di Paola Giaculli
Senza pretesa di una compiuta analisi, i punti che sembrano caratterizzare l’esito delle elezioni nei tre Länder tedeschi (per un totale di quasi 13 milioni di elettori) si possono sintetizzare come segue:
- 1. Si assiste al trionfo oltre le previsioni di AfD, “Alternativa per la Germania” partito nato nel 2013 contro l’euro in funzione antisolidale contro i “paesi del debito”, in particolare la Grecia, e dalle rivendicazioni estremamente antisociali. L’accento verte ora contro migranti, profughi e la supposta “islamizzazione” del Paese. Si registra quindi un forte spostamento politico del Paese a destra, che segue quello culturale in atto da anni soprattutto nel corso della crisi economica e finanziaria, espressosi in forme populistiche nell’astio contro la Grecia, promosso anche dalla stessa cancelliera Merkel, e in generale dalla coalizione di governo compreso il vicecancelliere nonché vicepresidente della Spd Gabriel). In Sassonia-Anhalt l’AfD diventa dal nulla il secondo partito con il 24,2, in Baden-Württemberg e in Renania Palatinato terzo partito rispettivamente con il 15 e il 12,6, superando la SPD ridotta a partito minore. Questo partito è già presente in altri cinque Landtage (parlamenti dei Länder), cioè in Sassonia, Brandeburgo, Turingia, Amburgo e Brema.
- 2. Si può parlare di vera e propria cesura nel sistema partitico istituzionale tedesco: la Germania non fa più eccezione nel panorama europeo in quanto a “stabilità di sistema”. Perdono i grandi partiti tradizionali, Cdu, con crolli clamorosi in particolare per Spd ma anche per Verdi, a eccezione per Spd di Renania-Palatinato (con capoluogo Magonza), al 36,2 (+ 0,5%) a favore a sorpresa della candidata locale presidente del governo uscente e contro la candidata Cdu (dal 35,2 al 31,8), avversaria di Merkel sulla politica di migrazione. I socialdemocratici si dimezzano negli altri due Länder per arrivare a un misero e incredibile 10%, mentre nel Baden-Württemberg (capoluogo Stoccarda), in cui il presidente verde del governo uscente (che ha sostenuto pubblicamente Merkel, e sembra più “conservatore” che verde ) tira l’ascesa dei Verdi (dal 24, 2 al 30,3) che diventano qui primo partito spodestando la CDU, che perde ben 12 punti (27%) in un Land tradizionalmente sua roccaforte. Ma i Verdi perdono in Renania e Sassonia dove riescono a malapena a superare la soglia del 5%. In Renania subiscono una emorragia pari a ben due terzi dei consensi, dopo esser stati al governo con la SPD con il 15%, mentre in Sassonia perdono circa il 2% (dal 7). Qui la Cdu rimane primo partito con una flessione del 3 percento (29), ma per la riedizione del governo Cdu-Spd non bastano i voti. I liberali recuperano a ovest, mentre rimangono fuori a est. Mai è stata così difficile la formazione di governi, visto che finora tutti hanno escluso di allearsi con l’Afd e questa ha dichiarato di voler stare all’opposizione.
- 3. Pesanti sono le perdite per LINKE in Sassonia-Anhalt, Land dove scende dal 23,7 al 16,3. Fino allo scorso autunno sembrava addirittura ipotizzabile una coalizione LINKE-Spd-Verdi. Ora insieme questi partiti hanno appena il 32 percento. Nei Länder a ovest la situazione rimane pressoché invariata rispetto al 2011 con uno scarso 3 percento. Si registrano alcune controtendenze come a Friburgo (dal 4,6 a 8,4), Tubinga, Heidelberg e Stoccarda, capoluogo del Baden-Württemberg dove supera il 5%, e tra i giovani tra i 18 e 25 anni per cui sia in Baden-Württemberg che in Renania Palatinato avrebbe superato la soglia con il 6 percento. Eppure la LINKE, definitasi giustamente “partito dei sostenitori dei profughi” in solidarietà ai volontari, tra cui molti militanti o simpatizzanti di LINKE, proprio il 6 marzo ha riscosso un importante successo alle comunali in Assia dove ha aumentato i consensi ovunque ma soprattutto nelle città (con il raddoppio a Francoforte con l’8%, nel capoluogo Wiesbaden dal 2 al 6, con consensi in altre cittadine fino al 14 percento) a fronte però di una partecipazione al di sotto del 50% (a Francoforte addirittura del 38 per cento).
- 4. Si è registrato un balzo dell’affluenza ovunque: sorprendente quello in Sassonia (+10, da 51 a 61%), in Renania da 61,8 a 70,4, nel Baden-Württemberg da 66,3 a 70,4. A beneficiarne è soprattutto l’AfD. Facendo la media tra i Länder, il 46 percento di chi non si era recato alle urne nel 2011 ha votato stavolta AfD. Questa si fa vanto di aver riportato i cittadini alle urne e dichiara che è un “bel giorno per la democrazia di questo Paese”, che “si dovrebbe essere contenti” e che “occorre più democrazia diretta”. A suo avviso e anche di alcuni osservatori la Germania si è “ripoliticizzata”. Quindi il trionfo della destra sembra avvenire non tanto per disaffezione alla politica in generale, quanto verso i partiti politici tradizionali, essi stessi, del resto, da tempo in crisi strutturale e di personale, con il conseguente aumento della partecipazione a un voto che sembra perlopiù di opinione – un dato che appare molto preoccupante. In secondo luogo AfD attinge voti dalla CDU e poi a seguire dagli altri partiti (in Sassonia il massimo dal non voto: 104.000, da CDU 38.000, da LINKE 28.000 e 21.000 da SPD). La stragrande maggioranza degli elettori sostiene di aver votato AfD “non perché risolva le cose ma perché le chiama con il loro nome”. E votano AfD perché soprattutto delusi dagli altri partiti (75%).
In questo contesto si possono fare alcune sono considerazioni generali. L’atteggiamento e le politiche da assumere nei confronti delle persone che fuggono dalla disperazione è al centro del dibattito politico in Germania da mesi. Il tema ha oscurato tutto e monopolizzato l’opinione pubblica con i ripetuti appelli all’introduzione di una quota limite al diritto di asilo, al diniego all’accesso o alla permanenza per chi fugge per “ragioni economiche”, alla chiusura delle frontiere, preferenza per soluzioni nazionali piuttosto che europee, da parte della destra interna e esterna a Cdu/Csu.
Merkel si è battuta, citando la costituzione, contro l’introduzione di “quote limite” e in ultimo ha affermato che “l’Afd divide il Paese”. Il dibattito ha lasciato spazio a strumentalizzazioni come quella dei fatti di Colonia, mettendo in secondo piano l’ascesa di un vero e proprio terrorismo di destra razzista che si abbatte anche con attacchi armati su migranti, chi li sostiene, chi li ospita. In questo contesto, messa da parte la “crisi greca”, il cavallo di battaglia di AfD sono “loro”, i profughi, i migranti, i musulmani.
Nel periodo precedente alle elezioni si è verificata un’erosione – ora evidente nei risultati – nelle posizioni dei partiti di governo Cdu e Spd che hanno “rincorso” l’AfD, con cedimenti nella Cdu a pressioni interne contro Merkel, cosa che ha contribuito al successo di AfD, come gli attacchi diretti e continui del leader Seehofer dell’alleata bavarese CSU alla cancelliera (Seehofer tra l’altro ha invitato il premier britannico Cameron e l’ungherese Orban a distinte riunioni del gruppo della Csu, e ha fatto visita a Orban, come un capo di governo, un paio di settimane prima delle elezioni).
Risultato di queste pressioni sono state le ripetute restrizioni del diritto di asilo, al ricongiungimento familiare e il ripristino dei controlli alla frontiera. Il vicecancelliere Spd Gabriel, ha soffiato sul conflitto sociale tra “noi” e “loro” sulla falsariga di “A loro date tutto, a noi niente”: frase che Gabriel si sente dire spesso parlando con la gente, come da lui dichiarato in un’intervista televisiva. Infine in un intervento in un talk ha lanciato l’idea di un “progetto di solidarietà per la nostra popolazione”, cioè nel contesto della dicotomia tra “noi tedeschi” e “loro stranieri”, un pacchetto di misure per il tedeschi.
Il problema delle disuguaglianze sociali non è nuovo in Germania, negli ultimi anni e di recente sono state pubblicate diverse statistiche sul crescente divario. Cosa che la LINKE non si è mai stancata di ripetere opponendosi alle politiche di austerità. Però secondo i sondaggi prima dell’autunno la stragrande maggioranza della popolazione dichiarava di essere “soddisfatta” della propria vita e che in Germania “si stava bene”. Si ricorderà in sostegno alle politiche di austerità, alla “punizione” di chi non faceva “i compiti a casa” come la Grecia, i sondaggi di gradimento per Merkel, e anche Schäuble volavano verso il 70 e 60 percento.
La percezione di insicurezza sembra essersi fatta strada soprattutto con l’arrivo dei migranti – che come sostiene il vicepresidente AfD Gauland “ci hanno fatto un regalo”. In effetti i sondaggi di AfD la scorsa estate indicavano difficoltà a superare lo sbarramento del 5 e il fondatore Lucke era uscito per formare un altro partito, perché al congresso aveva vinto l’ala intransigente con i migranti. Ora anche media considerati autorevoli sostengono che AfD ha saputo dare ascolto alle paure dei cittadini al contrario degli altri partiti (Giovanni di Lorenzo, direttore di DIE ZEIT). Eppure vi sono sondaggi tra i comuni che organizzano l’accoglienza per cui addirittura una forte maggioranza dichiara ottimisticamente di essere in grado di affrontare la sfida.
Si assiste quindi a una forte polarizzazione del Paese: il moto di solidarietà del movimento dei volontari è ancora molto forte (stimato intorno 10% di una popolazione di circa 81 milioni), ma oscurato dalla parte “bieca”. Da questa parte invece lo sdoganamento è totale: affermazioni di massimi esponenti di AfD secondo cui è legittimo sparare sulle persone per difendere le frontiere, anche sui bambini, e secondo cui “non bisogna farsi ricattare dagli occhi di questi” (Gauland) – non hanno suscitato lo sdegno che ci si potrebbe aspettare in un paese come la Germania: anzi – secondo un sondaggio del mese scorso il 29 percento approva.
Segno evidente che il livello di guardia è ormai superato e non serve gettare discredito verbale su questo partito, dargli del razzista o del disumano, anche se corrisponde alla verità, perché l’umanità e la pietas da questa parte non sembra purtroppo avere (più) dimora. Le aggressioni alle persone e ai centri di accoglienza o alloggi per migranti sono all’ordine del giorno (in media tre al giorno da inizio dell’anno) e la polizia di Lipsia (Sassonia) ha parlato di “clima da pogrom”. In Sassonia-Anhalt ben il 57 percento (al primo posto tra le preoccupazioni) teme l’islamizzazione a fronte di una presenza locale di musulmani talmente irrisoria da non essere degna di nota.
Secondo Heribert Prantl, autorevole analista e redattore del quotidiano Süddeutsche Zeitung l’AfD “è dimora di nostalgia aggressiva e rozza piccola borghesia. A ovest è di destra e nazional-liberale, e raccoglie le penne dell’ala di destra che si è spezzata dalla Cdu. A est è più radicale, populista e razzista. Qui è un Npd (il partito neonazista, ndR) revitalizzato e mostra un accentuato disprezzo nei confronti delle regole e delle convenienze democratiche. E per questo è tanto più inquietante il suo grande successo elettorale in Sassonia-Anhalt.
L’Npd, quaranta anni fa, all’epoca dei suoi più grandi consensi, era rappresentato in sette parlamenti di Länder. Ora l’AfD è presente in otto ed è più pericolosa dell’Npd di allora perché, rispetto a questo, è più in connessione con la società. Essa non è una minaccia per una società aperta e liberal in virtù dei suoi consensi elettorali, bensì perché con essa il dibattito politico e nella società si è spostato drammaticamente a destra”.