Ddl Cirinnà, calcoli macabri sulla pelle delle persone

23 Febbraio 2016 /

Condividi su

Famiglie arcobaleno
Famiglie arcobaleno
di Pierfranco Pellizzetti
I bigotti e le beghine in Italia sono quantitativamente più numerosi degli omosessuali? Perché se così non fosse, qualcuno avrebbe sbagliato i propri calcoli elettorali. E non sarebbe la prima volta, in materia di diritti civili. Valga per tutti l’idolo di Maria Elena Boschi – l’aretino Amintore Fanfani, cavallo di razza e segretario della Democrazia Cristiana del tempo che fu – il quale puntò all’en plein nella roulette referendaria sulla legge Fortuna-Baslini [istitutiva del regime che autorizza la cessazione degli effetti civili del vincolo matrimoniale] e finì sbancato.
Era il maggio 1974. Per di più sbeffeggiato, visto l’involontario effetto comico che produsse grazie ai temi con cui arringava platee maciste, presunte maggioritarie; al grido “se passa la legge sul divorzio vostra moglie scapperà di casa con l’amica”.
Come si vede, già quattro decadi fa l’omofobia non portò fortuna a chi ne aveva strumentalizzato in senso politico la vocazione carceraria. E così si potrebbe confermare anche per il ddl Cirinnà. Lo si diceva, a danno di chi ci ha fatto i suoi calcoli sopra. E magari fino a un minuto prima giurava di votarlo.

Il vero problema è che in passato la cultura dei diritti e una visione laica delle relazioni sociali avevano trovato difensori, pronti a contrastare con grande determinazione le pretese repressive di chi si arrogava il titolo di piegare l’ordinamento giuridico all’oscurantismo di un’idea claustrofobica della famiglia e del matrimonio; in cui la dimensione affettiva risulterebbe totalmente rimossa: una cellula sociale costituita dalla coppia eterosessuale finalizzata alla riproduzione.
L’apoteosi dello squallore (con le femmine preposte a figliare e i maschi a fecondare) non troppo distante dalla logica dell’allevamento bovino. E non è casuale – anche grazie all’influsso di questa riduzione disumanizzante – se la famiglia concreta si rivela una relazione dominata troppo spesso da rapporti di potere; un luogo di violenze morali e talvolta perfino materiali.
La ormai probabile sconfitta o – comunque – il ridimensionamento del decreto suonerà a conferma che il pensiero odierno della politica ha fatto passi da gambero in materia dei diritti personali; a fronte di una crescita formidabile della capacità di manipolazione della realtà. In cui molti si sono distinti: dai Torquemada del Family Day e dei loro presunti esperti in malafede, con le loro denunce terroristiche di inesistenti pericoli per psiche infantili allevate amorosamente da due papà o da due mamme, ai caricaturali giuristi della domenica, ayatollah del rigorismo, che hanno virato in una contro-questione di forma (il pur odioso canguro) la primaria questione del danno al diritto delle persone a vivere la propria vita senza fare male a nessuno, inferto dalle migliaia di emendamenti pretestuosi (il filibustering criminale dei Calderoli). Le furbate e le maldestraggini che hanno accompagnato la vicenda: si era partiti con il PD chiamato a fronteggiare le proprie contraddizioni interne sul tema della laicità, per arrivare con il M5S che è riuscito a farsi incastrare nella non certo gratificante posizione di responsabile dell’eventuale affossamento della Cirinnà.
Ma quello che più preoccupa e amareggia è l’incredibile oscuramento culturale evidenziato dalla vicenda. Oltre alla danza sulla pelle delle donne e degli uomini con affettività e propensioni differenti da quelle di Giovanardi, alla bieca strumentalizzazione di bambini che si preferirebbe dirottare negli orfanotrofi, fa rabbrividire la determinazione reazionaria che concepisce la famiglia tradizionale come l’ultima ridotta in cui difendere l’ordine gerarchico patriarcale. A prezzo dell’altrui infelicità e nascondendosi dietro il paravento ipocrita della cura dei figli.
Se davvero fosse questo il tema che sta a cuore, anche alla luce degli innumerevoli esempi concreti di inadeguatezza genitoriale, si potrebbe riconsiderare una provocatoria notazione di Bertrand Russell; il quale – nei suoi “Saggi scettici” del 1928 – sosteneva che la funzione educativa dovrebbe essere sottoposta a controlli di idoneità. Se occorre la patente per condurre l’auto, perché non altrettanto per guidare bambini e bambine? Ma ai bigotti e alle beghine interessa solo imporre la propria idea fondamentalistica del mondo.
Questo articolo è stato pubblicato su Micromega online il 20 febbraio 2016

Aiutaci a diffondere il giornalismo libero e indipendente.

Articoli correlati