Questo articolo si inserisce nelle attività divulgative legate alla promozione dell’appello Stop Opg – Chiudere gli Ospedali Psichiatrici Giudiziari, senza proroghe e senza trucchi in vista del prossimo 31 marzo, quando è stata fissata la scadenza per la chiusura definitiva di queste strutture.
di Roberto Loddo
Dove andranno a finire le persone sarde internate negli ospedali psichiatrici giudiziari? E che fine hanno fatto tutte le persone sarde dimesse dagli scorsi anni? Con quali progetti e con quali risorse sono state portate in Sardegna? Queste le principali domande scaturite dal seminario nazionale “Opg: Liberare le persone, vivere i diritti”, seminario formativo svolto venerdì 27 febbraio nella biblioteca provinciale di Cagliari e curato dall’associazione dei familiari Asarp.
L’incontro, inserito nel progetto Uomini del Sud e finanziato dalla Fondazione con il Sud, ha rappresentato un momento di discussione aperta a esperti del settore e alle istituzioni sui percorsi di cura personalizzati e sulla restituzione di diritti e opportunità alle persone internate negli ospedali psichiatrici giudiziari. La tappa cagliaritana del seminario è stata organizzata con la collaborazione della biblioteca provinciale di Cagliari e con il patrocinio della provincia di Cagliari.
L’Asarp è partner del progetto insieme a “Impresa a rete società cooperativa”, Consorzio Nuova Cooperazione Organizzata, Rete Fattorie Sociali, Fondazione di Comunità di Messina, Consorzio Mediterraneo Sociale, Consorzio CO.ri. Uomini del Sud è un progetto ambizioso perché vuole sostenere la presa in carico delle persone sarde negli Opg, e la loro fuoriuscita definitiva dalla condizione di internamento, attraverso l’inclusione abitativa, lavorativa, sociale e affettiva, nonchè attraverso l’attivazione dei PTRI (progetti terapeutico riabilitativi individualizzati) sostenuti con budget di salute: un modello innovativo di integrazione socio-sanitaria e di sviluppo dell’economia sociale come strumento di lotta contro la povertà estrema in cui gli internati degli Opg versano, a causa di lunghi periodi di esclusione sociale.
L’intento del progetto è quello di orientare le istituzioni ad evitare che l’accoglienza delle persone internate avvenga attraverso la costruzione di piccoli manicomi mascherati da strutture terapeutiche. Infatti il mercato delle strutture terapeutiche non solo non produce elementi di cittadinanza, ma è anche un sistema non rispettoso dei principi costituzionali e dei diritti delle persone poiché fa dell’assistenza uno strumento di controllo sociale per le persone più emarginate.
Chiusi gli Opg, il rischio è quello di creare pacchi di persone sofferenti da vendere al mercato dell’assistenza: corpi ammassati da offrire alle varie organizzazioni affaristiche del privato sociale, colluse con il sistema pubblico, con cui le persone fragili vengono parcheggiate e trasformate in galline dalle uova d’oro attraverso costose rette. Questo è ciò che avviene oggi, un sistema feroce di istituzionalizzazione che danneggia le persone e anche la società, concretizzando l’idea che si possa vendere e comprare qualsiasi cosa, comprese le vite delle persone più deboli ed emarginate, comprese le loro speranze.
È molto più facile vendere e comprare quando le persone che vivono la sofferenza mentale sono sole, private dei diritti e della possibilità di scegliere, proprio come gli internati negli ospedali psichiatrici giudiziari. E allora quali possibilità esistono oggi di rigenerare un sistema sano e in grado di invertire la rotta? Una possibilità è rappresentata dal sistema dei Budget di salute, una cogestione dei progetti terapeutici riabilitativi individuali tra il pubblico, il privato sociale e le persone che vivono esperienze di sofferenza mentale. Una metodologia che interviene sulle necessità delle singole persone, attraverso il lavoro, la relazione, lo sviluppo del territorio e l’ambiente.
Un sistema di cogestione che, caso per caso e in maniera orizzontale, metta il meglio delle buone pratiche del privato sociale e del sistema pubblico, insieme alle potenzialità della persona, delle sue necessità e dei suoi bisogni. Quello del Budget di salute è un sistema dove ognuno mette del suo, ciascuno investe una parte importante per raggiungere un obbiettivo comune per ricostruire i diritti delle persone: il pubblico, (la ASL) il privato sociale, (la cooperativa), e la persona con il suo contributo e la sua presenza nelle scelte che la riguardano. Le risorse finanziarie utilizzate finora per segregare queste persone negli Opg potrebbero essere utilizzate per offrire ad ognuno di loro un percorso di accoglienza, cura e inclusione nel proprio territorio.
Inclusione significa portare la persona ad avere un reddito da lavoro dalla cooperativa la quale lo accoglie come socio lavoratore, le garantisce una casa, un luogo con il suo nome e cognome nel campanello, uno spazio in cui possa ricostruire la socialità e l’affettività. Questo sistema è stato utilizzato in Campania, in particolare a Casal di Principe, ha rappresentato un’occasione straordinaria di recupero dei beni confiscati alle mafie e la trasformazione dei beni stessi in imprese sociali dentro le quali le persone emarginate possono vivere e lavorare insieme a tutti coloro che vogliono ripristinare condizioni di legalità.
Queste buone pratiche hanno dimostrato come sia possibile attivare un ciclo virtuoso di economia sociale all’interno della società costruendo capitale sociale, perché non è solo lavoro per la persona con sofferenza, ma si parte da quella persona, e insieme a lei si costruisce l’impresa che è valida anche per la sua famiglia, e per tutti coloro che nel territorio vogliono sostenere il lavoro. Un cambiamento possibile che parte dalla trasformazione del modello antieconomico e assistenzialista della “cultura delle rette” in un modello che vede la persona risorsa necessaria dello sviluppo economico e sociale del proprio territorio, un territorio che diventa spazio di ascolto dei bisogni delle singole persone. Perché il territorio che produce economia sociale riesce a dare alle persone maggiore libertà di partecipare e di vivere in maniera concreta la democrazia: comprese le persone sarde oggi internate in Opg.
Questo articolo è stato pubblicato sul Manifesto Sardo il 1 marzo 2015