La legge sulle unioni civili è storica ma è già vecchia

20 Maggio 2016 /

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Unioni civili - Foto di Francesca Corona
Unioni civili - Foto di Francesca Corona
di Andrea Maccarrone
L’11 maggio la Camera ha definitivamente approvato la legge sulle Unioni Civili per le coppie omosessuali. Un passaggio senza dubbio storico perché rompe un tabù, fatto di speranza più volte deluse, promesse non mantenute, negazione e insulti, resistito oltre 30 anni. E cosa più importante questa legge finalmente riconosce un pezzo di realtà sociale, riconosce dei diritti e quindi cambia in meglio la qualità della vita di tante persone che la aspettavano.
Nonostante ciò non si riesce a gioire pienamente di una norma che nasce già vecchia (il modello tedesco che la ispira è vecchio di 15 anni) e soprattutto concede diritti al caro prezzo della dignità e negando la piena uguaglianza.
Questa norma colma solo a metà il grande ritardo rispetto alla società, dove sì è ormai compiuta una vera e propria rivoluzione e dove le coppie omosessuali, con o senza figli, sono riconosciute pienamente come famiglie, cosa che ancora una volta questa legge prova a negare in maniera subdola. Con la famosa definizione di “formazione sociale specifica” che ancora le unioni civili all’articolo 2 della costituzione e non al 29 che parla di famiglia appunto, espungendo dal testo quasi ogni riferimento alla vita familiare, negando la possibilità di adozione e la stepchild adoption e con quell’altra previsione quasi ridicola guardando alla sensibilità contemporanea, che è la cancellazione solo per unioni civili dell’obbligo di fedeltà, nel tentativo di evidenziare una maggiore promiscuità e precarietà di queste unioni rispetto a quelle etero “santificate” dal matrimonio.

Un compromesso, si dice, che sotto la pressione di una feroce quanto strumentale propaganda cattolica sulla gestazione per altri che ha fatto breccia anche a sinistra e nel movimento 5 stelle, ha finito per lasciare fuori dal recinto della legge e ancora in balia dei tribunali proprio le famiglie arcobaleno che più speravano in un riconoscimento e una prima tutela per le loro figlie e figli. I bambini di cui tutti si riempiono la bocca sono lasciati privi di tutela come se questo, nell’ottica perversa di ha perseguito quest’obiettivo, ne cancellasse l’esistenza e la realtà.
Ma la cosa che trovo sin dal principio grave nel 2016 è l’idea stessa di un istituto separato e distinto dal matrimonio riservato solo alle sole coppie omosessuali. Un istituto ghetto, simile in tutto e per tutto a un autobus separato su base razziale nell’America segregazionista. Come se l’ammissione delle coppie gay e lesbiche al medesimo matrimonio e il riconoscimento di queste famiglie potesse in qualche modo contaminare le altre.
Ora, se è pur vero che andare in autobus è sempre meglio che andare a piedi, soprattutto quando a furia di camminare negli scorsi 30 anni ci si sono sfondate le scarpe e che quindi va bene, soprattutto per le tante persone che non possono più aspettare, che hanno bisogno di quei diritti qui e ora, prendere questo passaggio oggi consentito, questo non ci deve fare desistere dal proseguire la nostra lotta e la nostra battaglia, da subito. Se troppe e troppi si accontenteranno, lasciando indietro gli altri nel lungo periodo la sconfitta sarà certa e collettiva.
Ecco quindi il motivo della mia gioia dimezzata e della mia insoddisfazione. Perché l’eguaglianza o c’è o non c’è e la dignità o c’è o non c’è. Eguaglianza e dignità dimezzate semplicemente non sono eguaglianza e dignità, ma in italiano continuano a chiamarsi discriminazioni.
Su una cosa sono pronto a scommettere però. Nella percezione comune queste unioni, le avessero pure chiamate carciofi, saranno esattamente come il matrimonio, e il linguaggio della strada e il comune sentire faranno presto giustizia delle timidezze e delle miopie del legislatore perché alla fine la realtà e incomprimibile e questa legge con tutti i suoi limiti contribuirà a farla emergere questa realtà, a renderla visibile, e potrebbe essere da stimolo anche all’evoluzione del matrimonio e del concetto stesso di famiglie in senso più pluralista, laico, aperto.
Nel frattempo ricordiamoci che le politiche vere di genere, di parità e lotta alle discriminazioni, di contrasto a omofobia, transfobia e bullismo non si esauriscono certo con una legge bandiera, ma sono fatte di una visione complessiva e di interventi coerenti e diffusi soprattutto in ambito educativo e comunicativo. Non vorrei che la verniciata di rosa della legge sulle unioni civili giustificasse e coprisse i ritardi e persino i pesanti passi indietro fatti dal Governo Renzi, per esempio rispetto agli interventi contro omofobia e transfobia nelle scuole o con il ridimensionamento dell’UNAR. Tutte cose meno spettacolari e meno seguite dai media, ma altrettanto se non più importanti delle unioni civili. Sarebbe paradossale che un Governo che mette la fiducia su queste ultime continui poi a girarsi dall’altra parte davanti ai ragazzini e alle ragazzine bullizzate a scuola o alle vittime di discriminazioni e violenze.
Questo articolo è stato pubblicato sul sito del Manifesto sardo il 16 maggio 2016 riprendendolo dall’Huffington post

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