poco, o fatto da omettere. Non è stata solo una carneficina di giovani che come unica colpa avevano quella di stare nel posto sbagliato al momento sbagliato (che poi il Pulse può essere definito posto sbagliato?). No quella di Orlando è una strage di ragazzi gay che non ha precedenti. Inutile girarci intorno. L’omofobia è viva e lotta assieme a noi. Anche nella grandiosa America dei diritti dove coppie omosex possono adottare e sposarsi. Qui non si parla di comprendere o meno le ragioni di chi non è come noi. Qui non si parla di chi ha paura, di chi ha attitudini diverse. No qui si parla di cieco odio di genere sfociato in violenza incontrollabile. E ingiustificabile.
Qua in Italia le reazioni sono state blande. L’America è più lontana della Francia e del suo Bataclan. E poi sarà stato l’Isis o la follia di un pazzo omofobico? Perché fa decisamente la differenza. Ed è qui che invece le nuove generazione devono smarcarsi da quella pericolosissima linea di confine che separa l’indifferenza dall’ipocrisia.
Tocca ai più giovani, quelli dell’inclusione, quelli perennemente in marcia verso nuovi orizzonti e nuove terre. Quelli che volgarmente vengono oramai definita la generazione “millenials”. Tocca quindi a loro, dicevo, saltare quelle barricate enormi che hanno ancorato i destini di tante giovani coppie gay a cui i diritti si fa ancora fatica a riconoscerli.

Indigniamoci com’è stato per il Bataclan. Perché un gay ha tutto il diritto di andare in un locale a divertirsi. E non per questo motivo deve essere preda delle follie omicida di nessuno. Una gay ha diritto di baciarsi per strada senza aver paura di essere pestato. Un gay ha diritto a fare ciò che vuole senza avere il timore di qualcuno che lo prenda in giro, che lo ridicolizzi, che lo schernisca. Stringiamoci attorno a Orlando.
Immagino di poter interpretare il sentimento della generazione Sve e Erasmus. Perché so che nella loro storia nel loro background questi valori, esistono già. Perché sono cittadini europei, del mondo. Perché la loro, e la nostra casa, è ovunque ci siano diritti e sono pronti a lavorare ovunque questi diritti non siano rispettati. A maggior ragione dico, cari ragazzi battiamo un segno di vita proprio dove è stata decretata la parola morte. L’omofobia, come il razzismo, non sono defunti. Si nutrono di indifferenza. Leviamogli il pane. E piangiamo assieme i vostri coetanei.
Questo testo è stato pubblicato sull’Huffington Post il 13 giugno 2016

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