Quale impianto per la scuola del futuro?

8 Settembre 2015 /

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di Silvia R. Lolli
Nella legge ci saremmo aspettati di trovare vere trasformazioni organizzative, di impianto scolastico, per esempio una riforma sulla scuola media di primo grado da anni in difficoltà soprattutto nel suo ruolo di continuità e passaggio tra la primaria e la secondaria di secondo grado.
Nulla si scrive in merito a questo, si parla solo di sistema integrato di istruzione e formazione che recepisce la norma del Ministero del Lavoro sull’apprendistato a quindici anni e, appunto, qua e là si fanno accenni sui livelli diversi di scuola. Per gli ultimi tre anni si prevede, in parte come già scritto negli ordinamenti curricolari, una suddivisione fra i due bienni e la classe quinta. Nel secondo biennio si amplia, come visto, l’alternanza scuola-lavoro anche per i percorsi liceali.
Al c. 20 si cita la scuola primaria. È obbligatoriamente inserito l’insegnamento della musica, della lingua inglese e dell’educazione motoria, sempre nell’ambito delle risorse di organico disponibili. Si individuano prioritariamente i docenti che sono già abilitati all’insegnamento nella scuola primaria in possesso di competenze certificate, “nonché docenti abilitati all’insegnamento anche per altri gradi di istruzione in qualità di specialisti, ai quali è assicurata una specifica formazione”, formazione come da c. 124.
Questa decisione è positiva: oltre alla musica e all’inglese anche l’educazione motoria potrà essere sviluppata seriamente dal personale competente nella scuola primaria; per essa possono far richiesta, oltre ai maestri in possesso di diploma ISEF o di laurea in Scienze motorie, anche docenti di educazione fisica di altri ordini di scuola. Rispetto ai numeri dati a settembre scorso sull’entrata di insegnanti qualificati di educazione fisica, ci sarà però quest’anno un notevole ridimensionamento, perché i calcoli dei docenti assunti è per ora calato; sembra si preveda l’utilizzo di questa dotazione d’organico (DAE) anche per i posti “di sostegno”. Si continuare così i vecchi progetti con il Coni nella scuola primaria? Vedremo.

Nell’impianto del sistema di istruzione e formazione contenuto nella L. 107, rientra la riforma per la scuola da 0 a 6 anni (punto e, c. 181); troviamo poi la nuova (?) organizzazione del sistema di apprendimento permanente (c. 23 ed al.) che si propone di innalzare i livelli d’istruzione degli adulti e potenziare le competenze chiave per l’apprendimento permanente; infine si legifera sulla formazione organizzata negli istituti tecnici superiori (cc. 45-53 e al. per le risorse da utilizzare).
Ci soffermiamo a leggere il c. 23 ed i commi che lo precedono e lo seguono. Al di là dei contenuti, alcuni dei quali sono ampiamente condivisibili, si mette in luce molto bene la scarsissima coesione e chiarezza della legge. Il c. 23 si riferisce all’apprendimento permanente e ricorda i suoi fini:

promuovere l’occupabilità e la coesione sociale, contribuire a contrastare il fenomeno dei giovani non occupati e non in istruzione e formazione, favorire la conoscenza della lingua italiana da parte degli stranieri adulti e sostenere i percorsi di istruzione negli istituti di prevenzione e pena, il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca effettua, con la collaborazione dell’Istituto nazionale di documentazione, innovazione e ricerca educativa (INDIRE), senza ulteriori oneri a carico della finanza pubblica, un monitoraggio annuale dei percorsi e delle attività di ampliamento dell’offerta formativa dei centri di istruzione per gli adulti e più in generale sull’applicazione del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 29 ottobre 2012, n. 263.

Prima troviamo il c. 20, già analizzato, poi il c. 21 in cui si decide, per l’insegnamento delle arti, “l’equipollenza, rispetto alla laurea, alla laurea magistrale e al diploma di specializzazione, dei titoli rilasciati da scuole e istituzioni formative di rilevanza nazionale operanti nei settori di competenza del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, alle quali si accede con il possesso del diploma di istruzione secondaria di secondo grado”; non conosciamo troppo nello specifico le varie professionalità occorrenti per l’accesso alle classi di concorso per le arti, sembra però si tratti della possibilità delle guide di accedere al ruolo insegnante, così come fu richiesto anni fa da parte dei laureati per poter svolgere il lavoro di guida, ma non abbiamo approfondito bene l’argomento! Tuttavia inserire in questa legge l’equipollenza di titoli per l’insegnamento ci sembra perlomeno poco ortodossa.
Nel c. 22 si stabilisce che nei periodi di sospensione dell’attività didattica,

le istituzioni scolastiche e gli enti locali, anche in collaborazione con le famiglie interessate e con le realtà associative del territorio e del terzo settore, possono promuovere, nell’ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, attività educative, ricreative, culturali, artistiche e sportive da svolgere presso gli edifici scolastici.

Infine citiamo il c. 24:

L’insegnamento delle materie scolastiche agli studenti con disabilità e’ assicurato anche attraverso il riconoscimento delle differenti modalità di comunicazione, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

Un interesse veramente alto da parte del nostro Ministero, in una legge che vuole essere della “Buona scuola”! È un comma che sembra incollato qui: i cc. 25-27 indicano i finanziamenti o chi deve fare le procedure amministrative per l’alta formazione artistica e musicale; mentre il c. 28 prevede nel secondo biennio e in quinta delle scuole medie superiori di secondo grado la possibilità di organizzare insegnamenti opzionali, ovviamente senza oneri aggiuntivi, ma nell’ambito della flessibilità in essere con l’autonomia.
Tra l’altro anche il c. 16 sembra aggiunto in modo del tutto gratuito; nella sua puntualizzazione rischia di non essere troppo chiaro; l’uguaglianza delle stesse opportunità per tutti l’insegnamento deve sempre tenerla presente.

Il piano triennale dell’offerta formativa assicura l’attuazione dei principi di pari opportunità promuovendo nelle scuole di ogni ordine e grado l’educazione alla parità tra i sessi, la prevenzione della violenza di genere e di tutte le discriminazioni, al fine di informare e di sensibilizzare gli studenti, i docenti e i genitori sulle tematiche indicate dall’articolo 5, comma 2, del decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 ottobre 2013, n. 119, nel rispetto dei limiti di spesa di cui all’articolo 5-bis, comma 1, primo periodo, del predetto decreto-legge n. 93 del 2013.

Non sarebbe stato meglio esplicitare subito, nel c. 7, questo contenuto dell’insegnamento, magari al posto dei punti di tipo gestionale che abbiamo già commentato? C’è dunque molta carne, tagliata male, al fuoco; si rischia poi di non farla cuocere bene se i docenti della scuola statale non cominciano fin dai primi giorni di scuola una programmazione di lungo periodo, manifestando un’alta responsabilità oltre che tutte le loro professionalità.
Non basta scrivere sulla carta, anche con i prossimi decreti, legislativi-legge-ministeriali, i bisogni formativi ed educativi, ma prima di tutto, in questa situazione occorre la presa di coscienza dei docenti. Devono sapersi confrontare fra loro, avere le idee già molto chiare in questi primi mesi di scuola per non delegare ad altri, anche solo al DS e al consiglio d’Istituto, competenze loro, come citano vari commi; in più c’è l’extrascuola che prevediamo sempre più invasivo. Ovvio che gli insegnanti devono essere in grado di insegnare le conoscenze di base con metodi che permettano agli studenti di prendere maggior coscienza e responsabilità per il loro apprendimento, ma devono dimostrare sul campo e subito appunto di saper andare oltre un ruolo solo didattico ed una funzione che da troppo tempo socialmente è considerata sempre di meno.
Quando si trovano studenti che faticano a scrivere all’esame di Stato senza errori di ortografia (senza essere disgrafici!) non pensiamo che occorra ampliare solo l’offerta formativa, ma approfondire l’apprendimento dei concetti di base, portando la maggioranza dei giovani a livelli alti. È anche su questo tema che da tempo i docenti sono impegnati! La risoluzione del problema non sta solo nella scuola; la costituzione di gruppi “articolati” poi, come abbiamo già visto, può essere la soluzione organizzativa di questi problemi didattici, ma c’è un problema annoso da risolvere che è anche della disponibilità di spazi scuola.

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