di Nello Rubattu
Finalmente ci sono riusciti: adesso sulle coste della Sardegna (anche se non solo in quelle), le società petrolifere potranno usare in mare le bombe sismiche. Il via libera in Parlamento è stato voluto dal caro governo Renzi, supportato da un po’ tutti: PD, Centro democratico, Nuovo centro destra, Udc, Scelta civica e Forza Italia. Lo hanno fatto a scrutinio segreto; regalando così un bel contentino alle lobby dei petrolieri (mica solo italiani, ma texani e norvegesi) che si stanno concentrando soprattutto sui mari di Sardegna e che non vedono l’ora di lanciare le loro bombe sismiche (il metodo si chiama Air Gun), per scoprire sui fondali della Sardegna le dislocazioni dei giacimenti di gas e di petrolio.
A niente è valso che il deputato Mauro Pili – a suo tempo governatore della Sardegna per conto di Berlusconi, ma poi staccatosi per formare un partito sovranista tutto sardo “Unidos” – abbia presentato in Parlamento un ordine del giorno per cancellare dalle aree interessate alle esplorazioni a forza di bombe sismiche l’area dei mari del Nord-Ovest dell’isola, considerato uno dei santuari più importanti al mondo per la riproduzione dei mammiferi marini. Al Governo, proprio, la cosa non ha interessato (come se n’è fregato del parere contrario della commissione di valutazione di impatto ambientale). Sapevano che proprio le compagnie italiane, texane e norvegesi, su quell’area, in questi mesi, stanno concentrando le loro esplorazioni e quella per loro era la cosa importante. Per Pili è stata guerra persa, nonostante il fatto che alle sue proteste si siano aggiunte quelle di una pattuglia di deputati sardi.
“Il provvedimento è l’ennesimo regalo bipartisan ai petrolieri che vogliono proseguire impuniti a devastare i mari senza colpo ferire. Tutto questo con il silenzio più totale della Regione che continua a dormire per non disturbare il manovratore romano. Con questo voto del parlamento si da di fatto via libera ad un progetto di ricerca petrolifera che rischia di distruggere il tratto di mare da San Vero Milis ad Alghero e Porto Torres. Gli interessi in gioco sono elevatissimi e il rischio che corre la Sardegna è senza precedenti”, ha ricordato in un suo comunicato Mauro Pili.
Siamo alla frutta, viene da dire a qualcuno, il prode Renzi, comincia (almeno per i sardi) a rivelare il suo vero volto. Per stare al potere, come nella migliore tradizione italiana, si affida alle Lobby e se ne fotte di tutto il resto.
La Sardegna è già una terra stremata dalla disoccupazione più alta di tutta Italia, da un’emigrazione soprattutto fra i più giovani fra le più pesanti mai verificatesi, da un occupazione in termini di basi militari che condiziona ormai metà del territorio dell’isola, con disgrazie ambientali (Eon, Petrolchimico, Ottana, Eurallumina, e l’elenco è lunghissimo) che obbligare a gridare allo scandalo è solo un eufemismo pietoso.
“Dopo la colonizzazione della terra ferma ora, infatti, Renzi vuole tentare sino in fondo quella dei mari. Ora serve una reazione forte per proteggere la Sardegna, non solo perché vanno rispettate le peculiarità statutarie della Regione ma perché si incide direttamente sull’ambiente e sul sistema naturale dell’isola. Serve una mobilitazione straordinaria per bloccare questo ennesimo blitz del governo Renzi che devasta i nostri mari, ma che è soprattutto al progetto di colonizzazione di gruppi stranieri e non solo che pensano di utilizzare la Sardegna per i loro affari”.
È sempre Mauro Pili che parla e il suo grido di allarme è rivolto a tutte le forze politiche dell’isola.
Questo affaire delle bombe sismiche, sta cominciando a fare aprire gli occhi a molti deputati sardi che proprio non ce la fanno più a stare dietro alla mancanza di strategie di questo Governo che continua imperterrito nella sua lunga corsa alla fantomatica “modernizzazione” (ma lo è?) dell’Italia a colpi di vere e proprie porcate: “Rimandare al Senato il ddl sugli ecoreati è un errore – sottolinea da parte sua il deputato di Cd, Roberto Capelli – Avremmo dovuto approvare oggi alla Camera in via definitiva il testo senza modifiche. Così invece, l’esecutivo mette in imbarazzo la sua maggioranza. L’air gun per la ricerca di petrolio in mare va vietato e non si capisce perché dall’oggi al domani si sia cambiato idea. Noi in Sardegna sappiamo bene quanto sia deleterio, per l’ecosistema marino, per la pesca e dunque per la stessa economia, perché lo abbiamo già sperimentato – argomenta Capelli – Il gioco non vale la candela nemmeno sul piano del ritorno economico perché i costi sono sostenibili solo con giacimenti grandissimi, che in Italia non esistono. Ecco perché non possiamo arretrare, anzi servono pene durissime per chi commette reati contro l’ecosistema. Chi colpisce l’ambiente colpisce l’uomo”.
Ma il Governo sembra fottersene. E di certo non lo ha fermato la valanga di firme raccolte con la campagna #noairgunsardegna, lanciata un mese fa da Unidos contro le cosiddette bombe sismiche per la ricerca di petrolio nell’Isola: 112 ricorsi sono stati presentati, migliaia di cittadini le hanno sottoscritte, associazioni e movimenti politici, tutti i sindaci della costa tra Oristano e Alghero.
Strana la risposta della Giunta di centro sinistra che oggi governa l’isola, nonostante questa mobilitazione generale, sembra non tenere conto del problema. Anzi, risponde con una nota seccata in cui ricorda che “il procedimento, in corso di svolgimento è la Via nazionale, di competenza del ministero dell’Ambiente”, nell’ambito del quale la Regione “è chiamata ad esprimere il parere di competenza. L’assessorato all’Ambiente ha ben presenti le potenziali criticità connesse con la realizzazione del progetto e ha pubblicato anche sul sito della Regione la comunicazione relativa alla procedura che è in corso di svolgimento. Il progetto è allo studio dei tecnici”.
Sta di fatto che delle competenze della Regione il Governo del rottamatore proprio se ne strafotte. Loro hanno già firmato i loro accordi con i petrolieri e per loro ne basta e ne avanza.
Ma cos’è l’air gun? Dove sta la sua pericolosità?
“L’air gun è una tecnica di ispezione dei fondali marini, per capire cosa contiene il sottosuolo. Praticamente ci sono degli spari fortissimi e continui, ogni cinque o dieci minuti, di aria compressa che mandano onde riflesse da cui estrarre dati sulla composizione del sottosuolo”, lo dice un’esperta, Maria Rita D’Orsogna, una fisica che insegna alla California State University di Los Angeles. Che ricorda come questa tecnica sia devastante per i fondali e soprattutto per tutte le specie ittiche e l’intera ecosistema. In pratica si provocano dei terremoti di onde sonore che investono vaste aree di fondale, con tutte le conseguenze che si possono immaginare.
Ma per chi ne vuole sapere di più, basta che dia uno sguardo alla vasta bibliografia scientifica, dove si riportano gli effetti legati ad esposizioni prolungate nel tempo a queste onde sismiche che vanno dalla morte dei pesci ai cambiamenti nel loro comportamento, ad un elevato livello di stress, ad un indebolimento del sistema immunitario, all’allontanamento dall’habitat, alla temporanea o permanente perdita dell’udito e al danneggiamento delle larve in pesci ed invertebrati marini.
Molti studiosi riportano che poi, nelle aree investite da bombe acustiche, si riscontra una forte diminuzione delle catture del pescato. Il Norwegian Institute of Marine Research, ha riscontrato una diminuzione delle catture di pescato fino al 50% in un’area distante fino a 2 chilometri dalla sorgente delle bombe sismiche, insieme a una diminuzione di uova di pesce causata dalla prolungata esposizione di specie ittiche a suoni a bassa frequenza.
Anche il Canadian Department of Fisheries, ha dimostrato che l’esposizione all’air-gun può provocare danni a lungo termine anche in invertebrati marini, come nei granchi, per i quali sono stati osservati danni ai tessuti (emorragie) e agli organi riproduttivi. È stata verificata, inoltre, la correlazione tra l’esplosione da suoni durante indagini geosismiche condotte nel 2001 e nel 2003 dalla Repsol e lo spiaggiamento di calamari giganti sulle coste spagnole e di banchi di pesci morti, visti galleggiare in superficie nella zona dell’indagine geosismica.
Anche le tartarughe marine, non è che stiano molto bene con le bombe. Così le balene che fuggono fino a 30 km lontani dalla sorgente della bomba sismica. La International Whaling Commission’s Scientific Commitee composta da vari esperti mondiali di balene, ha concluso che l’attività di ispezione sismica è fonte di enormi casini è di fortissima preoccupazione per la vita del mare.
Una di queste navi che praticano l’air gun, l’Audax, nell’Adriatico, ha combinato il finimondo: cercando giacimenti di petrolio a largo di Favignana sulle coste pugliesi – come sostiene uno studio del Wwf – ha causato lo spiaggiamento e la morte di decine di cetacei.
Sono poi tanti i pescatori che giurano di aver visto migliaia di pesci galleggiare morti sulle acque di Pantelleria, a pochi chilometri dalle detonazioni provocate in quella zona, sempre dall’Audax, (che è australiana), la quale, non potendo entrare nei banchi di Pantelleria che ospitano la più gigantesca nursery delle specie marine mediterranee, si sono fatti dare l’autorizzazione dai tunisini, le cui acque territoriali, guarda caso, confinano proprio con le acque di Pantelleria. In tal modo, hanno potuto aggirare i divieti internazionali a protezione di questo patrimonio mondiale delle biodiversità.
Ma la compagnia australiana, ha ovviamente reagito tacciando come “ballisti”, coloro che criticavano le bombe sismiche.
Sta di fatto che i loro disastri sono più che documentati.
L’Ocean Mammal Institute, un istituto di ricerca Statunitense attivo dal 1994 che si occupa di rilevare ed analizzare gli effetti dell’attività umana sui mammiferi marini, ha rilevato che la pratica dell’Air gun, provoca nei cetacei emorragie interne, interferenza con le comunicazioni dei mammiferi marini e perdita del senso dell’orientamento degli animali, che normalmente porta allo spiaggiamento e alla morte delle balene.
Nel 2008 in Madagascar, in un’area dove la Exxon Mobil, stava eseguendo prospezioni sismiche, iniziarono a trovare balene spiaggiate e poi carcasse di balene morte nel nordest dell’isola, ad Antsohihy Bay. Quel disastro coinvolse un centinaio di cetacei. Siccome la Exxon Mobil non si sentiva responsabile di nulla, continuò con le sue prospezioni e alla fine della loro campagna di ricerca, si contarono duecento esemplari di cetacei morti.
Altre duecento balene sono morte nella stessa maniera in Nuova Zelanda suscitando un bel casino fra la gente. Lo stesso è capitato in Italia, non solo sulle coste pugliesi, ma su quelle siciliane e sarde. Ogni volta che compare una di queste navi di ricerca petrolifera, chissà come mai, la gente vede con stupore balene che spiaggiano e che nella maggior parte dei casi muoiono.
Ma le compagnie che utilizzano le bombe sismiche dicono che loro non c’entrano affatto. A quanto pare i pesci e i cetacei, quando vedono passare quelle navi, vengono presi dalla frenesia di scappare. Preferiscono spiaggiarsi o morire. Alla faccia dello spavento.
Ma il decreto “Sblocca Italia”, ridà vigore alle ricerche di queste navi porta morte, che si aggirano come bestie feroci e impazzite per il Mediterraneo. Ora possono contare su un Governo che li capisce. Così la voglia delle compagnie petrolifere di fare diventare i nostri mari una gigantesca gruviera, viene finalmente soddisfatta. Ma il Governo, dice che con questo piccolo contentino, verranno sbloccati investimenti per 15 miliardi di euro, saranno semplificate le procedure di rilascio di titoli minerari: una cosa consigliata a suo tempo nella “strategia energetica nazionale” voluta dal caro governo Monti che di disastri proprio non la finisce di combinarne. Nel solo Adriatico alle prospezioni sono interessati 12.290 chilometri di mare e ai 366 pozzi oggi attivi se ne aprirebbero subito altri 44.
Questo decreto, secondo il nostro immarcescibile Governo di rottamatori, lo si deve sopportare perché, a quanto pare, porterebbe un grande beneficio economico. Molti, però, si chiedono a chi? Forse ai petrolieri che su queste cose ci campano: ma per il turismo, la pesca e la stabilità dei fondi marini sarebbe un bel casino. Ma siamo in Italia, dove la discussione più interessante in questo periodo per le nostre forze politiche e quelle intellettuali, è legata alla legge elettorale.
Non è lo stesso negli Stati Uniti. Dove settantacinque docenti universitari, oceanografi, biologi ed esperti di vita marina, hanno inviato una lettera al presidente Obama chiedendogli di impedire che le coste atlantiche vengano petrolizzate, sottolineando per questo gli effetti devastanti dell’airgun sulla vita marina.
Il Dipartimento dell’Interno degli Usa pare voler iniziare l’iter per eseguire ispezioni sismiche in South Carolina, North Carolina, Georgia e Virginia. Ma con molta correttezza, lo stesso Ministero, avverte che quelle ispezioni danneggeranno circa 140.000 mammiferi marini, incluse balene e delfini e potrebbero alterare l’habitat di almeno tredici milioni di esemplari.
Forse anche per questo, sempre negli Stati Uniti, trecento enti governativi locali, statali e federali hanno espresso il loro no all’air gun in Atlantico. Però, bisogna anche ricordare che gli americani, almeno, si salvano la faccia imponendo, che le prospezioni avvengano a ottanta chilometri dalle coste. In Italia, invece, il decreto “Sblocca Italia” non fa neanche questo.
Perché vi chiedete? Perché se lo facesse, i nostri cari petrolieri non potrebbero fare nessuna ricerca. Gian Luca Galletti, il nostro ministro all’Ambiente, sa che nell’Adriatico, fra le coste italiane e quelle della Croazia ci sono solo 160 chilometri. Farle al centro fra le due aree di competenza è impossibile. Ma di casini ne avrebbe da tutte le parti: il Mediterraneo è un mare chiuso, con molti Stati che vi confinano. Per cui, se anche da noi ci fosse un divieto come quello statunitense, sarebbe difficile per i petrolieri fare una qualsiasi prospezione a forza di bombe sismiche.
E allora, sicome il nostro Governo se una cosa non vuole fare è un dispetto a Moratti e ai suoi amichetti che sono tanto amici del prode rottamatore, è meglio che vadano a fare in culo tutte le protezioni. Becchiamoci l’air gun in Sardegna, la nave desolforante sputafiamme di Ombrina Mare, le trivelle in Sicilia, nello Ionio, o in Veneto.
Bisogna pur sbloccarla questa cazzo di Italia… o no?
Questo articolo è stato pubblicato su Inchiesta online il 10 maggio 2015