di Michele Fumagallo
Il secondo incontro con gli esperti legati alla questione murale Di Vittorio, è quello con Natalia Gurgone, restauratrice di opere d’arte formata presso l’Istituto Superiore per la conservazione e il Restauro di Roma. Dal 2005 lavora come libera professionista, specializzata nel restauro dell’arte contemporanea. Collabora con Musei e istituzioni nell’ambito della conservazione e della ricerca. Sul Murale Di Vittorio ha compiuto indagini e studi che sono confluiti in pubblicazioni.
Puoi dirmi come ti sei imbattuta nel murale Di Vittorio?
“Sono venuta a conoscenza del murale Di Vittorio nel 2004 durante la preparazione della mia tesi presso l’Istituto Superiore per la Conservazione e il Restauro di Roma, incentrata sul muralismo contemporaneo in Italia. E’ stato durante quel periodo che ho studiato le opere realizzate dal Centro di Arte Pubblica e Popolare. Durante l’intervista con gli artisti Ettore De Conciliis e Rocco Falciano fui informata da loro che il Murale dedicato a Di Vittorio era stato smantellato e in parte distrutto (forse ne era rimasto qualche frammento nei depositi del Comune) per i lavori di ristrutturazione della Piazza della Repubblica. Solo qualche anno dopo, mentre scrivevo un articolo di approfondimento sulle tecniche esecutive dei murali realizzati dal Centro, sono entrata in contatto con la Casa Di Vittorio e con Giovanni Rinaldi. Ho saputo che effettivamente dei frammenti dell’opera esistevano ancora e con entusiasmo sono scesa a Cerignola per studiarli e vederli dal vivo”.
Che effetto hanno avuto nella realtà locale i tuoi studi sul muralismo di quegli anni, e nello specifico quello su Di Vittorio a Cerignola?
“Non credo che i miei studi così tecnici e specifici abbiano avuto grandi effetti. Semmai, nella realtà locale, l’effetto maggiore lo ha sempre avuto Giuseppe Di Vittorio. Mi riferisco soprattutto alla popolazione che ha partecipato attivamente, attraverso varie manifestazioni, alla richiesta di recupero dell’opera a lui dedicata”.
Cosa hai fatto dopo che il Murale è uscito dal buio in cui era stato relegato per tanti anni?
“Il mio impegno è stato riversato soprattutto nel tentativo di diffondere la conoscenza di questo Murale e del suo valore storico e artistico. Un valore, va detto, che molti soggetti, anche a livello istituzionale, sottovalutano e quindi trascurano. Dal 2009 ho condotto studi specifici, in collaborazione con Enti di ricerca quali Università italiane e straniere, su quest’opera attraverso interviste con gli artisti e autori, svolgendo ricerche scientifiche sui materiali impiegati e sulle forme di degrado. I risultati delle ricerche sono stati pubblicati in atti di convegni internazionali e su riviste specializzate. L’opera in questione, sottolineo ancora una volta, costituisce una testimonianza assoluta nel campo della pittura murale pubblica. Inoltre essa resta il documento di una ricerca artistica di avanguardia, creata attraverso la partecipazione pubblica, la sperimentazione di materiali e tecniche innovative, e lo scambio di esperienze con una delle più importanti realtà del muralismo internazionale, quella messicana. Oltre questo, come valore aggiunto, va detto che l’opera fu dedicata a Giuseppe Di Vittorio e alle conquiste dei lavoratori del Mezzogiorno. Un’altra parte del mio impegno è stata la partecipazione alle iniziative pubbliche e la sollecitazione (con scarsissimi risultati) al Comune di Cerignola per il riconoscimento e la tutela dell’opera”.
So che hai studiato a fondo anche il problema del restauro di quell’opera. Potresti dirmi in modo dettagliato i passaggi di un simile restauro e i costi di una tale operazione?
“Nel 2011 ho presentato un primo progetto di recupero al Comune: prevedeva la bonifica di tutti i frammenti contenenti amianto secondo la normativa di riferimento e lo studio e la ricomposizione virtuale dell’immagine per stimare con esattezza quanta superficie originale fosse rimasta, coinvolgendo nel progetto di recupero anche gli studenti dell’Istituto d’Arte di Cerignola e gli artisti. Sarebbero bastati poco più di diecimila euro per questa prima fase di intervento. All’epoca il costo dell’intervento di restauro non era stato quantificato con esattezza poiché mancava una stima reale della superficie esistente nonché del numero dei frammenti. L’intervento di restauro prevedeva, ad ogni modo, la ricomposizione dei frammenti su nuovi pannelli di supporto, la pulitura e la reintegrazione delle lacune. Mentre, sia per ragioni conservative che in accordo con l’artista, l’intervento non prevedeva il ricollocamento dell’opera in esterno su una struttura autoportante come originariamente concepita”.
Qual è il tuo pensiero adesso dopo gli impegni di qualche tempo fa e gli ultimi avvenimenti a ridosso di quella discutibile leggina regionale?
“Vorrei essere più positiva nel rispondere alla domanda, ma questa storia, come altre, ha confermato tristemente che le istituzioni non sono così vicine ai cittadini come i vari assessori regionali e comunali vogliono far credere. La storia di quest’opera, e della partecipazione del pubblico alla sua creazione, come testimoniano anche gli artisti che l’hanno realizzata, è stata dimenticata; e le richieste di recupero da parte degli stessi cittadini in questi ultimi anni sono state disattese. Nel 2012, a ridosso di quel bando regionale, inviai una lettera a Nichi Vendola ma non ho mai ricevuto risposta; provai a contattare ripetutamente l’allora assessore regionale Elena Gentile senza risultati. Fui esclusa dal bando dall’Amministrazione Comunale, come molti altri soggetti che avevano riportato alla luce la questione del Murale. I frammenti ora sono stati spostati forse proprio da quel Comune che aveva trovato l’escamotage dell’amianto per non intervenire anche con una spesa contenuta che avrebbe consentito almeno un pronto intervento e una collocazione più idonea per la catalogazione e conservazione dei frammenti. Spero di riuscire nel prossimo futuro a mettere in atto nuove idee e trovare altre risorse, magari non istituzionali, per intervenire e salvaguardare il murale”.