La "buona" scuola: come si organizzerà la didattica

2 Settembre 2015 /

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di Silvia R. Lolli
Riprendiamo l’analisi delle indicazioni della legge 107 sul tema didattica. Abbiamo visto nel c. 7 le parole “sviluppo, alfabetizzazione, potenziamento”; termini che dovrebbero essere associati ai diversi livelli di scuola. Su ciò non si dice nulla; si lascia piena libertà alle IS. Si mantiene, almeno in questa prima norma, il richiamo alla “piena realizzazione del curriculo”, oltre alla “libertà d’insegnamento”. Nell’implementazione delle norme, molte delle quali vedranno la luce anche con le leggi di stabilità, sarà veramente così?
Per la verità qua e là si fa riferimento all’impianto della nuova scuola, ma ci ripetiamo, tutto è confuso: tanti richiami, in varie parti dell’unico articolo; rimarrà il tutto o il niente? Con l’aggravante che si lascia aperta la scuola statale al territorio e ai privati, imprenditori in primis, anche con l’alternanza scuola-lavoro (continuano gli accordi a livello nazionale e le convenzioni con nuovi soggetti esterni).
Da una parte c’è la richiesta per una più precisa individuazione degli obiettivi formativi da parte di ogni IS che così potrà costruire una sua identità formativa territoriale, in una concorrenza fra i diversi istituti nella progettualità; dall’altra possiamo prevedere il caos progettuale, aperto alle istanze del territorio, con l’IS in balia delle richieste associazionistiche, genitoriali, imprenditoriali e con il rischio di poca continuità fra le scuole primarie e i due livelli delle superiori. Già oggi avvertiamo, per alcuni studenti, la ridondanza delle informazioni ricevute dal territorio; per altri, la mancanza di possibilità di reale approfondimento dei contenuti con un confronto critico ed autonomo importante per chi termina gli studi superiori.

La possibilità di fare gruppi e classi articolate potrà facilitare il raggiungimento di questi obiettivi. Nei collegi, sapremo assegnare le priorità necessarie fra apprendimenti curricolari ed extracurricolari? Per la compilazione del PTOF prevediamo una rincorsa di docenti di alcune classi di concorso verso i posti dell’organico da richiedere in base ai progetti, come se la scuola italiana attuale avesse solo bisogno di progetti nelle discipline già insegnate nei curricoli e non piuttosto di una didattica diversa legata appunto di più all’approfondimento critico e multidisciplinare dei saperi, in una visione per esempio che Edgar Morin propone ormai da troppi anni.
La legge prevede l’uso di metodi didattici: insiste sull’apprendimento cooperativo (c. 3), sulla didattica laboratoriale (cc. 7, 60) e sulla scuola digitale (cc. 56-61). Su tali temi i docenti dovranno mettere in campo le loro competenze, oltre che altre più di tipo didattico-organizzativo, tutte da scoprire.
È qui che si giocherà la professionalità interna alle scuole; auspichiamo che si riesca, entro due mesi dall’inizio dell’anno scolastico, a far leva su queste professionalità, espresse nei collegi (intendendo sulla totalità dei docenti in un lavoro veramente collegiale). Ciò potrà essere facilitato nelle scuole che possono contare, dal 1° settembre, su un ampio nucleo di docenti stabilizzati da anni. Potrà essere più facile impostare un piano che, anche se rivedibile ogni anno (c. 12), dovrà indicare le altre finalità dell’IS, oltre alle competenze che la legge impone con i curricoli. L’auspicio è questo, da qui cioè passerà la Resistenza che dovrà essere messa in campo dai docenti che ancora credono nella scuola statale, costituzionalmente intesa.
Oggi può turbare la difficoltà che potrebbero incontrare molti collegi a organizzare il piano progettuale coerente con un indirizzo preciso da dare alla scuola. Come detto non vorremmo vedere PTOF in cui si sviluppano temi fra i più diversi, senza una coerenza di fondo: non dovrebbero essere finalizzati a dare lavoro a categorie di docenti o ad associazioni esterne e meno alle vere esigenze degli studenti. Nelle scuole da anni arrivano tantissime informazioni sulle progettualità formative. In questi giorni l’aumento esponenziale di tutto ciò si sta facendo abbastanza evidente. Crediamo che questo sistema sussidiario sia sviluppa in modo direttamente proporzionale alla crisi economica e del lavoro: la scuola e in generale la formazione è un bacino di mercato troppo appetibile quando sarebbe invece il lavoro nella società post-industriale il tema centrale, da affrontare in modo più serio.
In questa situazione è da anni che spesso leggiamo molti tipi di formazioni funzionali solo a loro stesse: c’è una riproduzione autoreferenziale del sistema formativo. All’interno delle IS, comunque, in questi primi due mesi di scuola non vorremmo neppure constatare lo spaesamento di collegi subissati di richieste e incapaci di accordarsi sulle priorità da dare al proprio istituto; c’è il rischio di arrivare all’anarchia formativa che può dare un ulteriore disagio all’attuale spaesamento dei giovani per il loro orientamento civico e professionale.
Ci turba certamente di più per esempio la lettura delle schede che si trovano sul sito ministeriale. Nel focus del 9 luglio si ricordano, non tanto i cc. 12 e 14, quanto altri commi della L. 107 che assegnano prioritariamente al Dirigente e al consiglio d’istituto o di circolo la parola definitiva sull’attuazione del PTOF. In questa scheda non c’è alcun cenno all’impegno del collegio. Se ci fossero conflitti tra il collegio e gli altri organismi della scuola, come si risolverà? I docenti rischiano di passare dallo status di professionisti a quello di paria. È questo l’obiettivo? Ecco le parole che troviamo sul sito ministeriale:

Il dirigente scolastico diventa un leader educativo.
I dirigenti scolastici diventano leader educativi: meno burocrazia e più attenzione all’organizzazione della vita scolastica. Dovranno essere i promotori del Piano dell’offerta formativa e avranno la possibilità, a partire dal 2016, di mettere in campo la loro squadra individuando, sui posti che si liberano ogni anno, i docenti con il curriculum più adatto a realizzare il progetto formativo del loro istituto. L’individuazione dei docenti da parte dei presidi avverrà all’interno di ambiti territoriali predisposti dagli Uffici Scolastici Regionali. È lo Stato, e non il dirigente scolastico, ad assumere. Solo dopo l’assunzione, gli insegnanti vengono chiamati dalle scuole sulla base dell’offerta che vogliono garantire agli studenti. Le operazioni avverranno in modo trasparente: i presidi renderanno pubbliche tutte le informazioni relative agli incarichi conferiti. I dirigenti scolastici potranno ridurre il numero di alunni per classe per evitare il fenomeno delle aule-pollaio utilizzando l’organico a disposizione. Il dirigente potrà promuovere iniziative sull’orientamento e per la valorizzazione delle eccellenze. L’operato dei capi di istituto sarà sottoposto a valutazione. Il risultato influirà sulla loro retribuzione aggiuntiva.

Per non cavalcare la solita critica, che rischierebbe di diventare devastante per la scuola statale con la legge da attuare subito, ci interessa dunque di più verificare se fin da subito ci sarà la massima sensibilità dei collegi sulla situazione da affrontare. La legge prevede un controllo ministeriale sui PTOF (c. 13), cioè sulla loro coerenza, sul merito; il controllo è finalizzato all’erogazione delle risorse che le IS richiederanno, anche per la verifica comparativa fra le IS dei diversi territori italiani. Ci potrà essere l’effetto del gatto che si morde la coda?
Il MIUR dovrebbe istituire il Portale unico dati (c.136) della scuola per procedere ad una valutazione comparativa sul territorio (c. 17) e quindi distribuire le risorse in modo più coerente nel rapporto, PTOF-esigenze territoriali. Non vorremmo esprimerci da cassandre, però si dovrà vedere anche l’opportunità delle scelte e la loro economicità (in che modo si facilita l’extrascuola e la lettura delle risorse utilizzate e ricevute con i tagli che il MEF potrà sempre fare). Speriamo che il Portale sappia indicare tutto ciò, poi si sia in grado e si vogliano analizzare i dati, politicamente, in modo serio.

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