di Valerio Cuccaroni, docente di lettere ad Ancona
Gentilissimo Presidente del Consiglio, ritengo la sua lettera, recapitataci mercoledì, una forma di propaganda, che, ammessa e comprensibile per un segretario di partito in calo di consensi, non è ammissibile né comprensibile per un Presidente del Consiglio, che ha tutti i mezzi per esprimersi, senza dover invadere le caselle postali dei cittadini per convincerli a forza della bontà di un provvedimento che mantiene ostinatamente molti lati oscuri.
Al punto 1 della sua lettera, in effetti, dimostra di ignorare le richieste dei sindacati, quindi dei rappresentanti di noi lavoratori della scuola, che chiediamo in migliaia di stralciare dal disegno di legge il capitolo assunzioni, per inserirlo in un apposito decreto legge che con il suo carattere d’urgenza darebbe la sicurezza delle assunzioni. Perché tenerlo nel ddl, allora? Si tratta di un’evidente arma di ricatto, con cui il suo Governo cerca di dividere il fronte della protesta.
Al punto 4 dimostra di ignorare ciò che avviene nei Paesi a cui dice di rifarsi. In Francia il merito è premiato con scatti di carriera, ma questi scatti sono determinati da concorsi pubblici, non da chiamate dirette di questo o quel preside. La Ministra Stefania Giannini conosce come funzionano Capes e Agregation in Francia: perché non ha proposto un meccanismo concorsuale simile?
Al punto 5 non chiarisce la più contestata delle questioni, quella del preside, ma non riesce a contenersi e alla fine della lettera rivela la verità: Lei non demorde, continua a insistere affinché il preside sia chiamato a scegliere «tra vincitori di concorso, in un ambito territoriale ristretto». Presidente, ma si rende conto? Crede che siamo davvero dei babbei? Chi è il preside per decidere quali sarebbero i migliori insegnanti in tutte le discipline, un tuttologo? E chi garantisce sulla sua capacità di scegliere?
Lei ha persino l’ardire, Presidente, di umiliarci, mentre invade inopinatamente le nostre caselle di posta, affermando che «la buona scuola c’è già. Siete voi. O meglio: siete molti tra voi, non tutti voi». Ammettiamo pure che sia vero: non tutti gli insegnanti sono bravi. A parte l’ovvietà della constatazione — tutti gli uomini sono forse alti, belli e forti? — essa afferma una verità che vale anche per i presidi. Non tutti i presidi sono bravi. Per la legge dei grandi numeri, però, è più facile trovare un insegnante bravo che un preside bravo, gentilissimo Presidente. Rifletta su questo semplice dato. E se a scegliere gli insegnanti fosse un preside incapace? Chi risarcirebbe gli insegnanti esclusi? Lei?
Ai punti 6 e 7 parla prima di coinvolgimento dei ragazzi nelle aziende, poi di educazione alla cittadinanza, dimostrando come nella sua visione del mondo il compito di formare i cittadini debba essere assunto da una scuola aziendalizzata, con i ragazzi che dovrebbero essere per un certo periodo al servizio delle aziende, piegandosi sin dall’età della formazione ai rapporti di potere, mentre un cittadino consapevole potrebbe anche contestare questo ordine delle cose, immaginando un mondo, in cui sono le aziende che vanno a imparare nelle scuole come si governa in maniera collegiale un’organizzazione.
In ultimo, a «ognuno» di noi chiede di discutere: ora? Mentre state varando la riforma? Ora Lei vorrebbe farci credere che ascolterà «ognuno» di noi? Insomma, questo è troppo. Lei in questa lettera dimostra di aver perso la bussola. È ora che lasci spazio a qualcun altro che sappia rappresentare meglio quella «potenza superculturale» — ma forse voleva scrivere «superpotenza culturale», come ha sostenuto nel video? — che è l’Italia.
Non le auguro buon lavoro, perché sarei un ipocrita, visto che le ho appena chiesto di dimettersi.
Con molta indignazione.
Questo testo è stato pubblicato sul Manifesto e ripreso dal blog di Giulio Cavalli