di Roberto Musacchio
È cominciato il conto alla rovescia per la fine della UE? La domanda è tutt’altro che campata in aria se si pensa che nel 2017 si terrà il referendum promesso da Cameron, e decisivo per la sua vittoria elettorale, sulla permanenza della Gran Bretagna nella Unione. Due anni sono niente e infatti le grandi manovre sono già cominciate.
Sul Guardian esce una lettera che un alto funzionario della Banca d’Inghilterra avrebbe inviata “per sbaglio” e in cui si parla dei preparativi per una eventuale uscita dalla UE. Sempre sul Guardian e su Le Monde escono articoli in cui si parla di una “trattativa” tra il duo Merkel-Hollande e lo stesso Cameron. Oggetto: la rinegoziazione della presenza della Gran Bretagna. Che comporterebbe un ripensamento dell’intera UE. Modificando i Trattati, sarebbe l’intenzione del premier inglese. A trattati vigenti, secondo il duo che “comanda” l’Europa. Ma poi, secondo gli stessi giornali, non sarebbe chiaro l’auspicio.
Si vuole che la Gran Bretagna resti sul serio nella UE o è meglio pensare a una nuova UE, magari coincidente con l’area Euro, più “politicamente” unita? Cosa sia poi quel “politicamente” è tutto da vedersi. Già prima delle elezioni europee Hollande, in grande difficoltà in casa propria, aveva rilasciato una serie di interviste ai principali quotidiani europei, con l’anteprima in Francia naturalmente, per riproporre una maggiore integrazione politica. La risposta tedesca era stata raggelante.
Va bene, ma questa integrazione maggiore coincide con l’integrazione definitiva delle politiche di bilancio, e di conseguenza economiche e sociali, alla austerità propugnata da Berlino. E, in definitiva, a Berlino stessa. Risultato: Hollande fece calare il silenzio sulla propria stessa proposta. Ora la questione si ripropone. E questa idea dello spacchettamento dell’attuale UE può riproporsi a soluzione di una crisi che si va sempre più aggravando. E complicando. E si perché gli scenari della crisi sono molteplici e non tutti si prestano ad una lettura univoca o ad essere incanalati in una soluzione prevalente.
Il duo di testa, Merkel-Hollande, vorrebbe rappresentare l’area della stabilità e della continuità dell’attuale processo di integrazione che è fatto di molteplici fattori, geopolitici, economici, sociali e istituzionali. Questa continuità potrebbe provare a “fare la mossa del cavallo” o ad “arroccarsi” precisamente intorno ad una maggiore strutturazione dell’area Euro. Naturalmente parlare di “continuità” in quella che sarebbe in realtà una “discontinuità” è precisamente una sorta di ossimoro. In realtà si naviga a vista e si provano a riutilizzare materiali di storie precedenti riciclati in contesti che ne cambiano il segno e la valenza.
L'”Europa a due velocità” era stato un cavallo di battaglia socialista e alludeva ad una Europa a maggiore integrazione sociale, oltreché economica. L'”avversario storico” di questa “velleità” socialista è stata la Gran Bretagna e il suo modo “opportunistico” di stare in Europa. Ora il nodo britannico si ripropone e offre il destro per riciclare una vecchia idea. Il problema è che nel frattempo la maggiore integrazione dell’area Euro è proceduta e lo ha fatto sotto la forma dell’austerità. Che a sua volta non nasce dal niente ma da quell’impianto monetarista che è stato imposto dalla Germania per “stare al gioco” della integrazione.
In questo Hollande è l’erede “minore”, in quanto minore è il peso della Francia e il suo specifico, di quella Francia che portò alla moneta unica la Germania. Dando però in cambio il controllo di tutto a Francoforte. Ora Hollande può essere tentato di riprovare quel gioco da cui pure sembrava fuggire dopo la risposta tedesca alle sue sortite pre elezioni europee. Non a caso “accompagna” la Merkel sugli “scenari di crisi”, da quello greco, a quello britannico, a quello russo. E cerca qualche sortita in proprio come la proposta di fare Presidente dell’Eurogruppo il ministro delle finanze spagnolo.
Che la Francia punti ad un continuismo lo dicono anche i risultati elettorali più recenti con il riemergere di Sarkozy che “tampona”, almeno per ora, la frana del sistema da parte della Le Pen. Ma in realtà i molteplici scenari di crisi dicono precisamente di una difficoltà anche per la mossa del cavallo. La Grecia è la questione più immediata. Il “gioco a risiko delle “trattative” la dice lunga sul fatto che in realtà su di esse pesano tutti i nodi irrisolti negli attuali “equilibri” europei. Si dice che l’incontro di Riga tra Merkel e Hollande per parlare di Grecia sia andato male. Da qui i gesti “di rottura” greci che vogliono che le carte siano scoperte. Giustamente.
Perché di carte coperte ce ne sono forse anche più delle tre proverbiali dei giochi di strada. Si vuole la rottura, da parte della Merkel, con il Grexit? E cosa sarebbe allora la ristrutturazione dell’area Euro senza la Grecia? Si vuole che la Grecia si pieghi ma possa restare dentro? Si vuole dare un “ruolo”, di facciata, a Junker e alla Commissione? Che a trattare sia il FMI, con la BCE che si adegua o viceversa? A proposito di quest’ultima domanda c’è da chiedersi quale partita giochi veramente la BCE e rispetto a chi. Mentre c’era il vertice di Riga, a Sintra, in Portogallo, la BCE convocava una riunione di tutte le Banche Centrali del Mondo. E si è detto di scambi non proprio tranquilli tra BCE e Federal Reserve USA a proposito del protagonismo della BCE nel dettare agende sociali agli Stati.
Cosa che per altro è stata oggetto anche di un parere dell’avvocato generale della Corte di giustizia europea che ha considerato improprio il ruolo della BCE nella Troika precisamente per queste stesse ragioni. Da qui a parlare di un contrasto effettivo tra BCE e FMI certo ce ne passa. Infatti il modello sociale di riferimento, quello del capitalismo finanziario globalizzato, è lo stesso. Ma il suo calarsi in ciò che ancora conta dei contesti geopolitici può fare differenze significative. Sta di fatto che la “soluzione” della vicenda greca è tutta ancora aperta. Ma il duo Merkel Hollande ha altri fronti aperti. La vittoria nazionalista in Polonia è particolarmente pesante. Anche per l’investimento che era stato fatto sulla Polonia stessa. E poi per il peso che essa ha sul rapporto con la Russia.
Terreno dove si misura il massimo di “doppietà” da parte della Merkel. Uso doppietà e non doppiezza perché non è chiaro quanto essa stessa la padroneggi. Da un lato gli intrecci economici profondi, emblematica mente significati anche da ruoli di figure di primo piano come Schroeder in Gazprom e Southstream, dall’altro il “volto dell’arme” della vicenda Ucraina. Con il fatto che ciò per altro rimanda al nodo del rapporto con gli USA che è anch’esso fatto di doppietà come testimoniano i tanti accordi di facciata e i tanti contrasti in tutte le sedi internazionali. Cosa deve essere dell’Ucraina è un punto aperto come la crisi greca. E una idea di “EuroGermania” potrebbe far pendere la bilancia verso un processo di annessione che contrasterebbe con gli interessi di una UE volta a mantenere un equilibrio positivo nei grandi assetti geopolitici.
C’è poi la vicenda spagnola a complicare ancora il quadro. La destrutturazione del quadro politico spagnolo è evidente dall’esito delle elezioni. Meno chiaro il quadro di prospettiva. Ad esempio la affermazione di Ciudadanos può aprire la strada ad un ricambio interno che però non lascia le cose come stanno. Ciudadanos ha una posizione “pro Euro” ma anti UE. Sta dentro ad un sistema di rapporti che dalle borghesie locali “scala” verso il centro. È contrattabile con una eventuale Spagna a governo Popolare e Ciudadanos l’arrocco intorno all'”EuroGermania”? È una delle tante domande che ci possiamo porre. Comunque sia il “ballo” è aperto. In giugno i 4 Presidenti,della Commissione, del Consiglio, dell’Eurogruppo e della BCE, incaricati dal Consiglio, presenteranno il progetto di revisione della governance.
Nei primi testi preparati da Junker c’è il rafforzamento dell’area euro. Può essere un’occasione? Per le cose che ho detto sono molto scettico ed anzi preoccupato. Per chi pensa, anche “da sinistra” a questo rafforzamento come una occasione per immettere più politica, più economia sociale e più democrazia c’è, a mio avviso, una lettura non adeguata di come ciò che sia mancato a questa “Europa reale” non sia stata la politica. Anzi c’è stata una politica che, dal monetarismo alla austerità, ha costruito la transizione dall’Europa sociale degli anni gloriosi all'”Europa Reale” di oggi.
E se vogliamo continuare con i paragoni, naturalmente “forzati”, con la parabola del “Socialismo reale”, potremmo assistere ad un arrocco intorno all'”EuroGermania” che assomiglia a quello intorno alla Russia seguito al crollo del vecchio campo socialista. Nel mio modo di vedere le cose l’idea dell’Europa allargata era esattamente diversa ed alternativa a quella di un superstato europeo e si fondava sulla forza di un modello sociale progressivo che poteva rappresentare un’altra idea di globalizzazione. Se viene, come sta avvenendo, spiantata dalla globalizzazione liberista che tiene per sé il monopolio della globalizzazione lasciando agli Stati, anche quelli “super”, di gestire le contraddizioni geopolitiche senza più influire sui modelli sociali, può avvenire qualcosa di simile a ciò che è avvenuto col socialismo.
Persa la spinta propulsiva del modello sociale alternativo è rimasto prima il “Reale” e poi la Russia di Putin. Temo dunque che l’arrocco sia il viatico precisamente per un percorso ancora più “buio”. Che per altro lascia aperte tutte le contraddizioni sociali e geopolitiche. Per questo a me pare che la sola vera prospettiva venga da quanto sta rianimando il rapporto tra identità europea, ivi comprese le identità nazionali, e missione sociale progressiva densa di elementi universalistici. È ciò che vive nella realtà di Syriza come di Podemos.
Ma si ritrova anche nel voto scozzese o in quello, splendido, per i diritti degli omosessuali in Irlanda. A novembre si voterà in Spagna. A inizio 2016 in Irlanda. Se riusciremo intanto a costruire, anche dal basso, dalle città liberate come Barcellona, dalle lotte contro l’austerità del governo greco, dalle piattaforme per i diritti europei, da quelle per i migranti, coalizioni europee forse potremo salvare l’Europa dallo sfascio dove la stanno conducendo i “potenti”.