Gramsci tra Padre Brown e Sherlock Holmes

21 Luglio 2015 /

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Inchiesta, numero 188 aprile-giugno 2015
Inchiesta, numero 188 aprile-giugno 2015
di Vittorio Capecchi
Due modi di fare inchiesta: dall’esterno o dall’interno
Gramsci, nei suoi Quaderni e Lettere dal carcere parla diffusamente delle differenze tra i due grandi detective. Abitualmente quando affronta la narrativa popolare la analizza dal punto di vista dello scontro tra le classi sociali ma in questo caso no: è proprio interessato al tipo di detection che viene posta in essere dai due protagonisti. Ecco le sue parole:
“Padre Brown è un cattolico che prende in giro il modo di pensare meccanico dei protestanti e il libro è fondamentalmente un’apologia della Chiesa Romana contro la Chiesa Anglicana. Sherlock Holmes è il poliziotto protestante che trova il bandolo di una matassa criminale partendo dall’esterno, basandosi sulla scienza, sul metodo sperimentale, sull’induzione. Padre Brown è il prete cattolico, che attraverso le raffinate esperienze psicologiche date dalla confessione e dal lavorio di casistica morale dei padri, pur senza trascurare la scienza e l’esperienza, ma basandosi specialmente sulla deduzione e sull‘introspezione, batte Sherlock Holmes in pieno, lo fa apparire un ragazzetto pretenzioso, ne mostra l’angustia e la meschinità”.

“D’altra parte Chesterton è grande artista, mentre Conan Doyle era un mediocre scrittore, anche se fatto baronetto per meriti letterari; perciò in Chesterton c’è un distacco stilistico tra il contenuto, l’intrigo poliziesco e la forma, quindi una sottile ironia verso la materia trattata che rende più gustosi i racconti.» Le simpatie di Gramsci sono tutte verso Padre Brown e verranno seguite da altri detective come Philo Vance di Van Dine che nel giallo del 1926 La strana morte del signor Benson scrive che “solo l’esperto psicologo può dirti chi ha commesso un delitto” mentre “il procedimento indiziario è una vera calamità: consiste il più delle volte nel riunire un certo numero di maglie deboli con la speranza di formare una catena forte”. In realtà il procedere dall’esterno per indizi, come ha sottolineato Carlo Ginzburg in relazione al metodo di Sherlock Holmes, è ugualmente valido. Il testo di Gramsci è importante perché individua i due modi principali di fare inchiesta: procedere dall’esterno come Emile Durkheim e Irving Goffman oppure procedere dall’interno come Gabriel Tarde, giustamente rivalutato da Bruno Latour per la sua analisi dei soggetti collettivi. I saggi contenuti in questo numero di Inchiesta quale tipo di indagine prediligono?
Procedere dall’interno
Procedere dall’interno è diverso se si tratta di soggetti collettivi o di soggetti individuali. Tra i soggetti collettivi in fieri Il saggio di Patrizia Re David, è una analisi che procede dall’interno del movimento per costruire una coalizione sociale che “ha l’ambizione di offrire uno spazio di elaborazione e discussione e di mettere in campo pratiche concrete, per sperimentare che un altro modello di convivenza è possibile”. Sempre dall’interno sono, in questo numero, i contributi di Iñigo Errejón dalla Spagna, Rafael Marquez dal Brasile e Paola Giaculli dalla Germania. Si tratta di diagnosi ma anche di testimonianze che nascono all’interno di un soggetto collettivo già formato oppure in via di formazione. Se dai soggetti collettivi si passa ai soggetti individuali si trova il contributo dello psichiatra bolognese Emilio Rebecchi che così termina la sua analisi: “Di chi sono io? chiede il bimbo. Dovremmo rispondergli, io credo, che non sappiamo tante cose, che dobbiamo cercarle insieme, ma che certamente egli è suo, perché così siamo costituiti, come individui che nascono in compagnia ma muoiono da soli. Individui che nel breve arco di tempo della loro vita, hanno diritto di sperimentare e di conoscere, e di non essere riempiti come otri di credenze e obblighi di paure”. Si può intravedere dietro le parole di Rebecchi la figura piena di umanità di Padre Brown e capire perché Gramsci lo preferisca a Sherlock Holmes.
Procedere dall’esterno
Di fronte ai crimini ambientali, economici e del lavoro è importante procedere dall’esterno e in questo numero di Inchiesta vi sono esempi di due modi di procedere. Un primo modo è quello indiziario, e nell’intervento di Nello Rubattu si parte da un indizio, sottovalutato nel dibattito politico nazionale, per delineare una diagnosi più ampia. Il consenso dato dal governo Renzi ai petrolieri per gettare nei mari della Sardegna le bombe sismiche irriguardose dei disastri naturali che provocano e provocheranno sono l’indizio di un crimine più generalizzato e identificano le connivenze tra questo governo e le multinazionali. C’è poi un secondo modo di procedere dall’esterno, ed è quello che richiede un distacco storico dagli avvenimenti recenti per poter poi ripartire per nuove avventure. In questa direzione sono gli interventi di Umberto Romagnoli, Bruno Maggi, Gino Rubini, Francesco Garibaldo, Tiziano Rinaldini e Bruno Giorgini.
Procedere dall’interno e dall’esterno
Questo modo di procedere si trova nel saggio di Amina Crisma che analizza un tema tipico del procedere dall’interno (ripensare il maschile) utilizzando come risorse fonti confuciane e taoiste e luoghi della classicità che richiedono il necessario distacco storico. La prospettiva interculturale che avvolge questo intervento dall’interno si accompagna così al rigore di una riflessione filologica e storica dall’esterno. Questo intreccio nei due modi di procedere si ritrova anche nel Dossier Milano, oggi domani e dopodomani curato da Laura Balbo e Giuliana Chiaretti: le analisi e riflessioni dall’esterno si alternano con la presentazione di mappe, alfabeti, testimonianze presenti in rete che provengono tipicamente dall’interno. Questo intreccio è anche presente nel Dossier Dove va la cooperazione? a cura di Luciano Berselli con interventi di Luciano Berselli, Lanfranco Turci, Sergio Caserta, Rhiot. In questo Dossier colpisce positivamente che le valutazioni fatte da Lanfranco Turci, politico nato nel 1940 in un comune vicino a Carpi con anni di esperienze nel mondo politico e cooperativo, coincidano con quelle di Rhiot, giovane graffitaro di Reggio Emilia. D’altra parte queste coincidenze non dovrebbero stupire. Uno dei graffiti fatto da Rhiot alla Casa Bettola di Reggio Emilia (una casa cantoniera oggi spazio autogestito) è un rivisitazione della zattera della Medusa ed ha come titolo “Humanity has no borders”, titolo che attraversa tutti i contributi pubblicati in questo numero alla ricerca di “un altro possibile modello di convivenza”.
Questo articolo è stato pubblicato su Inchiesta online il 19 luglio 2015 e sul numero 188 aprile-giugno 2015

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